Trii cameristici dalla Boemia e dalla Germania
Una recentissima produzione discografica dell’etichetta tedesca TYXart vede protagonista il Deutsches Streichtrio (composto da Ingolf Turban al violino, Jürgen Weber alla viola e Reiner Ginzel al violoncello) proporre quattro Trii per archi composti da altrettanti autori boemi, non per nulla il titolo del disco è Streichtrios aus Böhmen, alternando due musicisti del passato, il più famoso Johann Baptist Vanhal e il meno conosciuto Vaclav Pichl, a due contemporanei, Roland Leistner-Mayer e Bohuslav Martinů. Le opere in questione sono il Divertimento in sol maggiore W. Vlb: 13 di Vanhal, lo Streichtrio op. 158 di Leistner-Mayer (in prima registrazione mondiale), lo Streichtrio n. 3 in si bemolle maggiore di Pichl (anch’esso in prima registrazione mondiale) e lo Streichtrio n. 2 di Martinů.
Il Divertimento di Vanhal segue la varietà formale data dalla tipica impostazione di matrice italiana, dove questo genere ebbe origine, ossia con cinque tempi suddivisi in Allegro - Minuetto - Adagio - Minuetto - Allegro, con il violino che domina il primo e l’ultimo tempo, con la viola e il violoncello che assumono il ruolo di mero accompagnamento. Nel primo Minuetto, invece, il violoncello assume sorprendentemente un aspetto molto più evidente, mentre nel secondo Minuetto il violino e la viola suonano all’unisono, con il violoncello che fornisce l’unica controparte. Il cuore del Divertimento è l’Adagio, caratterizzato, per la maggior parte, dal violino e dalla viola che intrecciano un duetto che è supportato armonicamente dal violoncello, creando in tal senso una fitta trama in tre parti.
Il poco conosciuto violinista e compositore Václav Pichl, vissuto tra il 1741 e il 1805, cantò da fanciullo nella scuola dei gesuiti a Brěznice, e più tardi suonò il violino nel seminario dei Gesuiti di St. Vaclav a Praga. Inoltre, studiò filosofia, teologia e diritto. Dal 1765 in poi fu violinista in un’orchestra privata episcopale diretta da Carl Ditters von Dittersdorf; nel 1769 assunse la carica di maestro di cappella nell’orchestra di un conte a Praga. Nel 1775 fu nominato maestro di cappella dell’arciduca Ferdinando Carlo, figlio dell’imperatrice Maria Teresa, carica che mantenne per vent’anni. Nel 1790 divenne direttore musicale dell’opera di Monza, tornando a Vienna nel 1796 per motivi politici. Durante un concerto tenutosi nel palazzo del famoso mecenate di Beethoven, il principe Lobkowitz, il 23 gennaio 1805, Pichl fu vittima di un ictus fatale. Oltre a un gran numero di opere sinfoniche, venti opere liriche e altrettante messe, questo musicista ha lasciato un considerevole numero di composizioni di musica da camera, tra cui diversi brani con il raro baryton che furono scritti per il principe Nikolaus I Joseph Esterházy ad Eisenstadt, sulla falsariga degli oltre cento Trii che Haydn compose per il facoltoso aristocratico.
Lo Streichtrio n. 3 qui registrato presenta la consueta suddivisione nei tre tempi veloce - lento - veloce, con ogni tempo che adotta la struttura in tre parti A - B - A’. L’Allegro iniziale è seguito da una Polonaise nella tonalità sottodominante in mi bemolle maggiore, il che conferisce il tipico carattere di divertimento della sonata, e con un ultimo breve tempo, il Poco Presto, in 3/8 che chiude il brano. I ruoli dei tre interpreti sono chiaramente distribuiti: mentre il violino assume l’indiscusso ruolo di primo piano, il violoncello, ancora legato alla funzione di basso continuo, costituisce la base musicale e la viola occasionalmente arriva a condividere la melodia con il violino, anche se il suo scopo principale è quello di fornire l’armonia. Di fronte alla semplicità d’impianto di questo Trio, sono i temi musicali a rivelare la vera genialità di Pichl, una genialità che, senza apparire irriverenti, rasenta quella che si trova nelle composizioni di Mozart, grazie alla sapienza compositiva e alla capacità di uniformare e di esaltare i vari motivi in miniatura che affrescano l’intera composizione.
