Il pianista e produttore romano Alessandro Stella nel 2020, all’inizio del lockdown, ha fondato questa etichetta discografica basata sulla filosofia dell’extended play, un formato che vanta una durata minore rispetto al comune CD, ma che permette di confezionare progetti e titoli particolarmente mirati nel campo della musica pianistica, cameristica, jazz e contemporanea. Vediamo quali sono le peculiarità di questa originale label italiana

In un’epoca tentata, blandita, sedotta dalla dissoluzione della bellezza artistica in ossequio al culto della mercificazione esistenziale e del dio denaro, fondare una nuova etichetta discografica dedicata alla musica colta vuol dire fondamentalmente due cose: o si è dotati di un immenso coraggio oppure si è dei grandi incoscienti. Ma ci può essere, in alcuni casi, anche una cosiddetta “terza via”, quella che porta il nome di passione, di amore assoluto verso il mondo della musica riprodotta di altissima qualità.

Reputo, dopo aver preso atto della filosofia che la incarna e dopo aver ascoltato quasi tutti i lavori da essa pubblicati, che l’etichetta discografica italiana Extended Place, fondata nel 2020 dal pianista e produttore Alessandro Stella (leggi qui la sua intervista), appartenga di fatto a questa terza categoria per via di un’indubbia originalità e di una qualità artistica e tecnica dei suoi dischi, originalità e qualità che possono essere figlie solo di una passione che è prima di tutto un grande atto d’amore nei confronti della Musica.

Il pianista e produttore discografico romano Alessandro Stella (© Daniele Coluccini).

Extended Place, con base a Roma, prende corpo, almeno a livello progettuale, nel 2019, ma è soltanto all’inizio dell’anno successivo, in concomitanza con lo sciagurato e deprimente lungo periodo del lockdown, che il tutto comincia a realizzarsi. Una realizzazione che si è concretizzata in tempi rapidi anche perché Alessandro Stella, oltre ad essere un raffinato e preparatissimo pianista, ha avuto fin dall’adolescenza il pallino per le tecniche di registrazione sonora, impadronendosi ben presto dei segreti del mestiere (da parte mia posso confermare che un tecnico del suono, quando è anche musicista, vanta indubbiamente una sensibilità e una concezione del suono riprodotto maggiori rispetto a chi possiede unicamente la technè di ciò che fa, poiché ha la possibilità di osservare e gestire il suono da dentro). Questa duplice peculiarità professionale ha così permesso al musicista romano di registrare dapprima con celebri etichette, come la Warner Classics e la Stradivarius, e poi con delle interessanti e originali label indipendenti, quali la Kha e la Continuo Records, con la possibilità di essere coinvolto non solo in qualità di interprete, ma di ricoprire anche un ruolo attivo nella scelta stessa del repertorio, nell’impaginazione dei programmi, con la possibilità di seguire tutta la “filiera” dall’inizio fino alla fine del lavoro discografico. Ciò gli ha dato modo, quando si è sentito pronto di poter creare una sua realtà per realizzare alcune delle idee, artistiche e produttive, maturate nel tempo, di fare affidamento su quel prezioso e indispensabile bagaglio di esperienza che aveva accumulato in precedenza.

Inoltre, al di là delle esperienze dirette e delle persone con cui aveva lavorato e collaborato negli anni, come ha ammesso lo stesso Alessandro Stella, sono state molte le figure e le realtà che lo hanno ispirato nel decidersi a creare la propria etichetta discografica, da editori leggendari come Roberto Calasso, il fondatore della casa editrice Adelphi, a produttori come Manfred Eicher, deus ex machina della ECM Records, oltre a prendere spunto da quelle label create da molte delle più importanti orchestre del mondo, Berliner Philharmoniker in testa, per pubblicare le proprie registrazione dal vivo, e case discografiche fondate da grandi artisti come Jordi Savall, John Eliot Gardiner, Barbara Hendricks e Katia & Marielle Labèque. Un aspetto fondamentale, però, come si può comprendere guardando al catalogo, al tipo di programmi scelti, ai vari artisti coinvolti, è che Extended Place si nutre artisticamente e discograficamente di una specifica filosofia, in quanto non è stata fondata da un artista, vale a dire lo stesso Alessandro Stella, per pubblicare i propri lavori, ma piuttosto uno spazio ideale per dare vita anche a progetti, a idee e a collaborazioni che lo vedono esclusivamente coinvolto come produttore.

