Il prossimo 17 settembre, i tre giovani cameristi e il leggendario violista milanese concluderanno la 43° edizione della rassegna Incontri Asolani con un concerto che prevede il Trio op. 8 di Johannes Brahms e il raro Quartetto op. 13 di Richard Strauss. Li abbiamo intervistati per avere le loro impressioni non solo su questi due capolavori, ma anche su come hanno affrontato questo lungo e difficile periodo di pandemia

Maestro Grieco, prima di tutto: lei e gli altri due componenti del Trio Chagall come avete affrontato questo lungo periodo di inerzia artistica, causata dal COVID-19 e dalla conseguente pandemia? Quali sono stati i vostri pensieri a tale proposito e che lezione dobbiamo trarne, secondo lei?

Il periodo di inerzia artistica è stato per noi particolarmente doloroso, come immaginiamo sia stato per tutto l’ambiente musicale. Gli interrogativi sul futuro, sia a breve sia a lungo termine, rendevano lo studio difficile e poco stimolante e, inoltre, il lavoro cameristico in certi periodi è stato addirittura sospeso per via delle restrizioni. Per fortuna, l’iniziativa e la passione degli enti e dei lavoratori dello spettacolo ci hanno incoraggiato nella speranza di un futuro culturale rigoglioso e crediamo che questa buona volontà sia l’aspetto più prezioso che ci sentiamo di portare con noi dal periodo di chiusure. La musica, però, è stata anche un’ancora a cui ci siamo attaccati nei momenti più difficili e senz’altro, con le numerose ore di studio, possiamo dire di aver avuto il privilegio di non esserci annoiati durante i lunghi mesi di lockdown.

I componenti del giovane Trio Chagall.

In occasione della 43° edizione degli Incontri Asolani presenterete come trio l’op. 8 in si maggiore di Johannes Brahms e, con il Maestro Bruno Giuranna, con il quale avete studiato in passato e già vostro inestimabile partner in un concerto, il Quartetto per pianoforte in do minore op. 13 di Richard Strauss. Per quanto vi riguarda, che cosa vi affascina dell’opera giovanile in questione di Brahms? Quando il genio amburghese compose questo caposaldo cameristico dell’Ottocento era poco più che ventenne; quindi, affrontate una pagina scritta da un coetaneo. Che cosa si prova, in qualità di interpreti e di musicisti in senso lato, quando si affronta una partitura così complessa, profonda, ricca di entusiasmo, ma anche già straordinariamente matura, come l’op. 8?

Fa un certo effetto pensare che Brahms avesse la nostra età quando scrisse il Trio op. 8, anche se quest’opera fu a lungo rielaborata dal compositore e noi infatti suoneremo la seconda versione, che risale al 1889, quando Brahms aveva già più di 55 anni. Troviamo molto interessante in questo capolavoro la compenetrazione di elementi giovanili, come lo slancio e le ampie arcate, con caratteri del Brahms maturo, sinfonico e, in alcuni aspetti, claustrofobico. Ci piace pensare che il Trio op. 8 possa proprio costituire un sunto dell’elaborazione della poetica dell’autore, e pensiamo che proprio per questo motivo questa sia una di quelle opere che, a seconda dell’età degli interpreti, può assumere sfaccettature sempre differenti e interessanti.

Il ventenne Johannes Brahms, all'epoca in cui compose il Trio op. 8.

Avete avuto la possibilità e la fortuna, se mi è permesso, di studiare e di confrontarvi a livello concertistico con un mostro sacro della musica cameristica come Bruno Giuranna. Al di là della retorica e del piacere che si può provare nell'avere come partner un musicista che è stato vostro docente, da parte vostra si avverte di più un timore reverenziale nell’affrontare un’opera di vasto respiro come l’op. 13, che già fa presagire la dimensione orchestrale di Strauss, con un violista di tale spessore, oppure il sacro fuoco della gioventù farà in modo di bruciare ogni remora, accettando questo concerto come una sfida esaltante, capace di arricchirvi musicalmente e spiritualmente?

Dobbiamo ammettere che sono capitate entrambe le cose: da un lato, sin dalla prima prova, abbiamo percepito il peso e la responsabilità di suonare con un musicista dall’esperienza impareggiabile e il nostro atteggiamento è stato ed è quello di chi desidera più ricevere che dire la propria; dall’altro, tuttavia, sebbene il vasto respiro dell’opera, anche questo Quartetto fu composto in età giovanile - Strauss aveva più o meno la nostra età quando lo terminò - e presenta grandi momenti di slancio in cui ci immedesimiamo senza eccessiva difficoltà. L’esperienza di studio con il Maestro Giuranna ci ha arricchito molto e cerchiamo di godere di quest’opportunità in modo positivo, consapevoli della fortuna che abbiamo, ma senza sentirci oppressi dalla responsabilità di suonare con un musicista di tale spessore e cercando di imparare il più possibile.

Con la ripresa più stabile, almeno si spera, quali saranno i vostri prossimi impegni, ed è prevista, in un prossimo futuro, anche una vostra prima registrazione discografica?