Di Bohuslav Martinů si ricorda spesso il suo sterminato catalogo, anche se non sempre la sua musica viene ascoltata e valutata con una debita attenzione, visto che è il frutto di una raffinatissima scrittura, come nel caso di questo Trio, composto da due soli tempi, che combina il ricorso a melodie tradizionali boeme con tecniche compositive del XX secolo, come la politonalità, e ritmi differenziati. La peculiarità della scrittura di questo autore si materializza fin da subito nell’Allegro iniziale, il cui ritmo martellante viene interrotto in più punti da sezioni lente (Poco meno, Largo) in cui una melodia diatonica, simile a un canto popolare, instilla una serie di variazioni che si alternano sagacemente a quelle guidate dalle sezioni ritmiche. Al termine dell’esposizione, Martinů allude a una ripetizione delle frasi di apertura del brano, anche se la materia musicale si trasforma improvvisamente, sprofondando infine in un Largo caratterizzato da una serie di melodie in 6/8. Questa sezione corrisponde effettivamente a un tempo lento di una sonata convenzionale e costituisce il centro del liberissimo adattamento fatto dal compositore di un Trio tradizionale. La forma del secondo tempo, un Poco moderato, è similmente multistrata. Una cadenza rapsodica, portata avanti dal violoncello e dalla viola, è seguita da un particolarissimo Vivo in 3/8 che funge da Scherzo, dal quale attacca un Allegro ma non troppo molto più ampio, dando vita a un segmento giocoso, prima che un breve finale politonale concluda il brano.
Il compositore boemo Roland Leistner-Mayer è nato a Kraslice nel 1945. Dal 1968 al 1973 ha studiato composizione alla Staatliche Hochschule für Musik di Monaco con Harald Genzmer e Günter Bialas. Fin dalle sue primissime composizioni, questo musicista ha manifestato uno stile molto personale, timbricamente libero e che rifugge le tendenze avanguardistiche, attingendo invece dalla lezione del periodo classico. Il suo Trio, suddiviso in quattro tempi, è contraddistinto dal primo movimento, un Allegro concitato, che attraverso le sue trecento battute, fornisce un’idea della sua scrittura, basata sovente in una continua permutazione capace di creare una rete di riferimenti melodici e motivici.
Pienamente convincente la lettura fatta dai componenti del Deutsches Streichtrio, capaci di rendere al meglio la brillantezza e la spensieratezza dei brani di Vanhal e di Pichl, nei quali il fraseggio primeggia per fluidità e precisione, così come in quelli ben più impegnativi di Leistner-Mayer e di Martinů, nei quali invece la resa delle asperità tecniche ed espressive riesce a restituire efficacemente sia la tensione, sia lo svolgimento armonico e melodico. Un disco decisamente intrigante, sia per il programma, sia per la sua interpretazione.
Sempre per l’etichetta TYXart è stato pubblicato un altro CD che farà felici tutti gli appassionati di musica barocca, dedicato ai Trii per due flauti e basso continuo del compositore tedesco Jakob Friedrich Kleinknecht, un autore che oggigiorno è praticamente sconosciuto, ma la cui musica merita di essere valorizzata e apprezzata. A registrare questo disco ci ha pensato l’Ensemble La Cantonnade, composto da Miho Shirai e Zsuzsa Csige al flauto traverso, Marie Colombat al violoncello barocco e Niklas Heineke al clavicembalo e alla spinetta.
