Il nome di Ivan Evstaf’evič Chandoškin non dirà molto a chi non ama la musica, soprattutto quella violinistica, russa del XVIII secolo, ma questo musicista di origine ucraino-cosacca è stato definito, a ragione, il maggior violinista russo del Settecento. Nato in una famiglia di cosacchi vicino a Myrhorod, Ivan ricevette le prime lezioni musicali dal padre Ostap il quale, sebbene di professione fosse un sarto, era anche un ottimo musicista dilettante al punto che, lasciati ago e filo, divenne un apprezzato esecutore di corno francese e di percussioni, entrando a far parte dell’orchestra di corte dello zar Pietro III. Ivan studiò poi con il musicista italiano Tito Porta e in seguito anche con Domenico Dall’Oglio e Pietro Peri. Grazie alla formidabile tecnica e raffinata inventiva Chandoškin divenne musicista di corte nel 1765, per poi assumere l’incarico di Kapellmeister, oltre ad insegnare violino all’Accademia musicale di Ekaterinoslav, fondata nel 1785 dal potente principe Grigorij Potëmkin, comandante in campo, protetto dell’imperatrice Caterina e mecenate di tanti musicisti ed artisti. Ma dopo la morte di Potëmkin, avvenuta sei anni dopo, Chandoškin fu costretto a dimettersi a causa delle pressioni di un altro famoso musicista del tempo, il faentino Giuseppe Sarti, suo acerrimo rivale, che lo costrinse a tornare a San Pietroburgo.

Autore di sei sonate violinistiche e di alcuni cicli di variazioni da canzoni popolari russe, Ivan Chandoškin inevitabilmente fu influenzato dallo stile violinistico italiano (non dobbiamo dimenticare che quando il violinista russo raggiunse San Pietroburgo, alla corte di Caterina II furoreggiava un altro eccelso virtuoso italiano, il bergamasco Antonio Lolli, già allievo del grande Giuseppe Tartini). Un’influenza che si coglie chiaramente da questa registrazione effettuata da una delle maggiori violiniste russe, Elena Denisova, che ha presentato le prime tre delle sei sonate per solo violino. Cantabilità e virtuosismo sono le parole d’ordine che incarnano queste tre composizioni, in cui la cifra altamente tecnica della struttura si stempera spesso in una linea melodica che rimanda alle tessiture vocali della musica italiana dell’epoca.

Opere che vengono rese esemplarmente da Elena Denisova, la quale riesce a cogliere il loro senso, sempre in bilico tra i due poli di cui si è detto. Nitore, ottima intonazione, capacità di far cantare il violino quando richiesto, così come di trasformarlo in uno strumento con il quale esplorare le sue possibilità tecniche, la violinista di Mosca, divenuta cittadina austriaca, trasforma queste tre sonate in un raffinato e affascinante viaggio nel violinismo del Settecento, incarnazione di un cosmopolitismo e di intrecci sociali e culturali davvero unici.

Buona la presa del suono, anche se la dinamica manca di energia, non permettendo al violino di esprimere le sue potenzialità timbriche, soprattutto nel registro medio-alto. Buona la riproposizione dello strumento nello spazio sonoro, scolpito al centro dei diffusori.

Andrea Bedetti

Giudizio artistico: 4/5

Giudizio tecnico: 3/5

“3 Sonatas for Violin Solo” – Ivan Chandoškin

Elena Denisova (violino)

CD Deka Media DMCD 008