Autentica star nel suo Paese, la violinista britannica, della quale abbiamo recensito il suo ultimo CD, si racconta in questa intervista in cui spiega il suo amore per l’Italia, per la musica contemporanea e dei suoi prossimi progetti

 

Maestro Mitchell, si è fatta una fama come elegante interprete del repertorio contemporaneo. Inoltre, collabora con diversi compositori, proponendo opere, chiedendo composizioni su commissione e dedicando il suo tempo a diversi eventi, come in passato al Red Violin Festival come direttore artistico nel nome della musica contemporanea. Perché questa passione per questo tipo di musica?
Grazie. In effetti, ho ampi ed eclettici interessi di repertorio. Eseguo musica violinistica a partire dalle Quattro Stagioni di Vivaldi, passando per la maggior parte dei concerti romantici – amo particolarmente Bruch, Mendelssohn, Brahms, Elgar, ecc., giungendo alle opere dei primi del Novecento, fino al contemporaneo. Trovo interessante lavorare con compositori viventi: è un approccio creativo a doppio senso in cui puoi fornire contributi e ricevere riscontri dal compositore. Inoltre, è sempre possibile rinnovare il proprio lavoro con compositori che non sono più con noi e per quanto mi riguarda trovo che sia bello suonare opere di musicisti del passato e di quelli ancora viventi. Tanto per fare un esempio, il mio prossimo concerto a Londra includerà due opere contemporanee che fanno parte del mio nuovo disco insieme con Sonate di Brahms e Debussy e le Cinq Melodies di Prokof’ev (presenti nel mio disco Violin Songs della Divine Art) – un tipo di programma abbastanza tipico per me.

Prova interesse anche per la musica contemporanea sperimentale? Mi riferisco a quelle opere che sono state composte dopo la Scuola di Darmstadt.
Non ho mai suonato spesso opere di questo genere, anche se ho iniziato la mia carriera come violinista/violista nel rivoluzionario gruppo di Peter Maxwell Davies, The Fires of London, e quindi non ho preclusioni in tal senso. Ho suonato opere di Ligeti, Berio, Cage e Henze. Mi piace eseguire musica violinistica che sia piacevole da suonare, ma ho anche imparato alcuni brani molto impegnativi come una straordinaria opera solista per violino scritta per me da Nigel Osborne intitolata Taw-Raw, che risale al 2004 (vedi: https://www.nmcrec.co.uk/recording/sunlight-pieces-madeleine-mitchell).

Madeleine Mitchell con il celebre compositore inglese Michael Nyman.

Ascoltando il suo ultimo lavoro discografico, Violin Muse, sembra che la musica contemporanea inglese goda di ottima salute. Attraverso la sua esperienza di artista, che cosa pensa del futuro della musica? In tal senso è ottimista oppure no?
Penso che lei abbia ragione. La musica britannica contemporanea (dobbiamo includere anche quella scozzese, gallese e irlandese oltre all’inglese!) è fiorente, con compositori che scrivono in stili diversi. Credo che la musica continuerà a esserci, nonostante tutte le difficoltà che abbiamo di fronte, comprese la mancanza di finanziamenti per la musica e l’istruzione, poiché rappresenta una forza artistica e civilizzatrice così potente per l’uomo.

Maestro Mitchell, spesso è ospite e si esibisce nel nostro Paese. Che cosa pensa dell’Italia e del suo difficile rapporto con la musica, anche se questa nazione è una delle culle più importanti di quest’arte?
Io amo l’Italia! Nelle ultime due estati ho partecipato a un festival a Firenze – una città che è un tesoro – e mi è piaciuto molto visitare nuovamente Siena. Ho avuto la fortuna di esibirmi a Roma, prima in un recital alla residenza dell’ambasciatore britannico, Villa Wolkonsky in occasione del Queen’s Jubilee (presentando tra l’altro opere di Sir William Walton che prese casa ad Ischia) e poi per il Centro culturale austriaco, concerto che è stato trasmesso in diretta da Radio Cemat. Solitamente, si associa la musica italiana al mondo dell’opera e in effetti mi piace andare all’opera, anche se mi piacerebbe scoprire più musica italiana per violino del secolo scorso.

Madeleine Mitchell durante il concerto per il Queen’s Jubilee tenuto a Roma a Villa Wolkonsky, residenza dell’ambasciatore britannico.

Che violino usa solitamente? È uno strumento antico?
Si tratta di un violino Rocca, costruito a Torino nel 1839. La maggior parte dei grandi strumenti è stata fatta in Italia…

Quando tornerà di nuovo in Italia per esibirsi in concerto e che cosa può dire a proposito dei suoi futuri progetti discografici?
Sono entusiasta del mio nuovo progetto che intende ricreare i Saloni di fine Ottocento e inizio Novecento in luoghi come Venezia, con un piccolo ensemble di attori e musicisti in costumi originali che danno vita a un meraviglioso spettacolo teatrale con musica (vedi: www.salonmusical.co.uk). Spero davvero di dare più concerti in Italia. A luglio parteciperò all’Orfeo Music Festival a Vipiteno. Inoltre, per ciò che riguarda futuri progetti discografici, sono ormai a buon punto per poter registrare nuovi dischi dedicati al repertorio inglese e ad altre realtà musicali.

Andrea Bedetti