Inutile che andiate a cercare notizie approfondite su questo autore (Il DEUMM, tanto per fare un esempio, vi dedica pochissime righe), quindi vediamo di fornirle qui alcune. Di umile estrazione, la famiglia Kleinknecht vide tre dei suoi figli intraprendere una brillante carriera musicale e raggiungere la fama in alcune delle corti più famose d'Europa. Nello specifico, le opere di Jakob Friedrich furono famose a Londra, a Copenaghen e a Parigi e testimoniano la stima che ricevettero dai suoi contemporanei. Nato a Ulm nel 1722, Jakob Friedrich Kleinknecht fu il terzo figlio di Johann Kleinknecht, organista della locale cattedrale, la cui severità con la quale obbligò i tre figli allo studio della musica fu pari a quella di Leopold Mozart, il quale ebbe proprio modo di far suonare per il duca di Württemberg il fratello maggiore di Jakob Friedrich, Johann Wolfgang Kleinknecht. Grazie a un periodo di studio effettuato a Venezia nei primissimi anni del Settecento, Johann Kleinknecht conobbe a fondo il grande repertorio italiano, arricchendo in tal modo la sua biblioteca personale, la quale divenne una preziosa fonte del repertorio del Collegium Musicum, da lui diretto a partire dal 1712, eseguendo sinfonie, concerti grossi, concerti e musica da camera in apprezzate esecuzioni alle quali presero parte anche i figli. Questi ultimi ebbero così modo di conoscere, grazie alla biblioteca paterna, opere di Corelli, Vivaldi e Telemann, nonché di compositori delle corti della Germania meridionale come Giuseppe Antonio Brescianello, Joseph Meck e Johann Jakob Kress.
Grazie a questi studi e favorito da un indubbio talento, Jakob Friedrich Kleinknecht riuscì all’età di quindici anni ad entrare come musicista nella cappella del vescovo di Eichstätt. Per accedere nell’orchestra vescovile dovette però convertirsi al cattolicesimo, prima di ritornare in seno alla religione protestante nel 1743, quando fu assunto come flautista nel cappella di corte di Bayreuth, dove suo fratello maggiore Johann Wolfgang occupava già il ruolo di Konzertmeister. Sappiamo anche che sette anni dopo, sia Jakob Friedrich, sia Johann Wolfgang, unitamente al terzo fratello, Johann Stephan, entrarono come musicisti alla corte del margravio Federico III di Brandeburgo-Bayreuth. Quest’ultimo sposò la principessa Wilhelmine, figlia di Federico Guglielmo I di Prussia e quindi sorella di Federico II il Grande. Il fratello e la sorella, entrambi appassionati di arte e letteratura, raccolsero intorno a sè a Berlino, così come a Bayreuth, una cerchia dei più illustri pensatori e artisti del loro tempo. Abbracciando completamente la filosofia illuminista, unirono la sete di potere a quella dello spirito, mantenendo una stretta amicizia con Voltaire per tutta la vita. Inoltre, sia Wilhelmine, sia Federico II ricevettero anche un’educazione musicale, soprattutto da Johann Joachim Quantz, il quale insegnò pratica strumentale e composizione proprio a Federico il Grande, e da Johann Adolph Hasse, la cui opera Il trionfo d’Ezio fu donata per l’inaugurazione del teatro dell’opera fatto costruire dal margravio nel 1748.
