La pianista Clara Schembari è l’ideatrice e direttore artistico del festival Il Lago Cromatico, che si svolge in diverse località del ramo lombardo del Lago Maggiore. L’abbiamo intervistata per conoscere meglio le peculiarità e gli obiettivi di questa manifestazione che unisce la sensibilità femminile e la forza espressiva delle bellezze naturali per esaltare l’arte dei suoni
Maestro Schembari, dopo il diluvio torna il sereno. In qualità di direttore artistico del festival Il Lago Cromatico, che scelte sono state fatte per conciliare il ritorno della musica dal vivo, l’interesse degli spettatori a digiuno da più di un anno di manifestazioni artistiche e culturali e, aspetto non meno importante, budget inevitabilmente ridotti per via della pandemia e della conseguente crisi economica?
Iniziamo dall’ultima domanda, il Festival Il Lago Cromatico è un evento ancora piccolo, anche se sempre più riconosciuto sulla sponda lombarda del Lago Maggiore. L’essere riusciti a garantire la manifestazione in questi due anni così difficili dal punto di vista economico per il settore della cultura, è sicuramente un grandissimo successo e dimostra chiaramente quanto tutte le realtà che sostengono la manifestazione ne hanno capito il valore e il bisogno di continuità e crescita. Forse siamo stati fortunati, ma credo che l’idea de Il Lago Cromatico è quella giusta per il territorio dove si svolge, facendo sì che diventi una realtà in grado di sopravvivere anche a una crisi economica. Quello che vediamo e sentiamo fortemente è che il pubblico ha fame di cultura, di bellezza, di messaggi di ottimismo… il Festival sta per iniziare e già la risposta del pubblico è attenta e presente. Abbiamo già ora prenotazioni per tutti gli eventi del cartellone. Il pubblico c’è e ha risposto con grande entusiasmo alla nostra offerta e al titolo che abbiamo scelto per quest’anno: rifiorire. Abbiamo imparato l’anno scorso a conciliare bene tutte le norme da rispettare per la pandemia in corso e la gestione del pubblico. La nostra manifestazione si svolge in prevalenza e da sempre all’aperto nei parchi e nelle ville di questo splendido territorio. In questi spazi non abbiamo alcuna difficoltà a gestire il distanziamento e l’affluenza del pubblico. In caso di maltempo gli eventi vengono sempre garantiti e suddivisi su due turni per dare a tutti la possibilità di partecipare. Dal punto di vista delle scelte artistiche, abbiamo dovuto prediligere formazioni più piccole e cameristiche, ma questo ci ha dato un nuovo slancio per proposte ancora più accurate e interessanti. Questo nuovo modo di lavorare non ci ha mai ostacolato, il pubblico ci ringrazia perché si sente al sicuro, tutti i dettagli organizzativi sono curati in ogni aspetto, gli artisti sono collaborativi e anche tutto lo staff tecnico. Inoltre, in questa esperienza così complessa, abbiamo imparato nuove opportunità organizzative che hanno reso la struttura del Festival ancora più efficiente e solida.
Questo festival, anche grazie agli scenari lacustri con i quali ospita i concerti, le rassegne e i progetti culturali, offre un irresistibile binomio formato da natura e arte. Senza entrare in polemica con la famosa affermazione di Oscar Wilde, secondo la quale la natura imita l’arte, quanto la prima è feconda per l’altra e quanto l’arte aiuta a comprendere meglio l’afflato dato dalla natura?
Per risponderle velocemente potrei dirle che la Natura è la madre del Festival Il Lago Cromatico. Il titolo del Festival gioca intorno alla parola Cromatico… esattamente come sono i colori della natura di questo luogo: il cielo, il lago, i boschi, le montagne regalano allo spettatore dei paesaggi sempre diversi per le sfumature di colori. E poi c’è il silenzio: profondo e calmo come il lago…quasi, denso. Il primo impatto con questo silenzio mette a disagio, è troppo rumoroso; invece, entrandoci sempre di più inizia a riempirsi di suoni: i suoni della Natura che parlano direttamente all’Io e tutto diventa musica e armonia. Questo è ciò che ispira Il Lago Cromatico e che ogni anno ci permette di trovare un nuovo tema e un nuovo legame tra l’arte e la natura o il territorio. La parola Cromatico passa quindi dal forte impatto emotivo della bellezza di questa terra, alle nostre scelte artistiche, mai uguali, passando attraverso tutti i generi musicali e coinvolgendo tutte le forme d’arte. Quest’anno saranno i fiori a parlare con l’idea di rifiorire: vorremmo che la primavera, che qui è così esplosiva nei suoi colori, durasse un’intera estate, ma soprattutto trasmettesse a ciascuno il desiderio di riscoprire il proprio legame con la Natura e con un messaggio di speranza per il futuro.
