Mi ha sempre affascinato l’idea di accomunare il frate Giovanni Battista Martini, una delle figure capitali della sapienza musicale del Barocco internazionale, autentica “eminenza grigia” alla quale si rivolsero decine di musicisti e teorici musicali dell’epoca per chiedere consigli, suggerimenti, illuminazioni, con uno dei più straordinari uomini di lettere del Novecento italiano, l’enigmatico triestino Bobi Bazlen, intellettuale di prodigiose conoscenze che, tra gli innumerevoli meriti, vanta anche quelli di aver fatto conoscere per primo Italo Svevo a Montale ed essere stato fondamentale, su invito di Adriano Olivetti, nel dare vita alla casa editrice Adelphi, fornendone quella forma mentis che ancora oggi la contraddistingue a livello di scelte editoriali e imprinting intellettuale. Ma se Bazlen nel corso della sua “inutile” vita, trascorsa in massima parte a leggere e a fumare a letto, decise di non pubblicare mai i suoi pochi scritti critici e letterari, raccolti e editi dopo la sua morte avvenuta a Milano nel 1965 a soli sessantatré anni, il bolognese Martini, che trascorse più di mezzo secolo, dal 1729, anno della sua consacrazione sacerdotale, fino al 1784, anno della morte, nella sua cella al Convento di San Francesco, non solo seppe tessere una tela di fitte corrispondenze con musicisti e savants di tutta Europa il cui lascito supera, tra quelle inviate e ricevute, quasi seimila missive, un epistolario capace di incarnare idealmente l’esprit del Settecento e la cui importanza può essere paragonata alle Mémoires di Giacomo Casanova, ma anche produrre un immenso catalogo ammontante a più mille opere che abbracciano qualsiasi genere musicale, la maggior parte delle quali è ancora a livello di manoscritto.
Da questo sconfinato arcipelago compositivo creato dal “teorico” Martini, dal vate del contrappunto, dal Gioseffo Zarlino del Barocco, il direttore di coro, clavicembalista e organista Daniele Proni ha voluto attingere, registrando per l’etichetta discografica Elegia Classics un doppio CD dedicato per l’appunto a pagine clavicembalistiche e organistiche del nostro autore, Sonate per l’organo e il cembalo.
Progetto a dir poco meritevole, in quanto se il nome di Giovanni Battista Martini è oggi ancora noto, lo è quasi esclusivamente per la sua attività di teorico della musica, mentre la sua dimensione di compositore viene riconosciuta solo tra addetti ai lavori, i quali hanno potuto mettere mano ai manoscritti e alle partiture originali delle sue opere; questa dimenticanza storica e musicale è dovuta in buona parte allo stesso Martini, il quale durante la vita, proprio come Bobi Bazlen, non si peritò di pubblicare le sue composizioni, così come di difenderle dagli attacchi di coloro che le definivano materia creativa oramai passata, appartenente e un’epoca non più proponibile a livello artistico. E per comprendere come Daniele Proni abbia potuto restituire una dignità sonora alle pagine da lui scelte, conviene ricordare che la musica per tastiera di Giovanni Battista Martini comprende grossomodo un centinaio di sonate per organo e cembalo delle quali solo diciotto sono state stampate, per la precisione le 12 Sonate d’Intavolatura per l’organo, e’l cembalo edite ad Amsterdam da Michel-Charles Le Cène nel 1742 (contrassegnate come op. 2) e le 6 Sonate per l’organo e il cembalo pubblicate a Bologna da Lelio Dalla Volpe nel 1747 (rientranti nell’op. 3). Quasi tutto il resto appartiene ancora alla polvere e agli scaffali delle biblioteche nei quali giacciono, sfidando il tempo e la memoria degli uomini.
