Un giovane pianista e musicologo, Alessandro Nardin, ha scritto un singolare e avvincente libro, intitolato “Debussy l’esoterista”, nel quale delinea l’importanza che questo aspetto sapienziale e misterico ebbe per la sua formazione culturale e, soprattutto, nella sua musica. Ne abbiamo parlato con l’autore

Maestro Nardin, quali sono i motivi che l’hanno spinta a dedicare un saggio a un aspetto così particolare della vita e dell’opera di Claude Debussy?

Sicuramente più di uno: mi è sembrato uno sbocco inevitabile quello di tirare le fila di tante intuizioni, scoperte, dettagli, accumulati lungo tanti anni di frequentazione dell’arte e del pensiero di Claude Debussy. Fra i tanti, c’è anche quello di voler restituire la giusta credibilità a una prospettiva di indagine ampiamente sottovalutata dalla storiografia musicale ufficiale. Quanto profonda sia stata l’influenza del pensiero esoterico su un compositore rivoluzionario come Debussy è un’indagine che meritava la fatica di superare almeno due grossi ostacoli. Da una parte, la pregiudiziale degli studiosi rispetto a tutto ciò che sa di occulto: non essendo un campo di indagine oggettivamente e documentalmente dimostrabile, si tende a limitare il discorso solo a verificabili affiliazioni (come nel caso dei musicisti massoni, Mozart su tutti) e a evitare ogni sforzo interpretativo in tal senso, riducendo di fatto il tutto a un mero corollario biografico. D’altra parte, una buona dose di colpe ce l’hanno coloro che invece hanno fatto dei collegamenti fra i grandi della storia e un esoterismo da best seller un terreno per mietere facili successi. Certo, ammetto che in gioventù il mio interesse per l’esoterismo di Debussy fosse originato dal successo del Codice da Vinci, cui io stesso ingenuamente non fui immune. Ciò nonostante, affinati i miei strumenti ermeneutici, ho capito quanto altro ci fosse da indagare. L’esoterismo vero, quello di cui mi sono occupato, non lascia tracce, non è una caccia al tesoro. Per citare un altro successo della mia adolescenza, nell’esoterismo “la X non indica mai il punto dove scavare”.

Il pianista e musicologo Alessandro Nardin, autore del libro su Debussy l’esoterista.

Nel corso dei suoi studi, documentandosi sull’argomento e approfondendolo, a suo avviso quanto l’apporto e l’interesse nella sfera del pensiero esoterico ha saputo influenzare l’opera musicale del compositore francese?

Molto più di quanto comunemente si creda. Debussy fu sempre avaro di informazioni circa la propria musica (non così sulla musica altrui), e ciò che scrisse offre sempre chiavi di lettura complesse. Centrale nelle sue riflessioni è il rapporto fra la musica e la natura, inteso in un senso molto più profondo rispetto all’idea un po’ corriva dell’“imitazione” dell’una rispetto all’altra. È questo modo di vedere la musica rispetto al reale che scavalca il mero fenomeno fisico per giungere al cuore pulsante dell’esistente, la cifra più autenticamente esoterica della visione del mondo di Debussy. Visione che, inevitabilmente, ha condizionato la sua produzione musicale.

Scrivendo questo libro quale ambito del rapporto Debussy/esoterismo l’ha maggiormente affascinato?

Quello legato alla personalità del compositore, alle sue fragilità, ai suoi dubbi, alle sue incertezze, nascoste sotto una scorza sferzante e beffarda. Un atteggiamento questo che è intimamente iniziatico, nella misura in cui un chiunque accetti un percorso di tipo esoterico sa di essere il primo e il più importante laboratorio di se stesso. L’iniziato è un uomo del dubbio, e Debussy è colui che teme di non essere all’altezza del sovrumano compito che si è prefissato, ossia servire la musica, intesa sia come principio che come manifestazione.  Egli attribuisce costantemente un senso autentico e profondo alla parola “mistero” e umilmente ne cerca ogni possibile traduzione in suoni. Ma non sempre si sentì all’altezza del compito: è il caso di due possibili capolavori di esoterismo musicale svaniti prima di compiersi, ovvero le collaborazioni con Victor Segalen che avrebbero dovuto portare a un Siddartha e a un Orpheé Roi mai compiuti.

Come ha reagito l’ambiente musicale e quello critico rispetto alle analisi da lei delineate nel suo libro? Voglio dire, c’è stato maggior interesse oppure maggior scetticismo?

Io ho una fortuna (o una sfortuna, dipende dai punti di vista): essendo stato per diverso tempo fuori dagli ambienti musicali, non posso essere considerato un elemento organico alle istituzioni musicali, men che meno un possibile rivale per nessuno. D’altra parte, non sono così estraneo da apparire come una scheggia impazzita. Il mondo, diciamo così, accademico non mi conosce bene, ma nei momenti in cui le strade si sono incrociate ha manifestato un deciso interesse. Ho avuto lusinghieri riscontri da parte di Quirino Principe, Armando Torno e soprattutto Cesare Fertonani, che fu mio relatore in università e che ringrazio per il sostegno e l’aiuto in queste mie ricerche. Diciamo che finora nessuno si è scomodato per screditare il mio lavoro. Il che, però, potrebbe non essere necessariamente un bene…

Pensa, in un prossimo futuro, di poter dedicare un altro studio al rapporto tra musica ed esoterismo?

Direi proprio di sì. La musica, disciplina esoterica per eccellenza, stimola domande senza risposta in chiunque le si accosti. Queste stesse domande devono aver tormentato le anime di inquieti uomini, che noi oggi conosciamo come i grandi compositori (o meno grandi, a seconda di quanto il destino postumo ha voluto riservare loro). Ecco, la musica di costoro deve essere stata il loro tentativo di risposta. Mi muove dopotutto un sogno ardito: unendo i frammenti che queste anime grandi ci hanno lasciato, chissà non si riesca a ricomporre l’immagine del gigantesco mosaico dell’Universo.

Andrea Bedetti

Alessandro Nardin

DEBUSSY L’ESOTERISTA

Jouvence 2016, Euro 22,00