L’avvento del minimalismo nella musica colta, a partire dalla seconda metà del Novecento, attraverso l’opera di compositori statunitensi quali Philip Glass, Steve Reich, La Monte Young e Terry Riley, ha avuto inevitabili ripercussioni anche nello stile compositivo di musicisti appartenenti alle ultimissime generazioni e non solo in terra americana. Tanto per fare un esempio di quanto è avvenuto nel nostro Paese, musicisti e pianisti quali Ludovico Einaudi e Roberto Cacciapaglia hanno fatto proprio l’eloquio melodico e reiterato di questa corrente, che a volte può fornire risultati interessanti, altre, diciamolo chiaramente, assai meno. Senza contare che il fenomeno del minimalismo musicale è spesso coinciso con l’utilizzo di questa corrente sonora nell’ambito della produzione cinematografica, con la creazione di soundtracks per innumerevoli film (basterà ricordare ancora lo stesso Philip Glass, che ha conseguito i risultati migliori proprio grazie a diverse colonne sonore), visto che una delle caratteristiche del minimalismo è quella di rendere estremamente fruibile la proiezione di immagini, sulle quali agiscono emozioni e sensazioni, che vanno inevitabilmente a ispessire la comunicazione data dal contesto cinematografico.
Minimalismo e collaborazione con il mondo del cinema (senza contare quello che riguarda il campo degli spot pubblicitari) che vede protagonista un giovane musicista ceco, il ventunenne Daniel Bordovský, conosciuto con lo pseudonimo di Borrtex, il quale ha registrato il suo secondo disco, intitolato Harmony, composto da dodici brani, denominati rispettivamente Intro, Crossing, Monde, Fluid, Calme, Spiral, Encanto, Living, Aqua, Propos, Forte e Vera. Questi titoli rimandano già a una predisposizione visuale, come spesso capita a musicisti minimalisti, in cui la proiezione dell’elaborato sonoro può trovare un suo riscontro oggettivo nella cosa o nella raffigurazione definita dal titolo stesso (e lo stesso può essere individuato nelle prerogative della musica new age e, in parte, nella più elaborata ambient music di Brian Eno).
Anche in questi dodici brani non vengono meno le caratteristiche connotazioni di un pianismo improntato in chiave minimalista, ossia l’immediatezza melodica, la ricercatezza timbrica, la pianificazione armonica di una tessitura che muta negli elementi cardine con un preciso ordine teso a rendere più accattivante la suddetta immediatezza ricettiva. L’inventiva non manca al giovane compositore ceco, anche se si avverte distintamente un modo di fare musica che ha una sua precipua oggettività produttiva, nel senso che la creazione sonora rimanda necessariamente a una finalità formale tesa, come si è già accennato, a “raffigurare”, a “immaginare”, a veicolare accordi e fraseggi in una dimensione che facilita la visualizzazione di ciò che si ascolta (un retaggio, questo, mutuato inevitabilmente dal fatto di lavorare nel mondo delle colonne sonore e degli spot pubblicitari).
Un aspetto non indifferente è dato dal tipo di strumento che Borrtex utilizza, ossia un pianoforte acustico verticale, il cui suono risulta essere assai “scansionato”, anche nei momenti di maggiore fraseggio, una scansione timbrica che è stata ulteriormente evidenziata durante la fase di registrazione con una microfonatura assai ravvicinata, con il risultato di avvertire distintamente il detaché dato dal meccanismo dei martelletti (si legga, a tale proposito, l’intervista rilasciata dallo stesso Borrtex). Rapportato al tipo di musica, di genere, di andamento melodico del tessuto sonoro, questo accorgimento tecnico si inserisce nel costrutto creativo divenendo elemento costituente della composizione stessa. Si viene a creare, quindi, una sorta di “respiro ritmico”, di elemento pulsante, in cui la diteggiatura, il principio meccanico dell’azione fisica sulla tastiera, il suono generato dall’azione del meccanismo concorrono alla formazione dell’espressività data dalla musica, come se la successione sonora della composizione si presentasse in maniera olistica, facendo sì che la fisicità data dallo strumento musicale (e in ciò influisce anche il tipo di pianoforte) diventi essa stessa compartecipe alla realizzazione dell’evento creativo nella sua udibilità, quindi da considerare non come un artificio ma quale elemento musicale in sé.
La presa del suono (e sulla base di ciò che si è scritto finora non poteva essere altrimenti) è stata effettuata dallo stesso Borrtex; la dinamica è indubbiamente efficace in quanto riesce, grazie a velocità e naturalezza, a rendere la linea timbrica del pianoforte, senza che l’intervento accessorio dei martelletti possa risultare fastidioso o, peggio, preminente. La ricostruzione dello strumento all’interno del palcoscenico sonoro è indubbiamente ravvicinata, ma non tale da risultare scorretta; l’equilibrio tonale e il dettaglio non differiscono in qualità, con il primo che riesce a proporre i registri del pianoforte senza sbavature o incongruenze, mentre il secondo vanta un’ottima matericità.
Andrea Bedetti
Borrtex – Harmony
Borrtex (pianoforte)
CD Borrtex Productions 5 059654 151069
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5