Anche chi è avvezzo all’ascolto musicale, chi è abituato ad abitare nel meraviglioso edificio dei suoni organizzati, spesso non si pone una domanda che invece risulta sempre essere basilare, ineludibile: perché l’uomo è attratto dal suono e che cosa significa saperlo ascoltare? E poi, da dove nasce questo bisogno, al punto di considerare ciò che captiamo con l’udito un vero e proprio mondo nel quale muoverci, agire, pensare e, fondamentalmente, vivere?
Per cercare possibili risposte o, quantomeno, per focalizzare meglio queste domande che devono far parte del bagaglio di ogni persona che ama la musica, ora si ha a disposizione nell’ottima traduzione italiana effettuata da Maria Nicola un testo imprescindibile, Il mondo nell’orecchio, scritto dal musicologo, filosofo, scrittore e poeta spagnolo Ramón Andrés e pubblicato, come al solito in modo ineccepibile dall’Adelphi nella sua collana Saggi. Un testo di quasi cinquecento pagine che rappresenta una mirabile possibilità di affacciarsi su un panorama che rimanda agli inizi dell’umanità, addirittura all’uomo preistorico, quello che precede l’homo sapiens, per farci comprendere come i nostri remoti antenati abbiano iniziato a considerare la vita, il mondo circostanti, i suoi oggetti, le sue forme, i suoi colori attraverso l’udito per percepirne i suoni.
Attraverso questo racconto che si snoda in centinaia di migliaia di anni, dalle caverne pirenaiche fino alle grandi prime civiltà occidentali e orientali, l’autore svela attraverso rimandi archeologici, storici, mitologici, come il suono abbia rappresentato il ponte di unione tra l’uomo e la sua quotidianità, al punto da farne l’epicentro della sua esistenza e della sua sopravvivenza (il primo senso che gli ominidi seppero sviluppare fu quello dell’udito, il quale, ancora prima di quanto poteva fare la vista, permise loro di possedere tramite i suoni che percepivano quanto avveniva intorno a loro durante le battute di caccia). È quindi un viaggio straordinario quello che Ramón Andrés permette di fare al lettore capace di abbandonarsi alle pagine di questo libro, per rendersi conto come l’udito e il corollario di suoni siano stati l’assoluto, unico denominatore comune che ha saputo legare le varie civiltà che hanno considerato sacro, teurgico l’afflato sonoro, segno indubbio del divino e regolatore supremo della vita umana. Ecco, se c’è un aspetto che questo meraviglioso libro, ricco di particolari, di storie mitologiche, di rimandi simbolici e allegorici, può insegnare e dal quale non si può restare estranei è proprio il concetto di suono come emanazione del sacro, di come la musica poi in senso lato abbia un valore altamente sacrale, di ricostruzione momentanea di una perfezione che non appartiene all’uomo, ma che lo coinvolge non appena un suono organizzato, capace di dare vita a «un’arte in movimento ordinato», per dirla con Agostino di Ippona, si dipana nel tempo e nello spazio (quello del concetto sacrale della musica è sempre stato un punto cardine nel compianto Giuseppe Sinopoli, il quale, non per nulla, è stato anche archeologo e psichiatra, che si rammaricava di come la musica non fosse più accettata in questo modo dall’uomo moderno).
Le notizie, le storie, i miti, le citazioni elencati e narrati dal musicologo spagnolo sono centinaia e meritano di essere assimilati nel tempo; questo libro, quindi, non dev’essere divorato, ma centellinato pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, creando così un “ritmo” di lettura che permetta di costruire a poco a poco quel meraviglioso edificio sonoro del quale Ramón Andrés non solo ne è il custode, ma che assai generosamente permette a ogni lettori di potervi accedere. Indispensabile.
Andrea Bedetti
Ramón Andrés – Il mondo nell’orecchio
Adelphi Editore, 2021, pagg. 480
Giudizio artistico 5/5