Ancora Alessandro Stella con la cantante jazz Simona Severini (© Daniele Coluccini).

Entrando nello specifico, a partire dal 2021, Extended Place ha prodotto quasi trenta lavori, di cui al momento ne sono stati pubblicati una decina, più numerosi singoli, differenziando la loro pubblicazione attraverso specifiche collane, a cominciare dalla EP Events, per le produzioni legate a particolari progetti, spesso live, e spesso in collaborazione con altre realtà, come nel caso del MAO (Museo d’Arte Orientale di Torino) o di un lavoro appena pubblicato in collaborazione con la Reggia di Venaria. Un’altra collana, EP Echoes, è nata con il preciso scopo di ospitare alcuni titoli a cui Stella è personalmente legato o che ama in modo particolare, e che originariamente erano stati pubblicati per altre case discografiche. Tutti questi progetti, per trovare la loro effettiva produzione, devono però sottostare, e qui sta un altro aspetto peculiare della filosofia discografica della Extended Place, a un preciso must, ossia quello di dover rientrare rigorosamente nel cosiddetto EP, ossia l’extended play (una curiosità: è stato proprio questo acronimo a suggerire ad Alessandro Stella il nome dell’etichetta), in quanto considerato formato ideale per concepire e realizzare i lavori della casa discografica romana.

Questa scelta ha un preciso perché: nel corso del tempo, il pianista e produttore, ha avuto modo di raccogliere molte idee di programmi che avevano spesso una caratteristica comune, quella di essere progetti “concentrati”, nei quali conservare unicamente ciò che riteneva davvero “necessario”. All’inizio, tali programmi potevano definirsi conclusi quando Stella costruiva, come di consueto in un progetto discografico, una tracklist di circa un’ora che potesse compiutamente “fissarli”, finché non ha realizzato che non era davvero necessario rispettare tali canoni temporali, ma che si poteva crearli e produrli attraverso il formato più compatto e agile dell’EP (ricordo che, a livello discografico, l’extended play all’origine definiva il vinile a 45 giri e poi, per estensione, un prodotto discografico più breve rispetto a un CD classico, con la presenza di un numero minore di brani e con una durata complessiva che non supera i trenta minuti).

A tale proposito, Alessandro Stella spiega meglio tale scelta discografica: «Pur trovando nell’EP un formato ideale per la maggior parte delle mie idee, infatti, alla base di tutto c’è la volontà di non costringere le idee in spazi limitati. In altre parole, è il contenuto che crea la forma e “decide” la durata, e non viceversa: credo non abbia (più) senso oggi riempire un disco necessariamente fino a settantaquattro minuti perché così fu deciso nel momento in cui venne creato il CD. Quando frequentiamo un album, dopo ripetuti ascolti, ci sono sempre alcune tracce che amiamo più di altre, che ci parlano più di altre. Il mio obiettivo è quello di fare, di ogni EP che produco, un disco di tracce preferite».

Da queste parole, si può facilmente comprendere come ogni lavoro di Extended Place venga pensato come un progetto originale, in cui lasciare spazio soltanto a ciò che è necessario e indispensabile, secondo un criterio di concentrazione e coerenza, proprio in previsione che il tutto verrà fissato nello spazio concettuale e temporale di un extended play. Anche per questo, Alessandro Stella ha ribadito più volte che ogni progetto nasce da una storia, un’intuizione, un dettaglio, e viene sviluppato insieme con l’artista per renderlo unico. Inoltre, da un punto di vista tecnico, ciascuna fase della produzione del master, dalla scelta del luogo alla registrazione, dall’editing al mastering, è curata nei dettagli, in particolare grazie alla partnership con Abbey Rocchi Studios e con l’ingegnere del suono Tommaso Cancellieri, senza contare che anche l’aspetto grafico ricopre una grande importanza nei lavori della casa discografica romana. Per questo, la creazione del logo, delle cover e degli artwork delle produzioni di Extended Place è stata affidata al grande artista cubano Javier G. Borbolla.