Una domanda cattiva: se dovessi chiederle due appuntamenti irrinunciabili per l’edizione di quest’anno del festival, lei quali sceglierebbe?
Questa è una domanda difficile, ogni appuntamento del Festival è assolutamente unico e diverso dagli altri. Per sceglierne solo due penso a due aspetti della manifestazione: il desiderio di una proposta artistica raffinata e ricercata e il desiderio di fare festa tutti insieme. Quindi, suggerisco il concerto dell’Ensemble Terra Mater a Taino il 23 luglio: sono una formazione molto giovane, ma che sta iniziando a farsi conoscere dalla critica. La loro proposta è un’attenta ricerca musicale che va dal repertorio medievale europeo al patrimonio sonoro delle diverse culture mediterranee: dal canto sefardita alla danza macedone, dalla cantiga portoghese ai ritmi della musica araba. Il tutto con l’eccezionale bravura artistica di questa formazione e in uno scenario speciale: il monumento di Giò Pomodoro nel parco di Taino, ricco di riferimenti e simboli. All’insegna del voler fare festa, scelgo l’ultimo concerto della manifestazione: la Bandakadabra, che si esibirà a Ranco l’11 agosto. Definita come “fanfara urbana” da Carlo Petrini, la formazione torinese è in grado di trascinare il pubblico con una grande energia: dalla Big Band anni Trenta, alle fanfare balcaniche, con frequenti incursione nel rocksteady. Insomma, dal silenzio del Lago ad un’esplosione di suoni e la voglia di leggerezza e gioia.
Leggendo i nomi di chi fa parte dell’Associazione Musica Libera, che organizza per l’appunto il festival Il Lago Cromatico, non si può fare a meno di notare la preminenza di professioniste e per giunta assai giovani, ossia due peculiarità che mal si conciliano con l’attuale mondo culturale, in cui la componente maschile e anagraficamente avanzata la fanno ancora da padroni. Come siete riuscite nel vostro intento, a parte una prevedibile e necessaria dose di entusiasmo per spianare montagne e diffidenza?
È vero ci sono tante figure femminili che lavorano nel Festival, anche dietro le quinte. Non è stata una scelta premeditata, ma l’incontro casuale con persone splendide che hanno capito subito l’animo del Festival e la sua energia. Le mie collaboratrici più strette sono veramente giovani e non hanno una formazione prettamente musicale, ma questo ci permette di confrontarci sulle problematiche organizzative con una visione più aperta e di sviluppare anche strategie comunicative diverse. C’è molto rispetto tra di noi e le differenze d’età non sono un ostacolo, anzi sono fonte di nuovi stimoli da sviluppare. Inoltre, tanti dei nostri artisti sono giovani. È vero, siamo circondati da un mondo culturale a maggioranza maschile, ma questo non ci intimorisce. Forse è la determinazione nell’affrontare i problemi o la maggiore empatia, tutte caratteristiche più femminili, ma finora ci hanno permesso di superare barriere e diffidenza, che a volte si percepisce. Ma, ormai, nessuno può mettere in discussione la forza di questa manifestazione e le sue solide basi. Siamo cresciuti lentamente, rispettando il territorio in cui ci troviamo, i suoi tempi e le sue esigenze. Questa attenzione e questa cura hanno reso il Festival solido, una manifestazione interessante, da scoprire e che può solo andare avanti. Ringrazio tutte le persone che ci hanno dato fiducia e ogni giorno ringrazio le persone che collaborano con me alla realizzazione di questo progetto.
Un’ultima domanda: se avesse la bacchetta magica grazie alla quale ottenere ciò che si desidera, come la userebbe a favore del festival?
La userei per proteggere il Festival. Quello che ora desidero è che il Festival possa crescere, ma mantenendo sempre la propria integrità e i propri fondamenti, senza diventare una manifestazione solo commerciale, come a volte succede per tante realtà di questo tipo. Ma andiamo con calma! Per quest’anno la bacchetta magica la uso solo per avere un temporale la sera prima di un concerto, e il cielo limpido e pulito il giorno dell’evento.
Andrea Bedetti