Un Don Giovanni nel nome di Leporello
Il dissoluto punito, ossia il Don Giovanni, questo il settimo di otto appuntamenti della stagione 2022 del Festival Vicenza in Lirica, con la prima andata in programma lo scorso 8 settembre e con replica sabato 10, nella meravigliosa cornice del Teatro Olimpico di Vicenza. La produzione di quest’opera ha visto un cast interamente composto dai vincitori dell’edizione 2022 del “Concorso lirico Tullio Serafin”, organizzato in collaborazione con diversi importanti teatri italiani ed europei. Purtroppo, a seguito dell'indisposizione di due artisti, i loro ruoli sono stati riassegnati (quelli riguardanti Il Commendatore e Leporello), almeno per ciò che ha riguardato la rappresentazione dell'8 settembre.
Per le scene e i costumi, la scenografa Leila Fteita ha assunto una posizione estremamente minimalista, due sedie e qualche oggetto di scena alla bisogna, abbigliamento bianco per tutti i personaggi e un mantello nero nel secondo atto per Don Giovanni (un colore che tende a simboleggiare maggiormente l’animo “scuro” del personaggio). Scelte sobrie quanto rischiose che sarebbero state discutibili al di fuori dell’Olimpico ma, così come ha fatto notare il Direttore Artistico Andrea Castello, che si sono adattate idealmente con il proscenio del Palladio e con le scene lignee di Scamozzi (è bene ricordare che Palladio morì l’anno di inizio dei lavori di costruzione del Teatro, senza lasciare appunti sulla scena “a prospettive” richiesta dall’Accademia). Elementi di scena, oltre che semplici figuranti, i mimi Rebecca Sisti, Luca Rossi, Giambattista Ferro, Emmanuele Ottaviani e Elia Perrotta: una presenza, la loro, a dir poco indispensabile a fronte di una regia così minimalista.
Le origini del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, sono da ricondurre alla notte del trionfo praghese de Le nozze di Figaro nel 1786, successo genuino e contagioso che soddisfò molto il giovane compositore. E fu proprio a Praga che Mozart venne invitato per assaporare quel successo tanto acclamato da Pasquale Bondini del Teatro Nazionale e Domenico Guardasoni, impresario della compagnia; con l’occasione, i due gli commissionarono un’altra opera del librettista Lorenzo Da Ponte: Don Giovanni (Il dissoluto punito).
Bene, riguardo la messa in scena in questione, l'Orchestra dei Colli Morenici, sotto la guida di Edmondo Mosè Savio, è risultata ben coesa e decisa nell’Ouverture; a tratti eccessivo l’intervento degli oboi, ma nel complesso è riuscita a rendere la narrazione estremamente puntuale e scandita. A quel punto, è entrato in scena il sorprendente Leporello di Giacomo Nanni, dando il via alle danze con la più che nota Notte e giorno faticar per poi proseguire con Don Giovanni (interpretato da Francesco Samuele Venuti) e Donna Anna (Yulia Pogrebnyak) in un giocoso “insieme” prima dell’intervento del Commendatore di Enrico Rinaldo. Ecco poi accorrere in soccorso Massimo Frigato nei panni di Don Ottavio che, a dire il vero, si è lasciato abbastanza trascinare dalla Pogrebnyak in questa terza scena.
Che Don Giovanni e Leporello avessero fin da subito magistralmente colto l'essenza dei loro ruoli, lo si è compreso meglio, a mo' di conferma, quando sono apparsi da soli nella quarta scena, imbastendo un più che apprezzabile “recitativo secco”. I due si sono mostrati perfettamente in sintonia, visto che Francesco Samuele Venuti pare coesistere con Don Giovanni, sia nelle movenze sia nelle semplici (agli occhi del pubblico) espressioni del volto che, in un teatro contenuto come l’Olimpico, non possono essere naturalmente trascurate. Leporello, invece, è apparso quasi come se fosse uno studente, bramoso di conoscere e fare sue le tecniche di seduzione del padrone, seguendo e sperimentando dentro di sé, mentre esponeva a Donna Elvira il suo “picciol libro” nel successivo, celeberrimo Madamina, il catalogo è questo, probabilmente pensando a cosa avrebbe fatto Don Giovanni in un simile contesto.