La cover dell'intrigante EP Happy Birthday Variations del compositore tedesco Peter Heidrich.

Ovviamente, ho avuto modo di ascoltare diverse produzioni della EP e per sincerarmi della qualità tecnica della cattura del suono, non ho valutato solo il prodotto finale, ossia gli extended play, ma anche i relativi titoli nel formato liquido e, in alcuni casi, i master. La prima considerazione da fare è nella scelta del catalogo in cui trovano posto progetti di musica classica, di musica jazz e musica contemporanea elettronica. Ovviamente, la scelta di concentrare le proposte musicali in un formato temporalmente limitato permette di proporre dei progetti anche assai particolari: un esempio, a tale proposito, è quello apparentemente leggero, easy listening dato dall’extended play dalla durata di poco più di tredici minuti dedicato al tema anglosassone, conosciuto da tutti, dell’Happy Birthday, che qui però viene proposto in una versione con variazioni composta dal musicista tedesco Peter Heidrich, proposta per pianoforte a quattro mani dallo stesso Alessandro Stella e Marcos Madrigal. Proprio partendo dal trito e ritrito ritornello d’augurio, questo tema viene modificato, ma sarebbe più corretto affermare “declinato” in una serie di variazioni “alla maniera di”, ossia reso attraverso modalità e sensibilità compositive di autori celebri come Bach, Mozart, Beethoven, Brahms, Wagner e altri, così come attraverso precisi stili musicali, come quello viennese e ungherese, il ragtime, il tango, confezionando una composizione in cui avviene una sorta di procedimento “dalle stalle alle stelle”, nobilitando, arricchendo il banale tema d’augurio in un costrutto “multiverso”, capace di sorprendere e intrigare sempre più l’ascoltatore.

Un lavoro che colpisce per l’intelligenza e per la raffinatezza del progetto è quello intitolato Il cornetto del Doge - Music in the Venice Renaissance, che vede il duo Seicento Stravagante, formato da David Brutti al cornetto e Nicola Lamon all’organo eseguire splendidi brani di Andrea & Giovanni Gabrieli, Adrian Willaert, Jacob Clemens non Papa e Gioseffo Guami, così come quello dedicato a Georg Friedrich Händel, dal titolo Lucrezia, con uno dei maggiori soprani barocchi della scena internazionale, Gemma Bertagnolli, interpretare, con Giovanni Togni al clavicembalo e Marco Frezzato al violoncello, la cantata Lucrezia, capolavoro del suo genere, scritta dal ventunenne Sassone a Firenze nel 1707, il tipico personaggio, così caro a Händel, che va a incarnare la consueta successione di affetti contrastanti sui quali imbastire una serie di arie ricche di sfumature musicali e psicologiche. Lucrezia,  moglie di Collatino, sedotta biecamente da Sesto Tarquinio, invoca l’ira dei Numi sul capo del figlio di Tarquinio il Superbo, e sceglie poi il suicidio per salvaguardare il proprio onore e quello della famiglia.

L'EP dedicato a brani vocali di Händel, cantati dal famoso soprano barocco Gemma Bertagnolli.

È ovvio che, per motivi produttivi e per la possibilità di plasmare meglio i programmi discografici, la musica pianistica e quella cameristica rivestano una primaria importanza nella filosofia della EP. Per ciò che riguarda la musica per solo pianoforte da ricordare il disco che Enrico Pieranunzi ha dedicato a brani di musicale di colonne cinematografiche composti da André Previn, ancora troppo poco conosciuto e apprezzato come compositore a vantaggio della sua immagine di direttore d’orchestra, mentre una menzione particolare va al progetto in cui ancora Alessandro Stella esegue le Quattro bagatelle, op. 220 di Valentin Silvestrov, che il grande compositore ucraino ha dedicato proprio al pianista romano. Per quanto riguarda la musica cameristica, due titoli su tutti: Nordic Suite, con brani per violino e pianoforte di autori scandinavi quali Christian Sinding, Jean Sibelius, Sveinbjörn Sveinbjörnsson, Wilhelm Peterson-Berger e Fini Henriques, con Ivos Margoni al violino e Alessandro Stella al pianoforte e, soprattutto, un lavoro decisamente affascinante e, per certi versi, “nostalgico”, quale La Vie en Blanc, in cui il fisarmonicista Pietro Roffi e Alessandro Stella presentano in chiave squisitamente “parigina” le celeberrime tre Gymnopédies e le sette Gnossiennespianistiche di Erik Satie, la cui aggiunta dell’accordéon aggiunge una coinvolgente patina di pacato mistero e di seducente mestizia esistenziale.

