Anche se prove certe, assolute, non ci sono pervenute, appare ormai acclarato che il gruppo delle tre Sonate per viola da gamba BWV 1027-1029 si possano far risalire periodo in cui Johann Sebastian Bach visse presso la corte di Köthen in qualità di Kapellmeister, vale a dire tra il 1717 e il 1723. Nei primissimi decenni del XVIII secolo, la viola da gamba veniva ancora impiegata prevalentemente con la funzione di sostegno, ma il suo destino appariva ormai segnato di fronte al bisogno impellente manifestato dalle nuove esigenze espressive, esigenze che si concretizzavano nell’uso sempre più marcato e frequente del violoncello, uno strumento, però, che non nasceva da un’evoluzione diretta della stessa viola da gamba e, ancor prima, della viola rinascimentale, bensì dal violino.
A Köthen, invece, la viola da gamba continuava storicamente a resistere in una sorta di conclave strumentale, in quanto sia il celebre gambista Christian Ferdinand Abel, sia il reggente, il principe Leopold, eccellente dilettante e appassionato di tale strumento ad arco, facevano in modo che il vento dell’evoluzione spirasse altrove. E Bach, che prima di tutto era un semplice dipendente e non aveva certo voce in capitolo nelle scelte strumentali e musicali, era costretto a barcamenarsi e ad adattarsi al volere soprattutto del principe. A quei tempi essere un Kapellmeister significava soprattutto possedere doti non indifferenti di diplomazia, facendo in modo, quando possibile, di unire l’utile al dilettevole; nello specifico, l’abilità diplomatica dimostrata dal futuro Kantor, fu messa in atto cercando di soddisfare le richieste sia di Abel, sia del reggente Leopold, coinvolgendoli a livello esecutivo, come si può constatare dall’organico richiesto dal Sesto Concerto Brandeburghese in cui sono presenti due viole da braccia e, guarda caso, due viole da gamba, anche se il ruolo di “primadonna” per tale strumento, per motivi squisitamente dati dalla difficoltà della parte, veniva garantito allo stesso Abel, in quanto titolare dello strumento nella cappella, oltre ad essere un autentico virtuoso, il che garantiva a Bach la presenza di un interprete ideale per le sue opere dedicate a questo strumento.
Ora, queste tre composizioni, la Sonata n. 1 in sol maggiore BWV 1027, la Sonata n. 2 in re maggiore BWV 1028 e la Sonata n. 3 in sol minore BWV 1029, sono state registrate per la Da Vinci Classics, oltre a due Fantasie che Ignaz Moscheles dedicò al Preludio e fuga n. 15 in sol maggiore e al Preludio e fuga n. 24 in si minore dal Das Wohltemperierte Klavier, dal Duo Alambic, formato da Nicolò Nigrelli al violoncello e da Margherita Berlanda alla fisarmonica. Un ensemble che può apparire, per così dire, originale, le cui ragioni d’essere sono state spiegate, sebbene in modo assai succinto e poco esplicativo, nell’intervista fatta allo stesso duo. Che la musica del Kantor possa essere, grazie alla sua straordinaria chiarezza e a una mirabile precisione armonica, adatta e adattabile a diversi tipi di strumento è innegabile, anche se trovo che la scelta in questione possa dare adito a determinate problematiche. Se consideriamo la fisarmonica alla stregua di un organo in guisa di basso continuo, e non sto a discutere sulle possibilità teoriche e pratiche di tale soluzione, a livello timbrico si possono notare degli squilibri (e non so fino a che punto imputabili alla presa del suono effettuata), in quanto sovente capita che la fisarmonica tenda a coprire l’eloquio del violoncello.
Ora, una delle caratteristiche che esaltano questi tre lavori è data dal continuo dialogo, a volte serrato, a volte espressivo, dato dai due strumenti, i quali devono necessariamente manifestare la loro linea senza che una abbia il sopravvento sull’altra. Il problema è che, al di là dell’“originalità” data da questo tipo di lettura, con la presenza di uno strumento come la fisarmonica (i primissimi modelli di questo strumento cominciarono a girare nella prima metà dell’Ottocento), è che la resa da “organo portativo” espressa, come basso continuo, tende ad essere alquanto invasivo rispetto a uno strumento come il violoncello.
Nulla da eccepire sulla resa tecnica da parte dei due giovani interpreti, che ci mettono il loro debito impegno, ma il risultato finale, nel suo complesso, proprio per i motivi elencati, non appare convincente.
Anche per quanto riguarda la presa del suono, fermo restando quanto scritto in sede artistica, si notano alcuni fattori negativi. Da quanto ascoltato, reputo che la microfonatura sia stata alquanto ravvicinata, ma questo in sé non è un problema. Il fatto è che il registro medio-grave del violoncello, a livello di equilibrio tonale, appare troppo invadente, così come lo è quello del registro medio-acuto della fisarmonica. Questo porta a soventi “accavallamenti” che rende a volte impossibile una naturale distinzione timbrica dei due strumenti, non facilitando l’ascolto. Nulla da obiettare sulla ricostruzione del palcoscenico sonoro, così come sulla dinamica. Solo il dettaglio appare sgranato, con l’impossibilità di mettere adeguatamente a fuoco gli strumenti, soprattutto la fisarmonica.
Andrea Bedetti
Johann Sebastian Bach - Le tre Sonate per Gamba BWV 1027-1028 & 1029
Duo Alambic (Nicolò Nigrelli, violoncello - Margherita Berlanda, fisarmonica)
CD Da Vinci Classics C00544