Anche se la maggior parte della produzione musicale di Domenico Cimarosa è focalizzata principalmente sul repertorio operistico e in secondo luogo su quello sacro, questo però non significa che il compositore aversano non abbia dedicato la sua attenzione verso altri generi, come dimostra il seppur limitato repertorio sinfonico e concertistico e anche quello cameristico, con quest’ultimo che vide la creazione di poco meno di cento Sonate per tastiera, in quanto potevano essere eseguite sia su clavicembalo, sia all’organo, sia sui primissimi esemplari di fortepiani (Cimarosa, è bene ricordarlo, morì nel 1801 a Venezia, quando ormai anche nel nostro Paese il fortepiano era già conosciuto).
Il fatto che le Sonate cameristiche non avessero indicazioni più precise (purtroppo gli autografi originali sono andati perduti) non riguarda solo le opere di Cimarosa, ma anche buona parte di quelle di altri autori italiani dell’epoca, con la conseguente possibilità di poterle eseguire indifferentemente, anche per via del loro aspetto eminentemente melodico, sia su clavicembalo o fortepiano od organo.
Proprio quest’ultimo strumento è il protagonista della registrazione della Brilliant Classics che vede il giovane clavicembalista e organista emiliano Andrea Chezzi eseguire ventuno Sonate del compositore campano scelte tra quelle che si potevano adattare meglio alle peculiarità dello storico organo di Andrea Boschini e Giovanni Cavalletti che si trova nel Santuario della Beata Vergine dello Spino a Brugneto di Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia, la cui costruzione va dal 1755 al 1814. Come spiega lo stesso artista emiliano nelle note di accompagnamento, la scelta è caduta su pagine che potevano essere eseguite meglio sulla tastiera a 45 tasti dell’organo in questione, dotata della prima ottava corta, tipica della scuola organaria italiana del XVIII secolo.
Le sonate per tastiera di Cimarosa sono contrassegnate da un solo movimento, anche se in origine furono pensate sicuramente a due o a tre movimenti e risentono chiaramente ancora dell’ésprit barocco, a differenza del repertorio operistico, votato maggiormente a una concezione dello stile classico, di chiara matrice austriaca nella quale il compositore amalgamò gli insegnamenti e le caratteristiche della Scuola napoletana. Ascoltando le Sonate di Cimarosa registrate in questo CD non si può fare a meno di ricollegarle alla grande tradizione di Domenico Scarlatti e del fiorentino Antonio Sacchini, anch’egli appartenente alla Scuola napoletana, oltre ad essere stato allievo di Francesco Durante. In linea generale, molte delle Sonate del compositore di Aversa furono scritte utilizzando la tipica forma musicale barocca (AABB), anche se alcune di esse presentano elementi melodici tipici delle sonate del tardo classicismo con la forma musicale tripartita (ABA).
Naturalmente, come di consuetudine nella Scuola partenopea, ad essere privilegiata è la linea melodica, tema conduttore di tutta la costruzione sonatistica, una melodia che permetteva quindi anche la possibile esecuzione, come si è già accennato, sui diversi tipi di tastiera dell’epoca. Difatti, la piacevolezza all’ascolto che queste ventuno Sonate riescono a restituire con l’utilizzo dell’organo in questione (capace di esaltare sia il registro alto, sia quello basso), non è dissimile da ciò che si può apprezzare attraverso un’interpretazione al clavicembalo o al fortepiano. Resta di fondo, se proprio vogliamo individuare un possibile difetto, una semplicità costitutiva nella loro forma, una mancanza di reale sviluppo, com’è invece caratteristico del genere musicale oltralpe dell’epoca, ma ciò non inficia lo spessore della resa esecutiva e l’importanza storica che ne consegue.
E se ciò avviene è anche per merito del tipo di lettura fatta da Andrea Chezzi, il quale riesce a confezionare un’interpretazione in cui l’esposizione delle Sonate non viene ristretta alla sola enunciazione della linea melodica ma che, grazie a un’accurata scelta del ritmo, del fraseggio (mai esasperato), della resa timbrica, permette di apprezzare anche la sedimentazione armonica (e questo vale soprattutto per quelle Sonate costruite su tempi lenti, come nel caso di quella in re minore C79 e quella in do minore C49, il cui richiamo scarlattiano è a dir poco sintomatico).
La presa del suono è più che buona, con una dinamica veloce e naturale, il che permette di avere un equilibrio tonale rispettoso dei vari registri e di un dettaglio che evidenzia la fisicità dello splendido organo, ricostruito attraverso il palcoscenico sonoro in modo corretto e verosimile.
Andrea Bedetti
Domenico Cimarosa – 21 Sonatas
Andrea Chezzi (organo)
CD Brilliant Classics 95781
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5