Disco del mese di Febbraio 2023
Il nome di Werner Wolffheim dirà poco o praticamente nulla a chi non si interessa alla musicologia tedesca del primo Novecento, ma questo avvocato mancato, nato a Berlino nel 1877 che, oltre a coltivare studi giurisprudenziali, ebbe modo di interessarsi a quelli musicologici a Monaco di Baviera, si fece presto una fama per le sue ricerche sulla musica di Bach, anche se ancora oggi la sua figura viene accostata maggiormente a quella della sua leggendaria biblioteca privata, che costruì e arricchì con passione ed enorme competenza nel corso dei decenni. Una biblioteca che, ancora prima della morte di Wolffheim, avvenuta nella capitale tedesca nel 1930, venne messa all’asta, rispettivamente nel 1928 e nel 1929, da Breslauer & Liepmannssohn, facendo accorrere appassionati e studiosi da tutta Europa nella capitale tedesca. Questa biblioteca, il cui catalogo completo consta di ottocento pagine, è stata definita a ragione la libreria musicale a dir poco ideale, visto che tra le straordinarie rarità che ne facevano parte annoverava, tanto per fare qualche esempio, di Gluck la prima edizione dell’Alceste in italiano e dell’Orfeo e Euridice in francese, la prima edizione de Die Schöpfung e de Die Jahreszeiten di Haydn, la raccolta unica delle partiture di quasi tutte le opere in prima e seconda edizione di Lully, numerose prime edizioni delle opere di Rameau, le prime edizioni di tre opere di Mozart, l’edizione originale di Der Freischütz di Weber e, tanto per gradire, la prima edizione dei Madrigali guerrieri et amorosi di Monteverdi, così come le edizioni originali (!) de Die Kunst der Fuge e della Musikalisches Opfer, pubblicate quando Bach era ancora in vita, e le prime edizioni dei cinque Libri per viola da gamba di Marin Marais.
Inoltre, il nome di Wolffheim è caro soprattutto ai cultori della musica per liuto, visto che il musicologo berlinese fu anche un raffinato collezionista di intavolature per questo strumento, come, per esempio, il manuale di istruzioni di Hans Judenkünig Ain schone künstliche Underweisung (risalente al 1523), il terzo Libro per chitarrone di J. H. Kapsberger, una stampa con opere di Francesco da Milano e, soprattutto, il prezioso manoscritto con opere di Silvius Leopold Weiss, ora conservato nella Biblioteca universitaria di Dresda. Fu il grande liutista tedesco Hans Neemann il primo a descrivere questi manoscritti di Weiss nella prestigiosa rivista di musicologia Zeitschrift für Musikwissenschaft in due articoli pubblicati nel 1927 e nel 1928, riconoscendone la loro eccezionale importanza. Da queste pochissime informazioni, si può ben comprendere per quale motivo nel New Grove Dictionary si afferma che la vendita della biblioteca di Wolffheim può essere facilmente considerata come «l’asta più importante del suo genere avvenuta nel corso del ventesimo secolo».
E tanto per rimanere nell’ambito del liuto, è da salutare con grande interesse e riconoscenza il recentissimo progetto discografico, pubblicato dall’etichetta tedesca TYXart, che ha visto il liutista austriaco Bernhard Hofstötter presentare venti brani, eseguiti con un liuto barocco a undici cori, di cui diciannove in prima assoluta mondiale, provenienti dal manoscritto AUS-Mml ms. LHD 243 (che lo stesso Wolffheim definì «ein Handschrift aus der 2. Hälfte des 17. Jahrhunderts, eine Art Album», ossia “un manoscritto della seconda metà del XVII secolo, una sorta di album”, come annotò testualmente con la matita in un angolo del prezioso documento).
È bene ricordare che il liuto barocco solista fu strumento assai popolare soprattutto tra l’aristocrazia europea e l’aspirante borghesia finanziariamente affermata e istruita nel periodo che andò tra l’inizio del XVII secolo fino alla metà del XVIII secolo. Missive di quell’epoca, dipinti e altri documenti, non ultime le stampe di composizioni per questo strumento, ma soprattutto le raccolte manoscritte, ne rappresentano una feconda testimonianza. Mentre alcuni manoscritti contengono pochissimi pezzi, altri ne contengono diverse centinaia, scritti esclusivamente per l’impiego individuale e personale di musicisti dilettanti (i cosiddetti dilettantes), ma talvolta anche per uso professionale, ossia da parte di musicisti che suonavano il liuto per lavoro, ossia per diffondere materiale didattico o per eseguirli nel corso di concerti, soprattutto nei circoli sociali più piccoli e culturalmente elevati. Tuttavia, alcune magnifiche edizioni di manoscritti, riccamente illustrati e con praticamente nessun segno di utilizzo, suggeriscono che furono creati solo per scopi di rappresentanza.