Molto puliti e decisi gli interventi di Marily Santoro nei panni di Donna Elvira, con una voce che si è dimostrata importante e impegnativa nell’intimità del teatro palladiano. Più delicato il timbro della Zerlina di Sabrina Sanza che, prima in Giovinette che fate all’amoree poi da sola con Masetto (Gianluca Andreacchi), si è dimostrata estremamente versatile sia nei passi con il coro sia nel duetto. D’aiuto a completamento e ben bilanciato tra le voci il coro VOC’È sotto la guida di Alberto Spadarotto. A proposito di Masetto, quando ha affrontato da solo Ho capito, signorsì, oltre a dare sapidità al canto e alla parte, è stato ben accompagnato e sostenuto dall’orchestra, la quale ha compreso timbricamente come dare il giusto spazio a Gianluca Andreacchi, nonostante qualche difficoltà di emissione. La presenza di Leporello, seppur solo scenicamente, ha fornito un sostegno non indifferente al quadro scenico, quasi rendendola comico, mentre Masetto si struggeva dopo che Don Giovanni si era allontanato con la sua promessa. Degno di nota il successivo dialogo tra Don Giovanni e Zerlina in uno degli interventi più noti dell’opera, Là ci darem la mano, con Sabrina Sanza che ha saputo accentuare la delicatezza del suo ruolo, lentamente e implacabilmente soppressa dalle potenti e fameliche avances di Don Giovanni.
Anche nella scena dodicesima, che ha visto il quartetto formato da Don Giovanni, Don Ottavio, Donna Anna e Donna Elvira, la resa è stata plausibile e ben strutturata, visto che i cantanti si sono mostrati definiti e mai sovrastanti gli uni sugli altri; semmai, a dirla tutta, a sfigurare leggermente è stato il Don Ottavio di Massimo Frigato, il quale sebbene abbia cesellato una dizione corretta, è stato protagonista di un’esecuzione alquanto “scolastica”, alla “Elementare, Watson, elementare”, persino sforzata in qualche caso, pur senza ad andare ad inficiare il quadro totale della scena, la quale ha tratto beneficio anche dall'apporto lenitivo dell'orchestra.
Gran plauso, a ragione, del pubblico per Or sai chi l’onore di Donna Anna, che ha offerto un'ottima articolazione, mostrando di entrare in empatia nel rapporto con i fiati, anche se a tratti la voce di Yulia Pogrebnyak si è ritrovata ad essere fin troppo potente in rapporto all'intimità spaziale dell’Olimpico. Immediatamente successivo e a conferma della scena precedente, Don Ottavio nella corretta esecuzione e ottima comunicazione con l’accompagnamento orchestrale, ma con visibili difficoltà interpretative; questo perché purtroppo la regia non ha offerto molti spunti di movimento o scelte sceniche particolarmente evoluti: in fin dei conti, nella totale libertà sul palco si sarebbe potuto presentare qualche soluzione in più.
Come prevedibile, l’aria Fin ch’han dal fino di Don Giovanni ha raccolto consensi, grazie alla resa magistralmente portata a casa da Francesco Samuele Venuti, anche se non è stato coadiuvato a dovere dall'accompagnamento orchestrale, a causa di improvvide, sebbene non accentuate, difficoltà in cui sono incorsi gli archi (visto che, più precisamente, in barba al tempo Presto leggermente accelerato, hanno teso agogicamente a rallentare). Discutibile la scelta registica di portare Don Giovanni in sala nel Su, svegliatevi, da bravi; una trovata che se da una parte ha trasmesso efficacemente l'assertività preponderante del ruolo, dall'altra ne ha sofferto per via della risposta acustica data dallo spazio nel quale la voce si è dispiegata. Il coro si è mantenuto coordinato e non sovrastante, nonostante la posizione in buca fosse molto sconveniente a causa, ancora una volta, della resa acustica. Così, siamo arrivati alla fine del primo atto con la gran festa di ballo, con la novità scenica rappresentata dalle tre maschere (Donna Anna, Donna Elvira e Don Ottavio) vestite con un mantello rosso acceso anche se, a dire il vero, bisognava essere dotati di un'ottima vista a prova di oftalmologo a causa della scelta delle luci che definire minimaliste significa essere ottimisti, costringendo a tratti il pubblico ad affrontare il gioco “Indovina il colore”.