Alla corte di Bayreuth la musica occupò un posto di rilievo, mantenuto dalla coppia reggente che investì ingenti somme di denaro per organizzare sontuose celebrazioni artistiche in ambienti sfavillanti. Wilhelmine fu anche cantante, liutista, compositrice e pittrice (i contemporanei giunsero al punto di definirla “la più spirituale ed eminente donna del XVIII secolo”) e nutrì una grande passione per l’opera lirica italiana, che la spinse ad organizzare diverse produzioni di opera seria eseguite stabilmente ogni anno. Questa brillante attività culturale, unitamente al lusso che vi albergava, fece di Bayreuth, quando Jakob Friedrich Kleinknecht vi entrò a far parte nella metà del Settecento, una delle corti più rinomate in Europa (il fratello Johann Wolfgang la definì testualmente il “Tempio delle Arti”). Ma questo lusso sfrenato fu coltivato ai danni del popolo, che viveva nella miseria più nera e la cui rabbia esplose nel 1753, quando un incendio fu appiccato al castello del margravio, devastandolo. Questo è certamente il motivo per il quale solo poche delle prime composizioni di Jakob Friedrich sono sopravvissute fino ad oggi. Nella fase iniziale della sua carriera compositiva, anche grazie agli incoraggiamenti dell’amico compositore Franz Benda, Kleinknecht si occupò soprattutto di violino, ma quando gli fu conferito l’incarico di vicemaestro della cappella, decise di sfruttare maggiormente il suo strumento preferito, il flauto traverso, una passione condivisa dal margravio, al quale dedicò la pubblicazione, avvenuta nel 1748, delle Sei Sonate per flauto e basso continuo. L’anno successivo videro la luce le III Sonates pour la Flûte traversière I et II, Violoncelle avec la Basse Chiffrée op. 2. Jakob Friedrich Kleinknecht continuò poi a comporre opere per il flauto, con i Sei trii per flauti o violini e basso continuo che furono pubblicati a Londra nel 1760. Nel 1762, fu nominato compositore di corte, titolo appena creato da Federico III, e nel 1764 direttore di musica. Nel 1767, i Sei trii per flauti o violini e basso continuo op. 3 furono pubblicati a Parigi da Madame Bérault. A tutt’oggi gli sono riconosciute cinquantadue Sonate in trio, per lo più per due flauti traversi con continuo, che fecero la felicità dei suoi contemporanei, come dimostra il lusinghiero giudizio di un critico del tempo, Johann Adam Hiller, che nel 1766 scrisse questo giudizio: «I suoi trii sono dei capolavori e il direttore musicale Jakob Friedrich Kleinknecht è conosciuto e stimato in Germania, non solo per le sue composizioni strumentali eccezionalmente belle e magistrali. In tutte le sue opere dominano il gusto, la melodia e il rigore più raffinati».
Ascoltati oggi, questi lavori cameristici possono apparire solo come il frutto di una musica d’intrattenimento, ma in realtà, se si concede loro la dovuta attenzione, rappresentano delle preziose testimonianze di un brillante esercizio di stile che racchiude idealmente una precisa epoca storica e culturale. Inoltre, si rivelano essere un vero e proprio campo di sperimentazione, grazie a un affascinante dialogo tra i due flauti in cui si fondono virtuosismi e sfumature cromatiche, oltre che formale, nella padronanza delle strutture polifoniche come il canone e la fuga. Dal momento che Kleinknecht ebbe a sua disposizione eminenti interpreti, riuscì a coniugare in questi lavori sia la sfera tecnica, sia le intenzioni espressive.
Un esempio è dato dalla doppia cadenza scritta dal compositore nel secondo tempo della Sonata in sol maggiore op. 3 n. 1, una rarità nel repertorio flautistico del XVIII secolo. I Trii presentati in questa registrazione vantano sia melodie piacevoli, intrise di eleganti variazioni ornamentali, tratto caratteristico dello stile galante, sia interessanti duetti che si fondono sagacemente. Di tutte le opere di Kleinknecht, i suoi Trii per flauti traversi rappresentano il contesto più rappresentativo, capace di fissare assai bene il passaggio tra barocco e classicismo; come Telemann, il musicista di Ulm ribadisce la sua appartenenza al cosiddetto vermischter Geschmack (stile misto), in quanto i tipici stile e contrappunto della musica sacra, ereditati dalla sua terra, contrastano con la raffinatezza dello stile francese, come si può ascoltare nella Sonata op. 2 n. 1, la quale si apre in un clima rilassante che ricorda le incantevoli atmosfere degli scritti di Jean-Jacques Rousseau, lasciando poi posto a una melodia spensierata e gioviale nell’Allegro assai, che termina con una doppia fuga cesellata. Un altro richiamo allo stile francese è il tempo finale della Sonata op. 2 n. 3, il Presto, che richiama alla mente un ritmo dato dal tamburello, tipico in Leclair e in Rameau. L’influenza dello stile italiano, presente nella corte del margravio, si avverte particolarmente nei tempi lenti, che sono spesso in 3/8, consentendo una fluidità della melodia come richiesta da Johann Mattheson in Der vollkommene Kapellmeister, non diversamente da quanto veniva proposto dalle arie dell’opera napoletana.
