Ad ogni azione corrisponde una reazione, come ben insegna la fisica newtoniana, e anche la storia della musica lo dimostra, allorquando uno stile o uno strumento musicale fanno irruzione in un dato momento epocale, provocando necessariamente una reazione da parte di chi si sente minacciato dalla loro presenza. Questa registrazione, che contiene in prima assoluta mondiale la raccolta delle dodici sonate per violoncello solo e basso continuo di Giovanni Battista Somis, rappresenta un tipico esempio di ciò che è stato appena detto, visto che quest’opera rappresenta in un certo senso la risposta di un musicista (fautore della nascita della scuola violinistica piemontese agli inizi del Settecento) che aveva considerato favorevolmente l’evoluzione del violoncello a scapito dell’ormai tramontante viola da gamba, la quale aveva simbolicamente rappresentato una componente rilevante del primo Barocco, soprattutto in terra francese. Proveniente da una famiglia di musicisti al servizio della corona piemontese, Giovanni Battista Somis lasciò la natia Torino per andare dapprima a Roma per studiare con Arcangelo Corelli (ossia il massimo al quale poteva ambire all’epoca un giovane musicista di belle speranze) e poi a Parigi, quando era già diventato un artista affermato, virtuoso del violino, dove ebbe modo, tra l’altro, di tenere due concerti al Concert Spirituel, una delle sale concertistiche più importanti a livello europeo. Roma e Parigi, dunque, ossia le ultime propaggini di un presente incarnato dalla figura corelliana e la proiezione verso uno stile musicale, per ciò che riguarda l’uso del violoncello, in cui questo strumento a corde assume sempre più contorni precisi, duttili, non più votati al mero e statico accompagnamento, ponendosi di conseguenza alla stessa altezza di colei che aveva dominato fino a quale momento la dimensione esecutiva basata su uno strumento da suonare tenuto tra le gambe, la viola da gamba per l’appunto.

Come spiega bene nelle note di accompagnamento Sara Dieci, nei primissimi decenni del XVIII secolo si viene così a creare una sorta di querelle in Francia tra coloro che esaltano ancora il ruolo predominante della viola da gamba, considerata unica per via dell’intrinseca capacità timbrica, e coloro che invece auspicano il sopraggiungere definitivo del violoncello, sganciato da un contesto subalterno per assurgere a una dimensione totalizzante, tale da relegare nei meandri del passato la stessa viola da gamba. In tale querelle, Somis, il quale era dopotutto uno dei migliori violinisti d’Europa, scese in campo a favore di quest’ultimo (senza però condannare all’ostracismo la viola da gamba), facendo pubblicare a Parigi nel 1738 una raccolta di dodici sonate per violoncello solo e basso continuo che rappresenta una tappa, un tassello che, tra gli altri, fa pendere l’ago della bilancia a favore di un’espressività data dal violoncello (anche a quello a cinque corde, capace di vantare un registro più acuto), tale da rendere, in termini sonori, il distacco meno traumatico dalla viola da gamba, anche se non bisogna dimenticare che la pratica esecutiva del tempo prevedeva l’intercambiabilità strumentale tale da permettere l’uso per una stessa partitura di più strumenti onde garantire a più livelli quel sentimento, quell’“affettuosità” insita nella linea melodica.

Le dodici sonate che compongono questa raccolta prevedono in alcune di esse, sempre sulla base di una fedele prassi esecutiva filologica, anche l’utilizzo del raddoppio del violoncello (che siano a quattro o a cinque corde) per esaltare l’antagonismo fra le due linee melodiche (con un’indubbia resa soprattutto per ciò che riguarda i tempi lenti), oltre all’accompagnamento del basso continuo dato dal clavicembalo. Una scelta, quella voluta dall’Ensemble Il Continuo (formato da Gioele Gusberti e Claudio Frigerio ai violoncelli e da Marija Jovenovich al clavicembalo), che permette di cogliere appieno l’eleganza e l’equilibrio del costrutto musicale di Somis, della sua capacità di credere in un continuo dialogo, anche quando si trasforma in apparente scontro, tra il violoncello e il continuo o tra i due violoncelli. Siamo ormai in una fase storica, quella della prima metà del Settecento, in cui il comporre abbandona progressivamente l’eloquio interiore, la costruzione immanente, la dimensione riflessiva del suono, per aderire a una scoperta richiesta di manifestazione sociale della musica, che richiede necessariamente una fluidità, un linguaggio che mirano a contrapporre idealmente due o più strumenti all’interno di un colloquio in cui la linea melodica e quella armonica sono non sono soltanto il frutto di un equilibrio oggettivo, ma allo stesso tempo anche un mezzo per sondare le emozioni e gli stati d’animo di ciò che esprimono.

Questa evidenziazione è resa possibile anche grazie alla caratura interpretativa dell’Ensemble Il Continuo, in cui l’afflato strumentale mai si banalizza in un suono falso, freddo, distaccato, ma che risulta sempre coinvolgente, capace di leggere tra le note e di far affiorare quella pletora di sensazioni e di visioni che Somis (e qui la sua dimensione violinistica più che violoncellistica viene indubbiamente fuori) riesce a trasmettere e a manifestare.

Abbastanza buona la presa del suono che evidenzia una dinamica in grado di restituire un suono veloce e sufficientemente naturale, anche se per ciò che riguarda il palcoscenico sonoro (con un’inevitabile reazione a catena nel dettaglio e nell’equilibrio tonale) la ricostruzione del violoncello o dei due violoncelli risulta essere troppo avanzata rispetto a quella del clavicembalo.

Andrea Bedetti

 

Giovanni Battista Somis – Sonatas for Cello & Continuo

Ensemble Il Continuo

CD Urania Records LDV 14038

Giudizio artistico 5/5

Giudizio tecnico 3/5