Disco del mese di Agosto 2024 

Disco di rara raffinatezza, per palati fini, quello che il soprano giordano naturalizzato americano Nadine Balbeisi e il violista da gamba spagnolo Fernando Marín hanno registrato per la Da Vinci Classics dal titolo A Musical Tour. 20 years of Cantar alla Viola, che presenta brani del rinascimento e del primo barocco dedicati al canto accompagnato dalla vihuela de arco, dalla viola rinascimentale e dalla cosiddetta lyra viol (per la precisione Marín si avvale rispettivamente di un modello spagnolo del 1550 costruito da Javier Martínez nel 2005, di un modello di Sylvestro Ganassi del 1542 e di un modello di Franz Zacher del 1693, questi ultimi due realizzati dallo stesso interprete, musicologo e liutaio di Alicante nel 2022 e nel 2021).

Lo scopo di questa registrazione è di presentare un’affascinante silloge di quel repertorio musicale che si venne a creare dal cuore del rinascimento fino agli albori del barocco, il periodo preso in esame va esattamente dalla prima metà del XVI secolo fino ai primi decenni di quello successivo, offrendo all’ascolto brani di compositori tedeschi, spagnoli, italiani e inglesi. Ma, al di là della bellezza di questi pezzi, le peculiarità di questo disco e del suo relativo ascolto si fondano su un altro aspetto che appartiene alla storia della musica antica e che riguarda il rapporto e la trasmissione di dati, informazioni, partiture, influssi che coinvolsero i musicisti europei in quel preciso periodo temporale; incontri e scambi che furono fissati e descritti anche nei trattati musicali dell’epoca, fornendo così una preziosa e indispensabile testimonianza di come la musica dal Cinquecento fino ai primissimi decenni del Seicento fu soprattutto fonte di reciproca scoperta.

La cover del CD Da Vinci Classics dedicato alla musica rinascimentale e del primo barocco al canto accompagnato da uno strumento ad arco.

Nelle note di accompagnamento al disco, curate dallo stesso Fernando Marín, si fa un preciso riferimento accostativo tra lo sviluppo della pratica musicale dell’epoca dato dalla veicolazione di idee e influssi all’interno del vecchio continente e di come la trattatistica coeva sia stata oltremodo utile per poter ricostruire tale rapporto ineludibile. L’interprete e musicologo spagnolo evidenzia giustamente come, nel corso del XV secolo, i musicisti delle regioni franco-fiamminghe fecero conoscere le loro composizioni polifoniche e le loro abilità musicali più raffinate in altri Paesi come l’Italia o la Spagna, anche se l’attuale conoscenza delle loro composizioni è forzatamente limitata, per il semplice fatto che gli strumentisti del 1400 suonavano a memoria oppure improvvisavano al momento, motivo per cui raramente lasciavano spartiti scritti. Ed è qui che vengono in soccorso la trattatistica e la cronistica musicali dell’epoca, come ricorda Fernando Marín: ad esempio, viene citata la corte di Borgogna, un vero e proprio modello dell’arte musicale per il resto d’Europa, che accolse diversi eccelsi strumentisti provenienti da altri Paesi, come nel caso dei virtuosi liutisti spagnoli Johannes e Carolus Fernandez, con i loro nomi che vengono menzionati nella cronaca di un banchetto tenuto dal duca di Borgogna nel 1454. Non per nulla, l’influsso che gli strumentisti spagnoli ebbero sulle corti dell’Europa centrale viene confermato dal teorico musicale e compositore fiammingo Johannes Tinctoris, il quale nel suo trattato De Inventione et usu Musicae afferma che sebbene la viola ad arco (viola cum arculo) fosse un’invenzione spagnola, ad esaltarla erano stati soprattutto i tedeschi, noti ovunque come esperti nel suonare questo tipo di strumento ad arco.

Ritratto di Johannes Tinctoris presente nel manoscritto 835 conservato nella biblioteca universitaria di Valencia.

Anche per via di questa capillare diffusione della vihuela de arco, durante l’umanesimo rinascimentale divenne consueto accompagnare il canto con strumenti a corda e ad arco. I musicisti, imbevuti di cultura classica, cercarono attraverso la musica di far rivivere i fasti aulici dell’antica Grecia, dunque accompagnando i versi dei canti con le lire e le viole ad arco, in modo da allietare i banchetti e i convivi nelle corti italiane dei duchi di Ferrara e di Milano o delle famiglie Medici ed Este. Una pratica, questa, che si tradusse ben presto in un preciso modus vivendi per ogni uomo di potere e di cultura, al punto che Baldassarre Castiglione nel Libro del Cortegiano (stampato a Venezia nel 1528) raccomandò di accompagnare la voce con una viola (con il cantante che cantava o recitava una voce del madrigale, mentre le altre voci venivano suonate dallo strumento). Rincarando ulteriormente la dose, a detta del letterato e diplomatico lombardo, di tutti gli stili musicali che un cortigiano avrebbe potuto praticare il migliore era quello di cantare con una viola (il cosiddetto “cantare alla viola”), poiché in questo modo si sarebbe potuto apprezzare «tutta la dolcezza» che una voce solista può esprimere. Questo modo di donare dolcezza alla voce poteva essere esaltato dalla presenza di un solo cantante e non di molti, evidenziando così l’importanza di un canto monodico al posto di quello polifonico, giungendo al punto che la voce stessa, accompagnata da uno strumento ad arco, più che cantare avrebbe dovuto «recitare il canto».

