Il violinista e direttore orchestrale Giorgio Sasso, con l’Insieme Strumentale di Roma, ha registrato per la Stradivarius le Sonate a Due e Tre op. II del musicista lombardo. Ne abbiamo parlato con lo stesso artista che ci aiuta a capire come mai questo compositore non sia ancora conosciuto come merita dal grande pubblico
Maestro Sasso, quali sono stati i motivi che hanno spinto lei e l’Insieme Strumentale di Roma a registrare le Sonate a Due e Tre op. II di Giovanni Legrenzi?
Come sempre siamo stati guidati dalla consapevolezza di essere al cospetto di musica, molto più che interessante, bellissima. Ciò detto man mano che studiavamo prima e registravamo poi quest’opera seconda, siamo stati stupiti, noi pure, dal valore assoluto di queste diciassette sonate.
Sebbene non sia conosciuto sufficientemente dal grande pubblico, il compositore di Clusone vanta una capacità di scrittura e di “narrazione musicale” che è difficile da individuare in altri musicisti, non solo italiani, dell’epoca. Quali sono le ragioni, a suo modo di vedere, che hanno portato Giovanni Legrenzi ai margini della notorietà, impedendo un’auspicata diffusione delle sue opere?
È sempre difficile rispondere a queste domande. Diciamo che da una parte non ha giovato a Legrenzi il fatto di aver operato in un’epoca che è quella di giganti, per rimanere in Italia, come Monteverdi, Corelli e Vivaldi. Dall’altra, il criterio storiografico secondo il quale tutto ciò che precedette la fioritura del tardo barocco europeo dovesse essere considerato propedeutico a quest’ultimo e non valutato in sé per sè, non ha aiutato compositori come Legrenzi a guadagnarsi il posto che certamente avrebbe meritato nella storia della musica italiana.
Se dovesse spiegare ai non addetti ai lavori in che cosa di differenzia la visione musicale di Giovanni Legrenzi rispetto a quella degli altri musicisti della sua epoca, che cosa direbbe?
Quello che più ha colpito me e gli altri musicisti dell’Insieme Strumentale di Roma che hanno partecipato alla registrazione di questo disco (Paolo Perrone, secondo violino, Diego Roncalli, violoncello e Marco Silvi, cembalo e organo), è stata la felicità con la quale Legrenzi è riuscito a tenere insieme modalità e tonalità senza che mai l’una disturbasse o fosse subalterna all’altra.
Quali altri compositori del Seicento italiano, nel nostro presente, vivono la stessa situazione di anonimato di Giovanni Legrenzi? Ci sono ancora riscoperte da fare in tal senso?
Certamente sì. Basterebbe pensare a musicisti come Dario Castello, come Alessandro Melani, come il più tardo Francesco Durante. Non credo però che il problema sia tanto quello di scoprire questi e altri personaggi, quanto quello di avere il coraggio di eseguire (meglio sarebbe dire di far eseguire) la loro musica anche fuori dai festival di nicchia.
Quali sono, Maestro Sasso, i prossimi suoi impegni e quelli dell’Insieme Strumentale di Roma in campo discografico? Ci può anticipare qualcosa?
Il prossimo disco dell’Insieme Strumentale di Roma, già in fase di post-produzione, sarà dedicato ad Antonio Vivaldi, del quale abbiamo registrato tre cantate a voce sola, strumenti e continuo (Vengo a voi, luci adorate, Lungi dal vago volto, Che giova il sospirar, povero core) splendide e, a mio modesto parere, sottovalutate, insieme con il meraviglioso soprano Arianna Vendittelli, e quattro sonate per violino e basso continuo; magnifiche anch’esse oltre che peculiari.
Andrea Bedetti