Una coraggiosa attenzione è data, come già accennato, anche alla musica contemporanea elettronica con due titoli, entrambi con brani del musicista romano Vittorio Montalti, il primo dal titolo Il grande vuoto, che vede anche la presenza della pianista Gloria Campaner, e il secondo, appena pubblicato, Dialoghi con la materia, con la voce di Marion Grange, il violoncello di Claudio Pasceri e i live electronics dello stesso Vittorio Montalti. Per il genere jazz ho avuto modo di ascoltare un progetto dedicato a cinque brani composti dal grande sassofonista americano Wayne Shorter ed eseguiti dal No Trio for Cats, formato da Andrea Saffirio al pianoforte, Andrea Colella al contrabbasso e Matteo Bultrini alla batteria.

La raffinata cover in stile belle époque dell'EP La Vie en Blanc, con le affascinanti pagine pianistiche di Erik Satie, declinate al suono dell'accordéon.

Il denominatore comune che contraddistingue tutti questi dischi presi in esame a livello di ascolto è quello di una grande accuratezza interpretativa, la quale va al di là delle doti tecniche ed espressive dei vari artisti coinvolti, in quanto, a mio avviso, è un altro elemento ad aver permesso la caratura di queste varie letture esecutive, ossia quello che riguarda il coinvolgimento emotivo, la capacità di dare vita a un’aura di irradiazione sonora la cui essenza è nell’aver compreso il senso della progettualità, una vera e propria “complicità” artistica tale da andare oltre al semplice e “professionale” clichédell’atto interpretativo. Detto in soldoni, questa è la manifestazione veritiera e incontrovertibile data dalla passione di ciò che si fa.

Un'altra creazione artistica dell'illustratore cubano Javier G. Borbolla, dedicata all'EP con i Preludes chitarristici di Manuel Ponce.

Per quanto riguarda la qualità tecnica di queste registrazioni prese in esame, si può affermare che il lavoro di Tommaso Cancellieri è di buona/ottima fattura. Ciò che colpisce, di primo acchito, è il parametro della dinamica, la quale è sempre assai energica, veloce nei transienti e dotata di una piacevolissima naturalezza (reputo, dall’ascolto, che il procedimento della microfonatura venga effettuato con una cura certosina, anche per i motivi che sto per descrivere). Inoltre, il palcoscenico sonoro ha quasi sempre una notevolissima capacità di ricostruire interpreti e strumenti con un ottimo fuoco che li materializza stabilmente al centro dei diffusori e a una discreta profondità, senza però penalizzare l’ampiezza e l’altezza del suono, che si irradia coinvolgendo maggiormente l’attenzione dell’ascoltatore. Proprio la perizia data dalla microfonatura e che permette di migliorare la ricostruzione del palcoscenico sonoro si può notarla in un altro disco, quello che riguarda gli (In)complete Preludes per sola chitarra del compositore messicano Manuel Ponce, eseguiti dal chitarrista Giacomo Palazzesi. Qui, la dinamica è talmente esplosiva che la presenza materica dello strumento e dell’artista, per ciò che riguarda il parametro del dettaglio, è oltremodo tattile, realmente fisica, con una ricostruzione squisitamente tridimensionale, palpabile, anche grazie a quantità abbondanti di nero che circondano entrambi. Dall’ascolto complessivo, non ho notato difetti o scorrettezze per quanto riguarda l’equilibrio tonale, con una precisa separazione tra il registro medio-grave e quello acuto, anche quando è presente la voce, come quella del soprano Gemma Bertagnolli, mai sovrapposta agli strumenti che la accompagnavano.

Andrea Bedetti

Sito web: https://www.extendedplace.com/