Speriamo davvero di cuore che questa ripresa possa essere duratura e definitiva, perché un ulteriore stop sarebbe davvero difficile da accettare. Ad ogni modo, stiamo per trasferirci a Basilea, dove studieremo individualmente e come gruppo. Al di là delle ambizioni professionali, vogliamo davvero utilizzare al meglio i prossimi anni per arricchirci umanamente e musicalmente e dedicheremo molto del nostro tempo futuro allo studio. Per quanto riguarda le registrazioni discografiche, non è un aspetto che per il momento ci interessa particolarmente. Non ci sentiamo ancora pronti per incidere una nostra interpretazione di un brano del repertorio definitiva (posto che sia possibile farlo), perché ultimamente siamo alla ricerca di stimoli esterni e le nostre idee sulle opere che studiamo cambiano molto spesso e rapidamente. Se dovesse capitare un’occasione importante, senza dubbio la valuteremo, altrimenti continueremo a concentrarci sulla crescita musicale e sulla condivisione della musica dal vivo con il pubblico.

Il grande violista milanese Bruno Giuranna.

Maestro Giuranna, vale anche per lei la domanda iniziale già posta al Trio Chagall: come ha affrontato questo periodo di pandemia e quali riflessioni le ha suggerito questa drammatica situazione?

L'impossibilità di svolgere una vita pubblica, offrendo a chi ascolta i nostri concerti il frutto del nostro lavoro è stata senz’altro una limitazione che per i giovani ha avuto effetti anche gravi. Nel mio caso, avendo rallentato l’attività frenetica degli anni giovanili, non ne ho particolarmente avvertito il peso. Ho anzi approfittato della segregazione per ristudiare vecchi brani del repertorio e per approfondirne dei nuovi. E ho anche fatto l'interessante esperienza che, pur se il tempo a disposizione era tanto, le giornate erano incredibilmente corte. L'intensa attività didattica alla quale sono da sempre legato mi ha portato a sviluppare le mie conoscenze sull’insegnamento on line, al quale, anche se alcuni colleghi lo praticano da anni, non avevo dato finora particolare credito. La mia valutazione non è cambiata ma poiché in futuro molti concorsi e audizioni avverranno sempre più con video registrati dai candidati, è bene che questi apprendano a utilizzare questo mezzo per produrre registrazioni di buona qualità. Le lezioni on line sono state utili anche per questo.

Richard Strauss in un'immagine che risale all'epoca in cui compose il Quartetto op. 13.

Nel concerto in programma per la rassegna Incontri Asolani, lei e il Trio Chagall interpreterete una pagina che non si ascolta sovente, ossia il Quartetto per pianoforte in do minore op. 13 di Richard Strauss. Un'opera giovanile, come quasi tutta la musica cameristica del compositore monacense, ma che mette già in luce quella che sarà la peculiarità fondamentale della sua visione musicale, vale a dire una produzione sempre in bilico tra un razionalismo formale in cui trova posto un tardoromanticismo che assumerà sempre più un connotato intellettualmente nostalgico. Che cosa la colpisce maggiormente di questo Quartetto?

Il Quartetto Op.13 di Strauss è un mio amore/scoperta giovanile e ho proposto di eseguirlo tutte le volte che ne ho avuto la possibilità. Sono sempre più colpito dalla maturità con cui questo musicista poco più che ventenne mostra ben riconoscibili gli impulsi che, anni più tardi, costituiranno il centro tematico di opere mature come il grande poema sinfonico Till Eulenspiegel.

Bruno Giuranna con Giorgio Federico Ghedini in occasione della prima esecuzione della Musica da concerto per viola e orchestra d'archi avvenuta nel 1953.

Lei ha avuto modo di collaborare con autentici mostri sacri della direzione orchestrale, da Herbert von Karajan, con il quale ha presentato in prima assoluta la Musica da concerto per viola e orchestra d'archi di Ghedini, fino ad artisti come Abbado, Giulini, Celibidache, Muti, Barbirolli. Se dovessi chiederle un denominatore che accomuna tutti questi leggendari direttori, lei che cosa mi risponderebbe?

La totale dedizione alla Musica e la continua ricerca dei suoi valori.

La sua età e la sua esperienza artistica le permettono ormai di fare dei bilanci e delle riflessioni tra l'interpretazione musicale di metà Novecento e quella di oggi. A suo parere, quali sono le differenze tra allora e oggi e quali, invece, i possibili punti d'unione?

L'interpretazione musicale è diventata più visuale. Una volta non lo era affatto. Si vedano su YouTube i video di grandi interpreti del passato!

Un’ultima domanda: quali sono i suoi prossimi impegni, confidando che l'attuale situazione possa finalmente finire, restituendo anche all'arte musicale un sospirato ritorno alla normalità?

Intanto, scaramanticamente, aspettiamo che questa situazione si risolva, e deve farlo nel mondo.

Andrea Bedetti