Il frontespizio del Libro del Cortigiano di Baldassarre Castiglione nell'edizione del 1559.

Questa particolarissima pratica di un canto “recitato” e accompagnato da un solo strumento ad arco fu presa in esame dal già citato musicista e liutaio veneziano Sylvestro Ganassi, il quale nel suo trattato Lettione seconda pur della prattica di sonare il violone d’arco da tasti (stampato a Venezia nel 1553) menziona due esecutori dell’epoca, il tiburtino Juliano Buonaugurio e il fiorentino Lodovico Lasagnino, quali interpreti molto abili in questo modo di suonare. Le peculiarità di tale pratica furono affinate in modo che si potesse “aggiungere o togliere” per permettere alla struttura compositiva di un madrigale di adattarsi alla pratica della viola. Per questo, Ganassi nelle pagine del trattato spiega che se si avesse voluto eseguire una composizione a quattro o cinque voci, suonando quattro parti e cantando la quinta, ciò sarebbe stato possibile utilizzando, da parte del violista, un archetto più lungo di uno ordinario e dotato di crini che «possono essere meno tesi», in modo da adattarsi più facilmente alle corde adibite per le consonanze.

A ciò si deve aggiungere un altro aspetto di indubbia importanza presente nella musica rinascimentale e del primo barocco, che riguarda l’uso della retorica e dell’espressione degli affetti contenute nel testo. Un aspetto del quale Nadine Balbeisi e Fernando Marín hanno tenuto in grandissima considerazione nel loro disco, ispirandosi fedelmente alle indicazioni fornite da Sylvestro Ganassi in un altro suo trattato, la Regola Rubertina, pubblicato sempre a Venezia nel 1542, focalizzato su come imitare la voce umana con uno strumento ad arco. Queste raccomandazioni si basano sul fatto che, a seconda del significato del testo e a seconda che la musica sia allegra o triste, si dovrebbe colpire l’archetto alternando fortee piano o in modo «mediocre» in quest’ultimo caso, come specifica testualmente il musicista e liutaio veneziano. Per rendere più comprensibile il suo concetto, Sylvestro Ganassi paragona il suonatore di viola a un oratore che, «con l’audacia dell’esclamazione, dei gesti e dei movimenti», deve sempre cercare di imitare il riso, il pianto e tutti gli «affetti immessi nella musica attraverso le parole» presenti nel testo. Questo significa, in termini pratici, per creare l’effetto di una musica triste o «afflitta», che si deve muovere l’archetto in modo legato, perfino scuotendolo, e facendo sì che la mano sinistra possa « fare un movimento e dare spirito» allo strumento relativamente a ciò che la musica richiede. Ganassi avverte che, così come fa un oratore, il suonatore «non suonerà musica allegra con un archetto legato e movimenti simili appartenenti alla musica triste» ma, al contrario, «la musica allegra dovrebbe essere colpita dall’archetto in un modo proprio di tale musica». Queste raccomandazioni, basate sul progressivo congiungersi dell’esecuzione musicale e delle emozioni da essa provocati e che si fisserà compiutamente decenni dopo con l’Affektenlehre, furono evidenziate anche da Diego Ortíz nel suo Trattado de Glosas, pubblicato a Roma nel 1553, in cui si spiega come suonare «dolcemente» e cambiare il suono in base all’umore suggerito dalla musica.

Il frontespizio della prima edizione del Trattado de Glosas di Diego Ortíz, con il ritratto del compositore spagnolo.

Forti di una collaborazione ormai ventennale, Nadine Balbeisi e Fernando Marín hanno infatti dato vita a Colonia nel 2004 al duo Cantar alla Viola che studia e interpreta filologicamente la musica rinascimentale e barocca, il soprano giordano e il gambista spagnolo hanno così registrato il disco qui in esame, presentando brani arrangiati per voce e viola da gamba ad arco, tra cui madrigali e canzoni di compositori italiani come Costanzo Festa, Settimia e Francesca Caccini, villancicos degli spagnoli Francisco de Peñalosa e Juan Blas de Castro, canzoni e arie inglesi di Robert Jones, William Corkine e Henry Purcell, e arie tedesche di Jacob Kremberg con intavolatura per viola da gamba. Per comprendere meglio l’importanza e la bellezza di questa registrazione, è bene ricordare alcuni aspetti sui quali hanno concentrato la loro attenzione interpretativa; prima di tutto, la cura che è stata adottata per proporre un canto capace di rispettare la corretta pronuncia storica di quell’epoca (Nadine Balbeisi canta in italiano, spagnolo, inglese e tedesco), oltre a rappresentare l’espressione degli affetti e la retorica musicale. Ovviamente, visto che si tratta di una lettura squisitamente filologica, gli strumenti ad arco utilizzati da Fernando Marín sono dotati da corde in budello naturale, il che ha consentito di ottenere un maggior equilibrio tra il timbro dello strumento musicale e quello della voce.