Per dare vita a questa incisione, Daniele Proni (il quale dal 2006 cura insieme con Federico Ferri un progetto di edizione critica delle opere strumentali di Giovanni Battista Martini, che lo ha visto in veste di solista al fianco dell’Accademia degli Astrusi, con cui ha inciso in prima assoluta gli inediti concerti per clavicembalo per la Warner Classics) ha presentato sia le 6 Sonate dell’op. 3, sia la loro ideale prosecuzione, in quanto, partendo dal fatto che l’editore Lelio dalla Volpe nel catalogo pubblicato nel 1747 faceva riferimento a una seconda raccolta di Sonate, ma mai rese note e pubblicate, l’artista romagnolo ha studiato attentamente i manoscritti collazionati nel faldone HH.35 conservato in quell’autentico vaso di Pandora che è il Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna. Partendo da tale studio, Daniele Proni ha dedotto che la possibile seconda raccolta inedita, da definire come un’ipotetica op. 4, potesse essere ricostruita partendo proprio dal materiale conservato in quel faldone, estrapolandone sei sonate e alternando quelle per clavicembalo da quelle per organo.
E qui veniamo alle pagine in questione: chi si aspetta di ascoltare opere trasudanti un massiccio e articolato uso del contrappunto, che è presente nei brani facenti parte l’op. 2, rimarrà invece sorpreso nello scoprire un Giovanni Battista Martini capace di elaborare e confezionare pagine in cui brillano connotati, come afferma giustamente lo stesso Daniele Proni nelle note di accompagnamento del doppio CD, di leggerezza, semplicità e chiarezza formale e melodica. Ma questa “semplicità” di intenti non deve ingannare l’ascoltatore, poiché dietro a questa leggerezza in nome di quello stile galante che contraddistingue la fase terminale del Barocco si cela la quintessenza stessa di un’epoca che per essere efficacemente decodificata dev’essere allo stesso tempo filtrata nella sua duplice veste: quella complessa, geometrica e algebrica, instillata nella musica che deve “formare”, e quella più dilettevole, più easy-listening (mi si perdoni l’orrida espressione anglosassone), più “liofilizzata” presente in quelle pagine il cui scopo è allietare e la cui importanza sta proprio come elemento introduttivo, di porta d’accesso per entrare nel cuore di un modus essendi da acquisire e metabolizzare, se non si vuole esserne respinti come può fare un muro di gomma. E lo stesso avviene anche nelle pagine inedite estrapolate da Daniele Proni, il cui lavoro di ricerca musicologica è pari a quello relativo all’interpretazione.
Se è vero che il nostro interprete è in grado di dare del tu all’universo musicale di Giovanni Battista Martini, allo stesso modo bisogna riconoscergli in questa registrazione per l’Elegia Classics la capacità, attraverso l’ingannevole semplicità della forma che contrassegna le sonate prese in esame, di restituire lo spirito di quell’epoca, introducendo l’ascoltatore non solo alla specifica dimensione musicale, ma anche a quella squisitamente culturale, in quanto il teorico, compositore ed erudito bolognese è uno dei pochi, pochissimi che furono in grado di saperla incarnare, anche attraverso una conoscenza profondissima della letteratura e della pittura. Quindi, la loro lettura, avvenuta nel pieno rispetto filologico che imponeva, attraverso due mirabili strumenti, un clavicembalo costruito nel 2005 da Roberto Marioni sul modello di quello di Carlo Grimaldi da Messina del 1697 e l’organo di Vittore Ermolli rielaborato da Pietro Pasquini e conservato nella Sala musicale presso la Cascina Giardino di Crema, è la realizzazione di un “quadro vivente” in cui le forme, i volumi, le prospettive, i colori sono resi degnamente dall’appassionata e lucida esecuzione di Daniele Proni.
Marco Taio si è occupato della presa del suono, confezionando un’ottima riproduzione sonora; la dinamica è buona, contrassegnata da un’energia e da una naturalezza tali da poter ricostruire, all’interno del palcoscenico sonoro, lo spazio fisico nel quale si trovano i due strumenti. Nulla da obiettare sul parametro dell’equilibrio tonale e su quello del dettaglio, entrambi convincenti e fautori di un ascolto piacevole e per nulla affaticante a livello acustico.
Andrea Bedetti
Giovanni Battista Martini – Sonate per l’organo e il cembalo
Daniele Proni (clavicembalo & organo)
2CD Elegia Classics Elecla 20086
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5