La domanda è vecchia di secoli e la risposta che ne deriverà non sarà mai definitiva: la musica è “espressione” o “forma”? Ossia, la musica “racconta”, descrive un qualcosa con i suoni oppure è puramente una forma astratta che non è possibile decodificare con le immagini, le similitudini e le proiezioni della mente umana? Questa domanda accompagna l’uomo occidentale fin dall’antichità, quando alcuni filosofi greci (Platone tra tutti) iniziarono a porsela, dando il via a un dibattito e a un’infinità di speculazioni estetiche, filosofiche e musicologiche che sono giunte fino ai nostri giorni. Ma qualunque sia la possibile risposta, capace di soddisfare universalmente l’una o l’altra tesi, è indubbio che la Symphonie fantastique, composta nei primi mesi del 1830 da Hector Berlioz rappresenta il trionfo dell’espressione e del racconto, capolavoro assoluto di quel genere, esaltato da un certo Romanticismo musicale, che porta il nome di “musica a programma”.
Musica da ascoltare come se si leggesse un romanzo o si guardasse un film, con il compositore francese che, dopo la prima esecuzione, avvenuta a Parigi, nella Salle du Conservatoire, il 5 dicembre di quello stesso anno, per agevolarne la comprensione da parte del pubblico, decise di scrivere un programma che riassumeva quanto gli ascoltatori avrebbero ascoltato (e immaginato) nelle cinque parti che la compongono:
«Un giovane musicista di sensibilità morbosa e di immaginazione ardente, in un eccesso di disperazione amorosa, si avvelena con l’oppio. Ma la dose è troppo debole per dargli la morte e lo fa cadere in un sonno pesante, accompagnato da strane visioni, durante il quale le sensazioni del suo cervello malato si traducono in immagini musicali. La donna amata è divenuta per lui una melodia che, come un’idea fissa, ritrova e riode ovunque.
Sogni-Passioni – Egli ricorda il malessere dell’anima, l’onda di passioni, la malinconia e la gioia senza perché, provate prima d’incontrare la donna che ama; ricorda l’amore vulcanico ch’ella gli ispirò al primo sguardo, l’angoscia delirante, la gelosia furiosa, i ritorni di tenerezza, i conforti…
Un ballo – Egli ritrova l’amata in una festa da ballo, tra il gaio tumulto delle coppie danzanti…
Scena nei campi – Una sera d’estate, vagando tra i campi, egli ascolta due pastori che cantano una nenia alpina. Questo dialogo pastorale, unito al lieve mormorio degli alberi scossi dal vento, contribuisce a rendere al suo cuore una strana calma e a rivestire le sue idee d’un colore più sereno. L’idea fissa riappare, il suo cuore si stringe, presentimenti dolorosi lo turbano… Uno dei pastori riprende la serena melodia, ma l’altro non risponde più. È il tramonto. Un lontano brontolio di tuono. Solitudine. Silenzio…
Marcia al supplizio – Egli sogna d’aver ucciso la donna amata, d’essere stato condannato a morte e si vede condotto al patibolo. Il corteo avanza al suono d’una marcia ora cupa e feroce, ora brillante e solenne: un sordo rumore di passi succede senza transizione agli scoppi più fragorosi. Alla fine riappare l’idea fissa, come un ultimo rapido pensiero d’amore, interrotto dal colpo fatale.
Sogno d’una notte di Sabba – Egli immagina d’essere al Sabba, tra un gruppo di streghe, stregoni e mostri orribili d’ogni genere, qui riuniti per i suoi funerali. Strani rumori, lamenti, risate, grida lontane, cui altre sembrano fare eco. La melodia dell’amata riappare, ma ha perduto ogni carattere di nobiltà e di pudore: non è più se non un ignobile e triviale motivo di danza… È lei che viene al Sabba e si unisce all’orgia diabolica… Campane funebri, parodia burlesca del Dìes irae, ridda infernale… ».
Le cause che portarono alla nascita di questa celeberrima sinfonia furono legate alla infelice passione che il musicista francese nutrì per l’attrice Harriet Smithson e alla conseguente crisi di nervi che culminò in un lungo periodo d’instabilità emotiva. La compagnia inglese dell’impresario William Abbott era arrivata a Parigi nel settembre 1827 per presentare al pubblico della capitale i capolavori del teatro inglese, in particolare quelli di Shakespeare, interpretati da sommi attori come Edmund Kean e Charles Kemble. Berlioz assistette ad Amleto, con altri scrittori e artisti come Vigny, Dumas, Gautier, rappresentanti dello zoccolo duro del movimento romantico francese. Il musicista francese rimase folgorato dalla recitazione e dall’avvenenza di Harriet Smithson, una sconosciuta attrice irlandese che, con la sua interpretazione di Ofelia, fragile e come in trance, lo sedusse. Da quella sera il compositore, sconvolto e entusiasta della forza drammatica del poeta inglese e rapito dalla grazia di Harriet, non si perse una sola rappresentazione della compagnia, cercando in tutti i modi di coinvolgere nel suo sentimento la giovane attrice irlandese. In breve, l’attrazione verso questa fanciulla si tramutò in Berlioz in un’accecante passione, suscitando in lui i sentimenti più sconvolgenti, nonostante Harriet avesse cercato in tutti i modi di far desistere il musicista, ripetendogli più volte che «niente era più impossibile» del loro amore. Il definitivo rifiuto gettò Berlioz in uno stato di estrema prostrazione, che accrebbe quando, finita la stagione teatrale, Harriet tornò in patria, lasciando l’artista in preda alla disperazione. Disperazione che trovo sfogo e motivo di reazione esistenziale e artistica allorquando Berlioz, il 9 marzo 1828, assistette alla prima esecuzione francese della Sinfonia Eroica di Beethoven, eseguita dalla Société des Concerts du Conservatoire, orchestra fondata da François-Antoine Habeneck, condotta dallo stesso Habeneck. L’ascolto di quel capolavoro, la cui musica tellurica e inaudita suscitò forti emozioni tra il pubblico, sconvolse il musicista francese, già segnato dalla cocente delusione d’amore, uno choc che Berlioz descrisse molto bene in una lettera scritta qualche tempo dopo al padre: «Questo mondo immaginario (ce monde fantastique, scrisse esattamente Berlioz, NdR.) fa ancora parte di me, ed è cresciuto grazie all’aggiunta di tutte le nuove impressioni sperimentate man mano che procede la vita; è divenuta una vera malattia. Qualche volta riesco appena a sopportare questo dolore fisico o mentale (non posso separare i due aspetti), specie nelle belle giornate estive quando mi trovo, da solo, in luoghi all’aperto come i giardini delle Tuileries (…) Guardo quel vasto orizzonte e il sole, e soffro così tanto, così tanto che, se non mi contenessi, mi metterei a urlare e a rotolarmi per terra. Ho trovato soltanto una maniera di soddisfare completamente quest’immensa fame d’emozioni, e questa è la musica. Senza di essa, sono certo che non riuscirei a sopravvivere».