Tornando alle voci, con la scena seconda del secondo atto si è confermata l’abilità interpretativa, oltre che tecnica, di Giacomo Nanni; il suo Leporello, quando ha indossato pretestuosamente i panni di Don Giovanni per distrarre Donna Elvira (a proposito, anche qui i due hanno mostrato un'ottima sintonia), ha saputo lasciar trasparire (e non troppo velatamente) come il suo personaggio bramasse imitare quello del suo padrone nell'atto di conquistare fanciulle più o meno bendisposte, cogliendo l’occasione con Donna Elvira di attuare un po’ di sano divertimento, alla faccia del politically correct.
Da segnalare l'aria Metà di voi qua vadano, notevole per la sintonia mostrata da Venuti e da Andreacchi, anche se la scena ha virato maggiormente più sul comico che sulla rilevanza narrativa, tanto è vero che nel successivo recitativo secco, in cui Masetto viene aggredito dal rivale, il tutto ha suscitato ilarità e divertimento da parte del pubblico. Un sestetto davvero ben preparato quello incorniciato nella scena che presenta l'accusa a Leporello, tale da meritarsi il classico “bravi tutti”, soprattutto nel corso dell’Allegro assai. Ne ha trovato perfino giovamento Donna Elvira, la quale nell’intervento da solista è risultata chiara e bene in sintonia con l’orchestra, con quest'ultima che, seppure a tratti abbia manifestato una presenza molto importante, è rimasta contenuta e non sovrastante. La chiusura dell'opera, che prende avvio con Già la mensa è preparata, ha confermato Francesco Samuele Venuti sempre più a suo agio nei panni di Don Giovanni mentre Leporello, come sempre preciso, in questa scena si è trovato ad essere spesso nascosto dai fiati, i quali, tanto per non smentirsi, si sono dimostrati molto prepotenti anche nel successivo intervento di Donna Elvira.
Luci rosso fuoco, sala buia e clima tetro hanno salutato l’ingresso del Commendatore di Enrico Rinaldo. Come da tradizione la scena è rimasta statica, tranne per il personaggio di Leporello, il quale è riuscito ancora a destare divertimento nel pubblico. La brevità della scena e la bravura degli interpreti hanno riempito facilmente il teatro, riuscendo a focalizzare l'attenzione del pubblico in una continua evoluzione di tre voci affini e mai in contrasto.
Alla fine della fiera, si può affermare che gli interpreti principali non hanno di certo peccato di iniziativa, sia a livello scenico sia vocale, in particolar modo i due giovani artisti debuttanti nel ruolo (e questo vale soprattutto per Giacomo Nanni, chiamato in sostituzione), capaci di essere in possesso di una vocalità matura, così come vivace e scattante. Gran successo di pubblico che ha mostrato di apprezzare voci, orchestra e regia. E allora, viva il parroco e tutti a casa.
Marco Pegoraro
Giudizio artistico 3,5/5 Wolfgang Amadeus Mozart- Il dissoluto punito, ossia il Don Giovanni Teatro Olimpico di Vicenza Regia Marina Bianchi Assistente alla regia Anna Perrotta Scene e costumi Leila Fteita Sarta Kyda Pozza Maestro alle luci Cecilia Tacconi Trucco Rosanna Carollo Parrucco GB Parrucchieri Orchestra dei Colli Morenici Direttore Edmondo Mosè Savio Coro VOC’È, Laboratorio corale classico Maestro del Coro Alberto Spadarotto Don Giovanni Francesco Samuele Venuti Il Commendatore Enrico Rinaldo Donna Anna Yulia Pogrebnyak Don Ottavio Massimo Frigato Donna Elvira Marily Santoro Leporello Giacomo Nanni Masetto Gianluca Andreacchi Zerlina Sabrina Sanza Mimi Rebecca Sisti, Luca Rossi, Giambattista Ferro, Emmanuele Ottaviani, Elia Perrotta Contadine e contadini, servi, suonatori e coro di sotterra coro Rappresentazioni 8 e 10 settembre 2022