Si pensa a Chopin e si visualizza l’immagine di un pianoforte, una reazione logica e istintiva allo stesso tempo che fa capire come la figura del compositore polacco sia legata indissolubilmente a questo strumento, con il quale ha incarnato una concezione musicale che è la rappresentazione stessa di un Ottocento in cui l’interiorizzarsi assurge a una categoria artistico-culturale nell’affollato arcipelago del Romanticismo. Chopin, però, se si identificò con il pianoforte («Ho scritto solo per il pianoforte. Questo è il mio terreno, quello su cui mi sento più sicuro», così confidò a una cara amica, la contessa Delfina Potocka), nutrì un grande interesse anche verso un altro strumento, il violoncello (ascoltate la sua Sonata in Sol minore e l’Introduzione e polacca brillante in do maggiore, entrambe per pianoforte e violoncello), mentre ebbe, se non un’avversione, di certo una difficoltà di approccio nei confronti della voce.

Per questo Chopin evitò come la peste le richieste di amici e musicisti di scrivere un’opera lirica, un genere per il quale non era assolutamente portato e che si limitò a frequentare unicamente in veste di spettatore i teatri d’opera, arrivando solo a comporre, ovviamente per il “suo” strumento, le famose Variazioni per pianoforte e orchestra su “Là ci darem la mano” su un tema dal Don Giovanni di Mozart. Ma è anche vero che il compositore polacco non chiuse del tutto la porta alla voce, visto che ebbe modo di scrivere alcuni canti, venti per l’esattezza, per voce e pianoforte, di cui diciassette sono racchiusi nell’op. 74, pubblicata postuma nel 1857, ossia otto anni dopo la sua morte, dall’editore tedesco Schlesinger, canti che vanno dal 1829 al 1847, oltre a tre altri brani, sempre per voce e pianoforte, ossia Jakiez kwiaty, jakie wianki (Quali fiori, quali ghirlande, 1829), Czary (Incantesimo, 1830) e Dumka (1840), questi ultimi presenti nel catalogo curato da Krystyna Kobylańska.

Ora, questo corpus di canti è stato recentemente registrato per l’etichetta Elegia dal soprano polacco Dominika Zamara, che si è formata artisticamente nel nostro Paese, accompagnata al pianoforte da Franco Moro. Ascoltando questo disco non si fa fatica a comprendere per quale motivo vengono eseguiti raramente, almeno al di fuori dei confini polacchi, e questo perché non sono di certo dei capolavori del repertorio liederistico, oltre al fatto che per le peculiarità dei testi scelti da Chopin (scritti in buona parte da poeti romantici quali Stefan Witwicki, Adam Mickiewicz e Bohdan Zaleski), possono risultare poco accessibili, e non solo per motivi linguistici, ad ascoltatori che non conoscono la cultura e l’anima polacca e slava in generale. Senza contare che si avverte l’imbarazzo, l’ostilità a stento repressa di Chopin nei confronti di questo genere (non per nulla molti di questi canti furono espressamente composti per i salotti aristocratici prima che il compositore polacco lasciasse la patria per stabilirsi in Francia). Quindi, pezzi d’occasione, nei quali si sente che Chopin indossa un abito che non gli sta bene e nel quale si sente prigioniero: ora, senza scomodare liederisti eccelsi come Schubert, Schumann, Brahms e Wolf, va da sé che questi brani non possiedono quelle profondità psicologiche, quelle peculiarità stilistiche, quelle risorse espressive che fanno dei Lieder ben riusciti delle microscopiche e conchiuse opere liriche, delle cellule tematiche pienamente autosufficienti nella loro completezza formale e contenutistica.

E questo nonostante Dominika Zamara abbia cercato di donare calore, drammaticità, leggerezza e spessore a pagine che comprensibilmente, come si è già accennato, sono tuttora ai margini della produzione più conosciuta ed eseguita di Chopin. Il soprano polacco, poi, se si sente a suo agio nel registro medio e in quello grave, tende leggermente a forzare invece in quello acuto, di certo non aiutata da una scrittura vocale che inevitabilmente mostra i suoi limiti. Nulla da eccepire sull’accompagnamento pianistico di Franco Moro, il quale evidenzia linee in cui il pianismo chopiniano è scopertamente ingessato dall’impossibilità di ergersi quale protagonista assoluto.

Buona la presa del suono, anche se la voce del soprano polacco, a livello di palcoscenico sonoro, risulta preminente rispetto al pianoforte, con inevitabili ripercussioni sull’equilibrio tonale, soprattutto quando la tessitura vocale, negli acuti, copre leggermente il timbro dello strumento.

Andrea Bedetti

 

Fryderyk Chopin – Lieder op. 74

Dominika Zamara (soprano) – Franco Moro (pianoforte)

CD Elegia ELECLA 18057

Giudizio artistico 3/5

Giudizio tecnico 3/5