Quindi, se il musicista francese riuscì a superare questa spaventosa crisi fu proprio grazie alla composizione, in poco più di tre mesi, della Symphonie fantastique (che usualmente viene tradotta in “Sinfonia fantastica”, ma che più correttamente, nella visione berloziana, dovrebbe essere invece tradotta “Sinfonia immaginaria”). Sinfonia che, alla prima parigina, diretta da Habeneck, riscosse un clamoroso successo. La partitura, però, subì in seguito una sostanziale revisione e raggiunse la forma definitiva all’epoca della trascrizione per pianoforte di Liszt, ossia nell’estate del 1833.
La storia delle motivazioni e della tempestosa creazione della Symphonie fantastique fanno comprendere la personalità del giovane Berlioz, dei suoi atteggiamenti squisitamente byroniani, della sua tendenza a confondere (come fecero buona parte degli artisti romantici dell’epoca) arte e vita, del suo desiderio di colpire l’immaginazione, della sua passione per l’abnorme (l’organico orchestrale di questa sinfonia comprende, tra gli altri, quattro fagotti, quattro corni, due trombe, due cornette, tre tromboni, due tube, timpani, tamburo, grancassa, piatti, due campane e due 2 arpe) e della sua concezione teatrale della musica, anche quella strumentale, da cui sboccia un lavoro sinfonico che, a differenza di quanto era avvenuto fino a quel momento, non si basa su concatenazioni e sviluppi musicali consequenziali, ma si presenta suddivisa in scene, seguendo un’organizzazione drammatica, un “programma” fatto di contrasti, come se fosse, appunto, un dramma teatrale, al punto che il compositore francese rivendicò esplicitamente questo carattere teatrale della sinfonia, affermando che «il programma dev’essere considerato come il testo di un’opera, che serve a presentare i brani musicali, descrivendone il carattere e l’espressione», questo perché «la trama del dramma strumentale, privato del soccorso delle parole, ha bisogno di essere esposta preventivamente». Bisogna anche ricordare, però, che in seguito, smaltiti i bollori e gli entusiasmi iniziali, Berlioz, che era stato anche da giovane un classicista prestato ai fervori romantici, confidò che questo titanico lavoro sinfonico fosse recepito «senza preoccuparsi del programma».
Effettivamente, il grande valore e la grande importanza della Symphonie fantastique stanno non tanto nella sua “programmaticità” quanto nei suoi aspetti squisitamente musicali, tra i quali emerge in funzione dominante, per la prima volta nella storia della musica, il timbro, al punto che è stato giustamente affermato che questa sinfonia è una sorta di spettacolosa coreografia fatta appunto di timbri. Berlioz fu unico nel saper creare impasti strumentali fino a quel momento del tutto inimmaginabili, basti citare un esempio, quando subito prima della fine del terzo movimento, “Scena nei campi”, il passaggio esposto dal corno inglese e dai quattro timpani suggerisce il brontolio dei tuoni in lontananza. Impasti strumentali che pullulano soprattutto negli ultimi due movimenti, in cui si presentano come un crescendo stupefacente di nuove e originali sonorità orchestrali che, per dare vita a quelle impressionanti atmosfere allucinate e grottesche della marcia al supplizio e del sabba, giungono fino a deformare quello che è normalmente considerato il timbro naturale degli strumenti, sfruttando le loro potenzialità come non si era mai fatto prima.
Andrea Bedetti
Discografia essenziale consigliata
- Hector Berlioz, Symphonie fantastique, Concertgebouw Orchestra, Sir Colin Davis, CD Decca 475 7557
- Hector Berlioz, Symphonie fantastique, Detroit Symphony Orchestra, Paul Paray, SACD Mercury Living Presence 4756622
- Hector Berlioz, Symphonie fantastique, Philharmonic Orchestra, Dimitri Mitropoulos, CD Urania 342
- Hector Berlioz, Symphonie fantastique, Boston Symphony Orchestra, Charles Munch, SACD RCA Living Stereo 82876 67899 2
- Hector Berlioz, Symphonie fantastique, Orchestre des Concerts Lamoureux, Igor Markevitch, CD Deutsche Grammophon 447 406-2