Il giovane pianista romano ha registrato per la Da Vinci Classics la celeberrima Sonata op. 106, considerata una delle pagine più ardue di tutta la letteratura pianistica, oltre alla versione a quattro mani della Große Fuge, insieme con Elisa Viscarelli. Ecco l’intervista che ci ha rilasciato
Maestro Rossi, Horowitz registrò il suo primo disco nel 1931, a 28 anni, Richter nel 1948 a 33 anni, Gieseking nel 1923 a 28 anni, Kempff nel 1920 a 25 anni e Schnabel addirittura nel 1932, a 50 anni. A quanto pare è in buona compagnia, visto che ha deciso di registrare il suo primo CD a 35 anni, andando decisamente controcorrente rispetto ai tempi attuali, contrassegnati da frotte di pianisti adolescenti, più o meno geniali, che si prendono la briga di incidere le loro interpretazioni, magari iniziando dalle Goldberg Variationen… Perché, allora, ha deciso “solo” adesso di entrare in uno studio di registrazione?
In realtà non saprei addurle una motivazione precisa. Semplicemente ho atteso che l’idea, in effetti presente da diverso tempo, avesse il tempo di maturare. Ciò che più ha richiesto tempo è stato affinare il taglio che volevo conferire all’esecuzione di queste pagine così da conservarne la spontaneità e la drammaticità. La stessa interpretazione di un brano muta con gli anni e con l’esperienza, vorrei quindi dire che ho atteso l’interpretazione che stavo cercando.
Certo debuttare a livello discografico con la Hammerklavier e, insieme con Elisa Viscarelli, con la Große Fuge nella versione a quattro mani è stata in effetti una sfida non indifferente. Per quale motivo ha voluto scegliere proprio questi due capisaldi assoluti della letteratura pianistica?
La musica di Beethoven ha da sempre catalizzato la mia attenzione, non solamente a riguardo del repertorio pianistico. In particolare, queste opere riescono a unire l’arte del contrappunto con il fascino che caratterizza l’ultimo Beethoven. Il mito che avvolge la Hammerklavier inoltre ha rappresentato uno stimolo a sfidare quel che il Maestro stesso aveva detto della sua opera: «eccovi una sonata - pare abbia riferito all'editore Artaria - che darà del filo da torcere ai pianisti, quando la suoneranno fra cinquantanni». Sono trascorsi due secoli e possiamo dire che la sua affermazione rimane profeticamente valida.
A 35 anni avverte volare sopra di sé l’ala della maturità, quella che ti permette di affrontare più autori con esiti maggiormente convincenti, oppure si rende conto che tale battito di ali deve ancora sentirlo?
Nel nostro lavoro di continua ricerca musicale è arduo sentirsi maturi a 30 anni, ma personalmente lo riterrei difficile anche con una decade in più di esperienza alle spalle. L’opera di analisi incessante che caratterizza il nostro percorso ci rende spesso più consapevoli dei limiti da superare che non di quelli ormai raggiunti e passati.
Ultima domanda di prammatica: quali sono i suoi prossimi progetti in campo discografico? Non mi dica che dopo la Hammerklavier ha intenzione di registrare la Concord Sonata di Charles Ives o addirittura l’Opus clavicembalisticum di Sorabji…
Personalmente ritengo stimolante proporre titoli che esulano dai repertori più frequenti e soprattutto è interessante cercare analogie o contrasti che possano creare un filo rosso che percorra le opere di una pubblicazione discografica come di un programma di recital. Attualmente sto coltivando diverse idee legate tra loro da una forte componente immaginifica.
Andrea Bedetti