Una Turandot in nome della fiaba
Quella che è stata allestita al Teatro La Fenice di Venezia dalla regista veronese Cecilia Ligorio è una nuova produzione della Turandot, il capolavoro incompiuto di Giacomo Puccini; una regia certamente alternativa e fiabesca, come la stessa regista ha dichiarato in un’intervista: «La scena si apre con una grande cornice che in maniera metonimica rappresenta la fiaba e la Cina stessa». Indubbiamente, una scelta pienamente azzeccata da parte della regista, così come dalla scenografia curata da Alessia Colosso e dal costumista Simone Valsecchi.
Un inizio altrettanto promettente quello del direttore Daniele Callegari, seguito a ruota dal coro magistralmente preparato da Claudio Marino Moretti che ha saputo dare il meglio di sé fin dal primo atto con un eccellente Gira la cote. Scena di apertura, come già accennato, molto minimalista, con un piano rialzato dando così una perfetta visione della scena nel suo complesso e lasciando a livello “classico” il ricongiungimento di Calaf con il padre, mentre alle sue spalle freme la folla in attesa del boia. Tutti in abiti moderni a eccezione dei protagonisti. Ancora più rialzata è la figura di Turandot, che si presenta su un’impalcatura sospesa a mezz’aria, come se la regista avesse voluto renderla intangibile, personaggio a sé, avulsa dai contesti e da quanto le avviene intorno.
Buon inizio per il soprano Francesca Dotto, nei panni di Liù, sia sotto l’aspetto espressivo sia mimico, quest’ultimo leggermente scarso nel Calaf di Carlo Ventre. Degno di nota l’eccellente Signora, ascolta della stessa Dotto succeduto da tre encomiabili Ping, Pang e Pong, così mantenutisi per tutta la durata del capolavoro pucciniano.
Inizio del secondo atto altrettanto notevole per l’Orchestra del Teatro La Fenice, dagli eccellenti pizzicati degli archi ai fiati chiari e puliti. Poco in forma invece, il soprano Teresa Romano, interprete nel ruolo della principessa Turandot, così come anche Marcello Nardis nei panni dell’Imperatore Altoum, leggermente sforzato e coperto dall’orchestra.
Terzo atto magistralmente aperto dalle scelte della regista Ligorio e della scenografa Colosso, con tanti piccoli lumi sospesi a mezz’aria a illuminare il palco, e dal solista Ventre nella lodevole romanza Nessun dorma, senza eccessi e dagli acuti chiari e decisi, che ha strappato un forte applauso del pubblico di Campo San Fantin. Ottimi anche Liù e Timur a seguire. Dopo l’intervallo, migliorata anche la Turandot di Romano, dai toni più chiari e decisi. Sorprendenti l’Orchestra e il Coro in chiusura, come in tutta l’esecuzione, senza sforare nell’eccesso e sempre ligi a una buona e indispensabile espressività.
Marco Pegoraro
Giudizio artistico 4/5
Giacomo Puccini – La Turandot
Direttore Daniele Callegari
Regia Cecilia Ligorio
Scene Alessia Colosso
Costumi Simone Valsecchi
Luci Fabio Barettin
Turandot: Oksana Dyka (10,17,21,25,29) – Teresa Romano (12,19,24)
Calaf: Walter Fraccaro (10,17,21,25,29) – Carlo Ventre (12,19,24)
Liù: Carmela Remigio (10,17,21,25,29) – Francesca Dotto (12,19,24)
Altoum: Marcello Nardis
Timur: Simon Lim
Ping: Alessio Arduini
Pong: Paolo Antognetti
Pang: Valentino Buzza
Un mandarino: Armando Gabba
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Coro di voci bianche
Kolbe Children’s Choir
Maestro del Coro: Alessandro Toffolo
Nuovo allestimento Teatro La Fenice