Ora, tornando al manoscritto AUS-Mml ms. LHD 243, non sappiamo chi lo scrisse intorno al XVIII secolo, anche se lo stesso autore sconosciuto fu artefice di un altro manoscritto, quello contrassegnato D-B40601, attualmente custodito a Berlino. Il primo a parlare di questi due manoscritti fu Adolf Koczirz in un articolo apparso sul Studien zur Musikwissenschaft (vol. V, p. 4 ss.) nel 1918. Come si è visto, il primo di questi due manoscritti appartenne fino al 1929, quando fu battuto all’asta di Breslauer/Liepmannssohn, a Werner Wolffheim, poi fu acquisito da Louise Hanson-Dyer (1884-1962), fondatrice della leggendaria casa editrice musicale e dell’omonima etichetta discografica Éditions de l’Oiseau-Lyre, ed è ora è custodito nella Louise Hanson-Dyer Music Library dell’Università di Melbourne (una trascrizione del manoscritto è stata pubblicata da Tree-Edition di Albert Reyerman nel 2013, insieme con una dettagliata introduzione). Un particolare interessante di questa raccolta è che tutti i brani che ne fanno parte sono in re maggiore, noto anche come Käyserliche Stimmung (accordatura imperiale) per via del suo suono radioso. Questo significa che, in contrasto con la caratteristica accordatura dei cori di un liuto barocco, i brani richiedono un accordo di re maggiore aperto, denominato ton de la chèvre.
Oltre a una serie di brani anonimi, il manoscritto contiene composizioni di Jean Berdolde Bernard Bleystein di Praga, Ennemond Gaultier, Achaz Casimir Hultz (o Hültz), Germain Pinel ed Esaias Reusner il Giovane, il che ci fa capire come il manoscritto rappresenti idealmente una pletora di esempi provenienti da epoche musicali diverse che incarnano elementi stilistici altrettanto differenti. Al di là dei brani di autori anonimi, che rappresentano dodici dei venti pezzi proposti, degli altri musicisti, in realtà, non si sa molto di più, tranne debite eccezioni. Per esempio, di Jean Berdolde Bernard Bleystein non esiste alcun riferimento a un compositore con questo nome nelle relative opere di riferimento, anche se il suo nome compare una sola volta, proprio nel manoscritto AUS-Mml ms. LHD 243 con il brano Adieu de sa maîtresse de Monsieur Jean Berdolde Bernard Bleystein de Prague (traccia n. 18), composto da sole sedici battute e che Hofstötter lo ha registrato integrandolo con una variazione Double e Autrement. Qualcosa di più sappiamo di Ennemond Gaultier (ca. 1575-1651), se non altro per il fatto che viene attualmente considerato l’inventore del già citato ton de la chèvre, presente nel manoscritto in questione con il brano Sarabande Espagnol de Monsieur Gaultier d‘ Vienne (dove per Vienne non si intende la capitale asburgica, bensì Villette, una piccola cittadina che si trova nei pressi di Lione). Questo autore francese compose totalmente per il liuto e la sua ampia opera è documentata in circa sessantacinque manoscritti sparsi in tutta Europa e soprattutto nella stampa Livre de tablature ... de Mr. Gaultier Sr. de Nève et de Mr. Gaultier son cousin (1672).
Di Achaz Casimir Hultz (o Hültz) il manoscritto contiene tre composizioni, la Gavotte (traccia n. 2), la Sarabande di Mons. A.C. Hultz (traccia n. 5) e la Gigue(traccia n. 19). Il nome di Hultz viene citato da un altro liutista del tempo, il tedesco Ernst Gottlieb Baron, autore di un famoso opuscolo polemico, Historisch-Theoretische und Practische Untersuchung des Instruments der Lauten (Indagine storico-teorica e pratica dello strumento del liuto, 1727), il quale lavorò anche come valletto per Johann Anton Graf Losy (1645/50-1721), un noto compositore, violinista e liutista del tempo. Losy fu tenuto in grande considerazione, al punto che persino Sylvius Leopold Weiss gli dedicò una lapide musicale (Tombeau). Di Germain Pinel, vissuto nel XVII secolo, sappiamo che fu un apprezzato liutista e tiorbista e grazie a indubbie doti didattiche fu insegnante di liuto per Luigi XIV. A lui sono attribuiti finora ottantasette pezzi, che si trovano in oltre venti manoscritti distribuiti in tutta Europa. Nel manoscritto appartenuto a Wolffheim si trova una Sarabande, registrata per l’appunto da Hofstötter (traccia n. 11), mentre di Esaias Reusner il Giovane, che fu liutista da camera di Friedrich Wilhelm, elettore di Brandeburgo (1620-1688), sappiamo che è autore di circa ventotto Suites per liuto. Di lui, il liutista austriaco ha registrato (traccia n. 8) l’Allemande, seguita dalla Double, presenti nel manoscritto in questione.