La Sonata op. 2 n. 2 è un debito esempio della temperie Sturm und Drang ed è costruita nella chiave austera di sol minore, che costringe i flauti a offrire un suono fragile, accentuando ulteriormente il colore scuro del primo tempo. Inoltre, non si può non notare come la presenza di dissonanze, di effetti sostenuti, dell’emancipazione del basso continuo dal suo unico ruolo di guida armonica, che richiede dinamiche differenziate, siano tutte caratteristiche di quella corrente letteraria trasposta in musica da C.P.E. Bach. Il rapimento dell’idillio pastorale dell’Andantino centrale immerge l’ascoltatore in dolci riflessioni prima del brusco cambio di tono e dello sfogo del tempo finale, un fremente Allegro Assai.
La Sonata in do maggiore, che si ritiene sia stata composta nel 1770, è invece ricca di leggerezza, se non altro per la sua breve durata (meno di dieci minuti). L’atmosfera campestre, combinata con una delicatezza floreale e un languore sospirante, suggeriscono l’immagine di un dipinto da Fête galante di Antoine Watteau. A quel tempo, Jakob Friedrich Kleinknecht si era già trasferito ad Ansbach, con il resto della corte, ma con l’irruzione di due mostri sacri come Haydn e Mozart, la sua musica non attirò più come prima. Resosi conto che apparteneva a un’epoca ormai tramontata, non si dedicò più alla composizione fino al fine della sua vita.
La particolarità di tale programma, che fissa ottimamente uno stile calato nella sua epoca di struggente transizione, è ulteriormente arricchita dalla straordinaria lettura fatta dai componenti dell’Ensemble La Cantonnade; avvalendosi di strumenti storicamente informati, i quattro interpreti hanno saputo incastonare un’esecuzione che è semplicemente entusiasmante per brillantezza, espressività e restituzione della matrice psicologica che contraddistingue questo repertorio. La densità di tale lettura, fatta di precisione e di passione, è talmente convincente che ci dimentica che questi Trii sono in fondo espressione di un repertorio d’intrattenimento. Su tutti dominano le esecuzioni delle due flautiste, in grado di fornire sempre un dialogo straordinario per virtuosismo e capacità timbrica. Rivelazione.
Entrambe le prese del suono, effettuate da Andreas Ziegler in 24/96, rientrano a pieno titolo nel ristretto campo dell’audiofilia, grazie a una dinamica decisamente ricca di energia, velocità e naturalezza. Da qui, un palcoscenico sonoro capace di ricostruire idealmente gli interpreti all’interno dello spazio sonoro, con un corretto posizionamento dei medesimi, oltre a vantare un’adeguata altezza e una convincente ampiezza. L’equilibrio tonale è ragguardevole per scontorno e precisione dei registri, la cui focalizzazione permette di apprezzare il fitto dialogo tra gli strumenti. Infine, il dettaglio è colmo di matericità, permettendo una restituzione tridimensionale degli strumenti tale da esaltare la loro fisicità.
Andrea Bedetti
AA.VV. - Streichtrios aus Böhmen
Deutsches Streichtrio
CD TYXart TXA22168
Giudizio artistico 4/5 Jakob Friedrich Kleinknecht – Trio Sonatas for Two Flutes and Basso Continuo Ensemble La Cantonnade CD TYXart TXA19126 Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4,5/5
Giudizio tecnico 5/5