Sulla base di tali prerogative, il duo Cantar alla Viola ha così confezionato un disco che rappresenta un vero e proprio excursusmusicale, un tour capace di attraversare buona parte del vecchio continente attraverso ventisette brani, di cui quattro strumentali. Il primo aspetto da evidenziare è come la voce sopranile e l’accompagnamento fornito, di volta in volta, dagli strumenti ad arco riescano sempre a fornire un risultato musicale perfettamente equilibrato; ciò non viene garantito solo dall’ottimizzazione delle linee polifoniche tra canto e strumento, ma anche da come Nadine Balbeisi e Fernando Marín riescono a ottenerlo. E questo significa soprattutto la capacità di plasmare sfumature timbriche in grado di avviluppare l’ascoltatore in una dimensione sonora altamente ipnotizzante (si ascolti il brano El triste que nunca os vio di Francisco de Peñalosa e, ancora, il meraviglioso Se mai vedete amanti di Costanzo Festa) attraverso una certosina ricostruzione “teatrale” del testo, basato non solo su una pronuncia storicamente fedele, ma anche per mezzo di un’aderenza espressiva giocata su minime nuances che per essere colte necessitano ovviamente di un ascolto “attivo” e compartecipe (peccato, a tale proposito, che il disco non metta a disposizione, nemmeno tramite un apposito link, i testi dei brani).

Il soprano Nadine Balbeisi e il liutista Fernando Marín, artefici di questa registrazione (© Oriol Inglada).

Se il duo Cantar alla Viola si è posto l’obiettivo di mostrare come la musica antica fosse in grado di saper esprimere sentimenti ed emozioni tramite una condensazione sonora ridotta ai minimi termini, si può tranquillamente affermare che è stato centrato in pieno. L’affiatamento artistico tra i due interpreti è davvero stupefacente, un orologio svizzero il cui meccanismo è superbamente oliato, uno spettacolo di reciproco sostegno che diviene, di brano in brano, materia di arricchimento, di sviluppo, di ricerca stilistica, di rappresentazione esistenziale di un’epoca nella quale l’accezione alle emozioni era espressione di gioiosa o amara nobiltà. Da parte sua, Nadine Balbeisi non solo riesce a esprimere un canto totalmente efficace e convincente in quattro lingue diverse, ma anche a trasmettere in suono le sfaccettature immanenti del soggetto incarnato nel canto, il tutto con una purezza timbrica che non perde un colpo e con una tenuta della voce, questo soprattutto nel registro acuto, che è una lama di luce abbagliante. Che dire, poi, di Fernando Marín? Che è in assoluto uno dei maggiori specialisti al mondo del repertorio della viola da gamba? Che colpisce il rigore del suo approccio filologico e la passione del suo modo di rendere, viaggiando nel tempo, aspetti del meraviglioso calderone rappresentato dalla musica antica? Possiamo solo aggiungere che il suo accompagnare è in realtà un “manifestare”, una guida ineludibile sulla quale il soprano naturalizzato americano adagia il suo canto vaporoso e setoso. Per coloro che amano la produzione musicale di un remoto passato e che considerano l’arte sonora fonte di una bellezza immutabile.

Disco del mese di agosto di MusicVoice.

Lo stesso  Fernando Marín si è occupato della presa del suono, mentre Miquel Ángel Barberá ha curato il mastering, con risultati altrettanto confortanti. La dinamica vanta quella indispensabile pulizia per poter restituire la purezza del canto e la delicatezza dell’accompagnamento strumentale, oltre a non presentare colori artificiosi. La ricostruzione del palcoscenico sonoro vede i due artisti posti a una più che discreta profondità e con un debito scontorno che esalta la messa a fuoco di entrambi. Allo stesso modo, sia l’equilibrio tonale, sia il dettaglio si pongono a livelli di assoluta eccellenza; il primo non presenta sbavature di sorta nel proporre il registro della voce e quello strumentale, in quanto sia l’uno che l’altro sono sempre riconoscibili per via di un’eccelsa focalizzazione, mentre il secondo non solo, grazie a confortanti dosi di nero, irradia un’ottima matericità, ma permette anche un ascolto per nulla faticoso, dando modo di godere appieno gli oltre sessanta minuti di durata del CD.

Andrea Bedetti

AA.VV. – A Musical Tour from Renaissance to Baroque. 20 Years of Cantar alla Viola

Nadine Balbeisi (soprano) - Fernando Marín (vihuela de arco, viola rinascimentale, lyra viol)

CD Da Vinci Classics C00888

Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 4,5/5