Il concerto per violino di Max Reger appartiene a quel nucleo di “composizioni-cenerentola”, ossia quei monumenti solitari che si ergono maestosamente nel repertorio concertistico, come nel caso del concerto beethoveniano e di quello schönberghiano. Quest’opera, composta nel 1907, nello stesso anno in cui il compositore tedesco lavorò parallelamente alle Variazioni e Fuga su un tema di J. A. Hiller, Op 100 e al Trio per Pianoforte, Op 102, fu il frutto delle lunghe riflessioni musicali e dei primi abbozzi che Reger fece durante lunghi tragitti in treno. Definito dal suo autore un “gigante addormentato”, questo concerto, com’era d’altronde nell’ottica regeriana, rappresenta un tributo a un passato classico, che per ciò che riguardava questo genere Reger vedeva incarnato dal concerto violinistico brahmsiano, tradotto e aggiornato secondo le ultime conquiste delle strutture armoniche e cromatiche, sempre più ardite, che stavano traghettando la musica tardoromantica verso il trauma post-tonale delle avanguardie e del serialismo. Non per nulla, il compositore tedesco, a proposito del suo concerto, scrisse al suo editore Hinrichsen che lo definiva classico in quanto al suo interno non albergavano idee o tematiche “folli”, ma il cui dipanarsi, il continuo trasmutarsi (e questo soprattutto nel primo tempo, l’Allegro moderato) veniva fatto in nome di un’indubbia “trasparenza” (e qui il riferimento alla purezza d’intenti mozartiani è a dir poco lampante), per permettere a chi lo avesse eseguito di poterlo veramente “cantare” e non “raschiare”, basandosi su una scrittura orchestrale squisitamente sinfonica, come avevano già indicato a loro tempo sia Beethoven, sia il già citato Brahms.

Sia ben chiaro, non è un concerto dall’ascolto facile, poiché l’ascoltatore rischia di perdersi nei mille rivoli tematici di cui abbonda la composizione (anche qui soprattutto nel primo tempo), in quanto Reger applica anche a questo lavoro una costruzione “ad albero”, nel senso che musicalmente il concerto stesso segue un progressiva e inestinguibile processo di ramificazione per l’abbondanza dei temi, degli spunti, degli sviluppi che portano, come scrisse lo stesso autore, a mostrare questa irradiazione costruttiva “fino al più piccolo ramo”.

Da queste brevi note si potrà dunque arguire la difficoltà non solo dell’ascoltatore, ma dello stesso esecutore, che deve dipanare e domare una parte violinistica a dir poco problematica, nella quale deve letteralmente portare luce, illuminare proprio con quella “cantabilità” richiesta dallo stesso Reger. Cosa che la violinista russa naturalizzata austriaca Elena Denisova riesce a esprimere compiutamente (tra l’altro, scegliendo la versione con l’orchestra da camera nella trascrizione del violinista Rudolf Kolisch, che di Reger fu allievo, vedi l’intervista alla stessa Elena Denisova), con la capacità di tratteggiare il lussureggiante canto violinistico senza mai far venire meno le monumentali arcate di un fraseggio che è un flusso continuo, nel quale non deve mai venire meno l’identità programmatica, il senso della struttura e la finezza psicologica dei colori. E in ciò la fine, discreta ed elaborata tessitura da parte dei componenti della Gustav Mahler Ensemble, ottimamente diretti da Alexei Kornienko, agevola in questa continua ricerca del canto la rimarchevole lettura di Elena Denisova.

Nulla da obiettare da parte della presa del suono effettuata dai tecnici dell’etichetta tedesca, contraddistinta da un’ottima dinamica, che esalta la timbrica e la ricchezza espressiva del violino, e da un palcoscenico sonoro nel quale lo strumento solista si staglia correttamente dall’ensemble cameristico, senza che dettaglio ed equilibrio tonale ne possano risentire.

Andrea Bedetti

Max Reger – “Violin Concerto A Major, Op. 101”

Elena Denisova (violino) – Gustav Mahler Ensemble – Alexei Kornienko

CD OEHMS Classics OC1862

Giudizio artistico: 4/5

Giudizio tecnico: 4/5