Scarlatti, Mozart e Liszt oltre ad essere dei mostri sacri della musica colta occidentale rappresentano altrettanti punti di riferimento ineludibili per ciò che riguarda un particolare tipo di approccio all’arte tastieristica, vale a dire la dimensione improvvisativa legata al piacere di fare musica, un binomio indissolubile che ha portato a decisivi passi in avanti, a svolte se vogliamo, all’interno del cammino evolutivo della musica clavicembalistica prima e di quella pianistica poi.
Proprio a tale binomio compositivo il pianista viennese Bernhard Parz ha voluto dedicare la sua terza registrazione solistica, pubblicata dall’etichetta discografica tedesca TYXart, intitolata emblematicamente Spirit of Improvisation, con la quale esegue cinque Sonate di Domenico Scarlatti (la K. 466 in fa minore, la K. 159 in do maggiore, la K. 98 in mi minore, la K. 101 in la maggiore e la K. 380 in mi maggiore), la Sonata in fa maggiore KV 332 e la Sonata KV 331 in la maggiore di Mozart, il Sonetto di Petrarca 104 in mi maggiore e la Parafrasi dal Rigoletto di Liszt. Brani arcinoti, sia ben chiaro, ma che proposti sotto questa particolare angolazione formano un quadro sufficientemente chiaro, e se vogliamo anche didascalico, di come l’arte dell’improvvisazione tastieristica sia giunta a piena maturazione tra il Barocco e il Romanticismo attraverso un percorso che, partendo da connotati di grazia e di eleganza (Scarlatti), attraversa una fase di giocosa riflessione (Mozart) fino ad arrivare all’esplorazione virtuosistica (Liszt).
La scelta fatta da Bernhard Parz però punta anche ad altro, ossia a fissare, a catturare come il concetto dell’improvvisazione si ricolleghi a un’idea di “musica intuitiva”, di un suono capace di raffigurare il movimento di immagini, pensieri, sensazioni scolpiti non solo nell’istante della loro esecuzione, ma che si materializzano in una ricerca compositiva ed espositiva che intende far affiorare la brillantezza che li contraddistingue sulla base di precise disposizioni armoniche (si presti dunque attenzione alla tonalità dei brani scelti). A ciò si deve aggiungere anche il tipo di lettura fatta dall’artista viennese, a partire dalla scelta dei tempi, che vanno così a fissare esteticamente in che modo Parz ha voluto rendere l’idea dell’improvvisazione e la sua progressiva costruzione.
Le due Sonate mozartiane, a tale riguardo, vengono affrontate con una leggerezza espositiva in cui la sofficità timbrica si combina con un tempo oltremodo veloce negli Allegri della KV 332, mentre il celeberrimo finale della 331, il Rondo “alla Turca”, si trasforma in una danza cristallina, un prezioso cristallo di Boemia, in cui il costrutto diviene sotto le dita del pianista viennese una gara di virtuosa speditezza tale da restituirne per l’appunto un tributo alla rappresentazione improvvisativa. Al contrario, le Sonate scarlattiane subiscono un trattamento che risulta essere un processo di riflessione, di meditazione in cui il costrutto barocco non cede alla frivolezza, alla leggiadra fine a se stessa (la famosa K.466 è il quadro di un lento trascorrere temporale velato da una dolce malinconia) visto che perfino in un brano come il K.159 il senso danzante è tutto giocato in un’esaltazione ritmicamente palpabile, mentre la K.380 lascia spazio a una raffinatezza espositiva che la rende deliziosamente eterea, come un minuetto dal sapore etico. I due brani lisztiani, infine, sulla falsariga del gioco delle maschere, fungono nella scelta di Parz come un esempio da Giano bifronte, con l’elemento spirituale (il Sonetto di Petrarca) che si stempera nello sfacciato virtuosismo della Parafrasi verdiana; nel Sonetto entra in gioco un sapiente gioco di micro pause, di respiri interrotti come se fossero pensieri improvvisi che si affacciano nella dimensione trasognata di un’improvvisazione che cerca di essere subito forma, materia volatile che diviene scultura esecutiva, mentre la Parafrasi non cede alla tentazione di trasformarsi in una fittizia messinscena parodistica ma che, attraverso la sua monumentale costruzione armonica e timbrica, assume nella lettura del pianista austriaco le connotazioni di un’improvvisazione immaginata fuggevolmente, destinata ad essere una visione ascensionale, capace di librarsi sopra la tastiera, inzuppata di sensazioni, di emozioni che dal palcoscenico teatrale si rifugiano nella cassa armonica del pianoforte.
La presa del suono effettuata da Thomas Egger risulta essere rispettosa del suono creato dallo Steinway D-274 utilizzato da Bernhard Parz; la dinamica è granitica, energica, ma anche educata e rotonda, così come il palcoscenico sonoro ricostruisce lo strumento al centro dei diffusori con una riproposizione alquanto ravvicinata ma non fastidiosa. L’equilibrio tonale mostra correttezza nella riproduzione dei registri della tastiera e il dettaglio è pieno di nero intorno allo strumento, tale da garantirne un’indubbia matericità.
Andrea Bedetti
Mozart-Scarlatti-Liszt – The Spirit of Improvisation
Bernhard Parz (pianoforte)
CD TYXart TXA19141
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5