Inoltre, Hofstötter ha voluto registrare la sua versione per liuto (in la maggiore) della celebre Ciaccona di Johann Heinrich Schmelzer (1623-1680), violinista, compositore e direttore musicale alla corte dell'imperatore Leopoldo I. Questo brano, concepito originariamente per violino e basso continuo, fa parte della cosiddetta Schlafzimmerbibliothek, ossia “Biblioteca da camera” dell’imperatore, un’ampia collezione di composizioni cui il sovrano voleva avere accesso immediato anche di notte, con lo stesso Schmelzer svegliato d’urgenza e costretto a suonare, per soddisfare il volere del suo re.
Da queste poche, e confido non noiose, informazioni, si può intuire la rigorosa opera filologica con la quale Bernhard Hofstötter ha voluto improntare la sua registrazione. Ma, impianto filologico a parte, questo disco ha molto, molto di più, in quanto rappresenta la perfetta dimostrazione di come il concetto della musica astratta possa essere un viatico per penetrare nei meandri della profondità mentale, nello scandagliare in modo disarmante i recessi dell’anima di chi lo potrà ascoltare. E questo per almeno due motivi fondamentali: il primo è che l’impeccabile lettura effettuata dal liutista viennese, che si avvale del suono evocato da un liuto barocco a undici cori da un esemplare Laux Maler costruito da Martin Hurttig a Lipsia nel 2019, è tale da proiettare idealmente nel tempo e nello spazio il fortunato ascoltatore, permettendogli di creare interiormente una base ricettiva dalla quale dipanare ed esplorare autentiche strutture architettoniche cerebrali. Tale è la sua portata esecutiva, al di là di una padronanza dello strumento che può e deve lasciare attoniti, che non si deve fare altro che lasciarsi soggiogare dalla potenza del suono realizzato; il secondo motivo è che siamo di fronte a una vera e propria ricostruzione storica non solo in ambito musicale (il contesto filologico del tutto lo impone), ma anche di una ricostruzione epocale, ossia la proiezione di un sunto temporale che diviene foriero di un passaggio pluridecennale nel quale il liuto è stato strumento anche di un gusto, di una versatilità, di un modo di intendere il mondo.
Ecco perché una registrazione del genere non potrà interessare soltanto i cultori della musica barocca e di quella, in particolare, liutistica, ma anche coloro che desiderano comprendere come il mondo dei suoni astratti possa essere foriero di una riproposizione mentale che, pur non appartenendoci per via della nostra modernità, può essere ri-costruita attraverso una sensibilità per certi versi atavica che continua ad accompagnare e a servire l’uomo che ancora permea in sé il germe di una sensibilità atemporale.
Sulla base di tutto ciò, questo è il disco del mese di febbraio di MusicVoice.
La presa del suono effettuata da Andreas Ziegler si allinea alla perfezione con il dato artistico, ponendola nella sfera di un suono realmente audiofilo. La dinamica è rocciosa, velocissima, capace di ricreare ottimamente le tessiture del registro acuto, che andranno inevitabilmente a sollecitare i tweeter del vostro impianto audio (ricordiamoci che tutti i brani proposti si basano sull’accordatura Käyserliche Stimmung), oltre a vantare un’encomiabile naturalezza timbrica. La ricostruzione, per ciò che riguarda il parametro del palcoscenico sonoro, pone l’artista al centro dei diffusori e anche se fisicamente si viene a trovare in modo assai ravvicinato rispetto all’ascoltatore, l’irradiazione del suono si propaga assai bene in ampiezza e in altezza grazie a un notevolissimo scontorno. L’equilibrio tonale è magistrale, in quanto sia l’onnipresente registro acuto, sia quello medio-grave sono sempre perfettamente distinti, concorrendo alla piacevolezza dell’emissione timbrica che risulta sfavillante, brillante, senza però peccare di possibili artificiosità. Infine, il dettaglio è ultramaterico, con una presenza fisica dello strumento tale da vederlo praticamente ricostruito a livello tattile nell’ambiente sonoro.
Andrea Bedetti
AA.VV. Album for the Lute – Music from the former library of Dr. Werner Wolffheim
Bernhard Hofstötter (liuto)
CD TYXart TXA22172
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5