Tributo alla fisicità mistica di Sylvano Bussotti

La figura di Sylvano Bussotti si erge come una delle più affascinanti e problematiche di tutta la storia della musica del secondo Novecento per via della sua stupefacente poliedricità. Il fatto di essere, oltre uno dei maggiori musicisti della nostra epoca, anche pittore, poeta, romanziere, regista teatrale e cinematografico, attore, cantante, scenografo e costumista, pone la sua opera come un titanico labirinto nel quale perdersi o, per meglio dire, sperdersi. Questo obbliga il critico e colui che si avvicina alle sue opere ad affrontare un problema di valutazione e di interpretazione che spesso sfugge alle stesse leggi ermeneutiche. Quindi, non è azzardato affermare che la grandezza dell’artista fiorentino risiede in un’assoluta pregnanza del suo messaggio che resta tuttavia splendidamente sfuggente, una perenne anguilla che sfugge ai tentativi mentali di incasellare e archiviare quanto di volta in volta ha saputo ideare, creare e produrre.

In fondo, l’opera musicale di Bussotti, concentrandoci su questa sfera artistica, badando bene però a tenere le porte aperte per permettere l’entrata e l’uscita di altre idee, concezioni e vibrazioni appartenenti ad altre sfere (mi viene in soccorso la teoria matematica degli insiemi) rappresenta la prodigiosa capacità di far comunicare diverse istanze lessicali, diverse lingue, diversi idiomi fissati in molteplici forme, al punto da considerare la sua concezione estetica una delle pochissime vittorie dell’uomo contro la maledizione della torre di Babele. Ma l’unicità di Sylvano Bussotti, proprio per via del fascino emanante da tale unicità, ha saputo dare vita e corpo a una pletora di diversità uniche, rappresentate da studenti, musicisti, ammiratori che hanno voluto e cercato di procreare artisticamente partendo dalle cellule di quei geni molecolari che appartengono alla pura visione bussottiana.

Ecco, allora, questo disco, registrato dal compositore e chitarrista tedesco Hans-Jürgen Gerung (tutti i brani, tranne l’ultimo, sono stati commissionati ai compositori dall’International Festival Forum of Contemporary Music Oberstdorf), tributo ideale al compositore fiorentino (del quale nei giorni scorsi si è festeggiato il suo ottantasettesimo genetliaco), nel quale ha raccolto sei composizioni per chitarra e chitarra e voce, due delle quali dello stesso Bussotti, Ermafrodito e Ultima Rara, e le altre quattro di altrettanti musicisti che sono stati allievi (le diversità uniche) del compositore fiorentino o suoi entusiasti ammiratori. A cominciare da Luigi Esposito, il quale più che essere stato suo allievo è collaboratore e sodale (autore, tra l’altro, di una delle biografie più biografiche, nel senso etimologico del termine, di Bussotti, da porlo come testimone assoluto del suo operato), con l’opera in cinque parti wanted, una suite per chitarre (chitarra, chitarra classica e chitarra elettrica), continuando con le cinque variazioni Declarative Belfry della pianista e compositrice giapponese Mai Fukasawa, scritte originariamente per chitarra, viola e contrabbasso, seguite dalle sette miniature de Fantasmi nella foresta dello stesso Hans-Jürgen Gerung e da Il Cigno Pesarese, opera per uno o più clarinetti di un altro autore nipponico, Hidehiko Hinohara. Il messaggio che Gerung ha voluto dare a questa registrazione è chiarito dal titolo stesso del disco, The Bussotti-Circle, che rimanda all’idea di una circolarità/unicità fondata da un uno, che si irradia coinvolgendo altri uni/unici, ossia da coloro che riconoscono nell’unicità bussottiana un rispecchiamento capace di garantirsi una propria autonomia in nome di quell’unicità (un titolo, quindi, che richiama allo stesso tempo un altro uno assoluto, nel campo della poesia, quello incarnato dal vate tedesco Stefan George e dall’emanazione irradiante data dal suo Kreis, circolo di accoliti, ammiratori e prosecutori della sua visione estetica e poetica).

Gerung, quindi, ha voluto assumere, avendone piena capacità, la forma di un anfitrione musicale, eseguendo pagine per il suo strumento o adattandole per la chitarra, ponendosi come emanazione diretta della concezione bussottiana, restituendo o tramutando da altre sonorità l’idea sonora omnicomprensiva dell’artista fiorentino. Partendo dal polemico “esercizio di stile” concepito da Luigi Esposito, che presenta una sorta di “intavolatura-blues” (i richiami al sound dei Doors di Jim Morrison e, conseguentemente, alle Doors of Perception di Aldous Huxley ne rappresentano un indelebile e ir-reverente marchio di fabbrica), in cui le tre tipologie timbriche delle chitarre rappresentano altrettante “porte” di entrata e di uscita (la musica di Bussotti, d’altronde, tornando alla teoria degli insiemi, è il passare continuo da uno stato d’animo, di suono, di ritmo, di concezione all’altro), Gerung trasforma le cinque variazioni di Declarative Belfry in uno schizzo acustico, con le corde della chitarra che fissano, scolpiscono suoni inchiodati sull’udito e sulla mente di chi ascolta, celando dietro una falsa desolazione timbrica un quadro in perenne mutazione. I Fantasmi della Foresta attingono a un altro punto cardine della poetica sonora bussottiana, l’elemento del ricordo (si veda poi, a tale proposito, Ultima Rara), in cui le rimembranze della fanciullezza, qui concretizzate dall’esperienza vissuta dal chitarrista e compositore tedesco in un bosco nella regione bavarese dell’Allgäu, assumono i contorni di un passato che rifiuta di essere tale, in modo da rendere l’idea di un presente perpetuato nel tempo (ecco, ancora la magia del “passaggio”, dell’“attraversare”, dell’aprire una porta chiudendone un’altra e viceversa), mentre Il Cigno Pesarese, tributo all’unicità di Gioachino Rossini, si trasmuta in una ripresa da parte di Hinohara delle posizioni teoriche dell’Affektenlehre dell’estetica barocca, in cui i vari stati d’animo vengono concentrati e veicolati in simbologie sonore da eseguire a seconda della volontà dell’interprete, tasselli di un domino in perenne evoluzione, un DNA sonoro che si allinea al risultato di un colpo di dadi dato dalla sensibilità di chi esprime il suono stesso.

