Una Turandot in nome della fiaba

Quella che è stata allestita al Teatro La Fenice di Venezia dalla regista veronese Cecilia Ligorio è una nuova produzione della Turandot, il capolavoro incompiuto di Giacomo Puccini; una regia certamente alternativa e fiabesca, come la stessa regista ha dichiarato in un’intervista: «La scena si apre con una grande cornice che in maniera metonimica rappresenta la fiaba e la Cina stessa». Indubbiamente, una scelta pienamente azzeccata da parte della regista, così come dalla scenografia curata da Alessia Colosso e dal costumista Simone Valsecchi.

Un inizio altrettanto promettente quello del direttore Daniele Callegari, seguito a ruota dal coro magistralmente preparato da Claudio Marino Moretti che ha saputo dare il meglio di sé fin dal primo atto con un eccellente Gira la cote. Scena di apertura, come già accennato, molto minimalista, con un piano rialzato dando così una perfetta visione della scena nel suo complesso e lasciando a livello “classico” il ricongiungimento di Calaf con il padre, mentre alle sue spalle freme la folla in attesa del boia. Tutti in abiti moderni a eccezione dei protagonisti. Ancora più rialzata è la figura di Turandot, che si presenta su un’impalcatura sospesa a mezz’aria, come se la regista avesse voluto renderla intangibile, personaggio a sé, avulsa dai contesti e da quanto le avviene intorno.

Alessio Arduini nei panni di Ping, Paolo Antognetti in quelli di Pong e Valentino Buzza in quelli di Pang. Photo ©Michele Crosera

Buon inizio per il soprano Francesca Dotto, nei panni di Liù, sia sotto l’aspetto espressivo sia mimico, quest’ultimo leggermente scarso nel Calaf di Carlo Ventre. Degno di nota l’eccellente Signora, ascolta della stessa Dotto succeduto da tre encomiabili Ping, Pang e Pong, così mantenutisi per tutta la durata del capolavoro pucciniano.

Un momento dell’opera. Photo ©Michele Crosera

Inizio del secondo atto altrettanto notevole per l’Orchestra del Teatro La Fenice, dagli eccellenti pizzicati degli archi ai fiati chiari e puliti. Poco in forma invece, il soprano Teresa Romano, interprete nel ruolo della principessa Turandot, così come anche Marcello Nardis nei panni dell’Imperatore Altoum, leggermente sforzato e coperto dall’orchestra.

Terzo atto magistralmente aperto dalle scelte della regista Ligorio e della scenografa Colosso, con tanti piccoli lumi sospesi a mezz’aria a illuminare il palco, e dal solista Ventre nella lodevole romanza Nessun dorma, senza eccessi e dagli acuti chiari e decisi, che ha strappato un forte applauso del pubblico di Campo San Fantin. Ottimi anche Liù e Timur a seguire. Dopo l’intervallo, migliorata anche la Turandot di Romano, dai toni più chiari e decisi. Sorprendenti l’Orchestra e il Coro in chiusura, come in tutta l’esecuzione, senza sforare nell’eccesso e sempre ligi a una buona e indispensabile espressività.

Marco Pegoraro

 

Giudizio artistico 4/5

Giacomo Puccini – La Turandot

Direttore Daniele Callegari

Regia Cecilia Ligorio

Scene Alessia Colosso

Costumi Simone Valsecchi

Luci Fabio Barettin

Turandot: Oksana Dyka (10,17,21,25,29) – Teresa Romano (12,19,24)

Calaf: Walter Fraccaro (10,17,21,25,29) – Carlo Ventre (12,19,24)

Liù: Carmela Remigio (10,17,21,25,29) – Francesca Dotto (12,19,24)

Altoum: Marcello Nardis

Timur: Simon Lim

Ping: Alessio Arduini

Pong: Paolo Antognetti

Pang: Valentino Buzza

Un mandarino: Armando Gabba

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti

Coro di voci bianche

Kolbe Children’s Choir

Maestro del Coro: Alessandro Toffolo

Nuovo allestimento Teatro La Fenice