E poi Bussotti. Se Ermafrodito, commissionato dallo stesso Hans-Jürgen Gerung, può essere considerato uno dei manifesti musicali dell’artista fiorentino, nel senso che attraverso l’elaborazione timbrica dello strumento si realizza concretamente l’immagine al quale si richiama idealmente e biologicamente lo stesso Bussotti (con una concezione di pansessualità che rimanda non solo alla dimensione ermafrodita, ma idealmente a quella mitologica di Tiresia, che ebbe in dono da Zeus la possibilità di vivere e provare sia la sessualità maschile, sia quella femminile, instillando in lui un dono ancor più grande, quello della scelta sessuale). In questo modo, la chitarra diviene strumento attivo e passivo, instillatore di suoni e ricettacolo allo stesso tempo di altri suoni (Gerung, all’inizio e durante l’esecuzione di ognuna delle sette parti che lo compongono, soffia e declama il titolo del brano stesso, materializzando in tal modo la componente maschile che va ad unirsi a quella femminile, la chitarra stessa). Ermafrodito è la quintessenza di quella “fisicità mistica” alla base dell’arte unica di Bussotti, di quel sentore in cui sensualità e passione per il corpo altrui esalta la propria anima, trasformandola in motrice di creatività. Bussotti è un Aleister Crowley che non impone di essere amato, ma che sa anche amare, è colui che crea fisicamente la propria arte, un novello fauno di mallarmeiana memoria che vive la propria arte in una quotidianità che è il fissarsi in un susseguirsi di momenti che sono frammenti temporali a sé stanti, capaci di rompere gli schemi dati dalla linearità occidentale. E culmine di tale processo è per l’appunto Ultima Rara, pagina ineludibile e preziosa, concepita per chitarra singola o tre chitarre, che conclude (?) il ciclo dei vari Rara (fondato sull’acronimo “Romano Amidei Romano Amidei”, dal nome e cognome di uno dei compagni più importanti della sua vita), che qui Gerung trasforma in un’opera nell’opera, racchiudendo la linea compositiva delle tre chitarre sullo spartito con una sola chitarra, comprimendo, senza mortificarla, la lussureggiante polifonia, e con la voce che è stata registrata in modo circolare, con un effetto dolby surround, e poi sovrapposta alla chitarra (a tale proposito, consiglio vivamente di ascoltare questo brano in cuffia per apprezzarlo al meglio). Poche composizioni bussottiane possono fornire un’idea così precisa ed emozionante dell’estetica dell’artista fiorentino, con quel senso di continuo rimando, sul quale si avviluppano agglomerati di sensazioni, di emozioni (la voce proietta dimensioni fisiche che vanno dalla polarità della sofferenza a quella del piacere) che concretizzano temporalmente i passi di una storia, di un amore, quello vissuto con Romano Amidei. Una storia che diviene opera d’arte, carnalità che ha il sapore di un’incontrovertibile mistica che tutto appiana e tutto racchiude e in cui il monito finale, scandito dalla voce, “Non te ne dimenticare”, scolpisce indelebilmente, trasfigurandolo dalla dimensione squisitamente passionale e sentimentale (ciò che pervade l’arte di Sylvano Bussotti, tutte le sue opere, tutto il suo progredire costante ed esaltante in nome di una necessità mai venuta meno) in quello che può essere racchiuso nell’espressione crudelmente tautologica del “né con te, né senza di te”. Perché la concezione artistica di Bussotti, e il “circolo” insito in questo disco lo dimostra esemplarmente, è il sovrumano mostrare le cose che sono in sé anche se appaiono in modo diverso e che ci obbligano sempre a desiderare qualcosa, qualunque essa sia, rifiutandola però fin dal principio, qualsiasi sia la sua forma e la sua sostanza. A pensarci bene, questo può essere il cuore stesso dell’arte e della sua funzione.

La presa del suono, effettuata con una microfonatura molto ravvicinata, restituisce dinamicamente in modo eccellente il timbro della chitarra, con un pieno rispetto degli armonici. Il dettaglio è preciso, ricco, materico e la presenza della voce, quando interviene, non sfalsa il corretto equilibrio tonale.

Andrea Bedetti

 

AA.VV. – Ultima Rara-The Bussotti Circle Contemporary Music for Guitar and Voice

Hans-Jürgen Gerung (chitarra e voce)

CD Gerung-Arts&Music

Giudizio artistico 5/5

Giudizio tecnico 4/5