Disco del mese di Ottobre 2023
Dura la vita del genio, costretto a barcamenarsi tra le filistee necessità della vita contingente, ossia guadagnarsi la pagnotta quotidiana, e il desiderio di creare qualcosa in ambito artistico che, il più delle volte, viene compreso e accettato da pochissimi coevi, nell’attesa che il futuro, quando lui non sarà più di questo mondo, possa finalmente capire la portata di ciò che è riuscito a fare con così ampio anticipo rispetto ai tempi. E non si può non associare questa immagine, alquanto annosa, lo ammetto, alla vita e all’opera di Wolfgang Amadeus Mozart, la cui portentosa portata creativa fu un continuo oscillare tra il pozzo rappresentato dai bisogni materiali da soddisfare per sé e per la sua famiglia e il pendolo di un linguaggio musicale a dir poco rivoluzionario da lui evocato e miracolosamente edificato in centinaia e centinaia di composizioni.
Essere un genio, però, permette a volte di far sì che il soddisfare la necessità si coniughi con la capacità di dispensare opere nelle quali originalità creativa e inevitabile semplicità vadano d’amore e d’accordo, accontentando sia il creatore, sia l’assimilatore, dando modo al primo di lasciare una traccia soventemente imperitura e al secondo di godere ciò che la sua natura grossolana gli permette appena di fare, vale a dire restare sulla superficie di quanto apprezza, in quanto incapace di sondarne le profondità. Questo duplice concetto si adatta perfettamente alle opere che Wolfgang Amadeus Mozart dedicò al repertorio del pianoforte a quattro mani, il quale è stato esplorato, a livello di progetto discografico nella sua integrità dal duo pianistico Marco Schiavo & Sergio Marchegiani, con un primo disco pubblicato dalla Decca e del quale abbiamo già scritto, e che adesso con il secondo, di recentissima uscita, giunge al suo compimento. Così, dopo aver affrontato nel primo volume le opere giovanili (con la sola eccezione della Sonata KV 521), in questo nuovo disco - registrato nella leggendaria Wiener Saal del Mozarteum di Salisburgo - i due pianisti hanno affrontato i lavori della maturità e degli ultimi anni del divino salisburghese con le Sonate KV 497 e 357, le Fantasie KV 594 e 608 e le Variazioni KV 501.
«La leggerezza, il sorriso, la spensieratezza che emanavano dalle pagine giovanili qui sono assai meno evidenti», hanno spiegato i due interpreti. «Prevalgono la grandezza musicale, la compiutezza formale, il rigore e la complessità del contrappunto, un’arditezza armonica e una tensione drammatica che anticipano in modo evidente il Romanticismo; talvolta emerge perfino una certa cupezza. L’arco della vita e quello dell’arte mozartiana si compiono, per noi, nel segno della chiarezza, dell’equilibrio, di una trasparenza dell’enunciazione sulle quali, nel tempo, abbiamo costruito il nostro modo di affrontare questo meraviglioso repertorio. Solo nelle ultime due Fantasie tale limpidezza si scurisce un po’, come un cielo sereno che improvvisamente si copre di nubi minacciose».
Parole, le loro, con le quali non si può non essere d’accordo, in quanto, e qui torno a quanto già anticipato in tale sede, con una maggiore maturità di intenti espressivi e di materia musicale plasmata, Mozart giunge a quel risultato di equilibrio tra la volontà di manifestare il proprio genio e dall’altra porgendo anche il fianco alle necessità materiali, così invocate e raccomandate dal padre Leopold, come ricorda Luca Segalla nelle note che accompagnano questa seconda registrazione. Come a dire che solo ai geni viene data la possibilità di celare la profondità nell’apparente leggerezza.
Oddio, che la Sonata in fa maggiore KV 497, risalente al 1786 e pubblicata con il titolo significativo di Grande Sonata a quattro mani su un clavicembalo o pianoforte, possa essere definita apparentemente leggera, non è proprio il caso di asserirlo, anzi. Tanto per chiarire le cose, soprattutto dopo essersi inimicata la classe aristocratica all’indomani della rappresentazione de Le nozze di Figaro, Mozart pensò bene di calcare ulteriormente la mano, facendo sì che i consigli del padre gli entrassero in un orecchio e gli uscissero dall’altro. Così, diede vita a una Sonata che per l’apparato formale, la complessità della scrittura e la dilatazione temporale, sembra più una sinfonia applicata alla tastiera (vedasi l’introduzione in tempo lento nel primo movimento!); da qui, una pagina che di facile e di popolare non ha nulla, al punto da non essere di certo appetibile per un pubblico di esecutori dilettanti, anche i più preparati: Amadé condisce il primo tempo di sonorità a dir poco severe, che comportano una riflessione esecutiva riservata a pochi, almeno all’epoca, seguito da un tempo centrale lento nel quale spalma un connotato polifonico farcito di debite densità armoniche e melodiche e, per finire, un finale decisamente refrattario a qualsiasi approccio di tipo orecchiabile.
Evidentemente, però, la figura del padre/“commendatore” torna ad avere la meglio quando Mozart scrisse, nel biennio 1786-87 l’Andante e cinque variazioni in sol maggiore KV 501, in cui predomina, invitando a nozze i plotoni di avventisti dattilografi del tempo, una temperie di pacato rococò, sebbene potenziato da una raffinata e nostalgica eleganza, senza dimenticare le balsamiche alitate di apporto polifonico (d’accordo il darsi in pasto ai deficienti, ma a tutto c’è un limite… ). Per fornire una maggiore completezza a questa registrazione integrale, il duo Schiavo & Marchegiani ha voluto includere anche due brani estremamente rari e composti non per il pianoforte a quattro mani, ma per organo meccanico e trascritti poi per pianoforte a quattro mani, ossia l’Adagio e Allegro in fa minore KV 594 e la Fantasia in fa minore KV 608, trasudanti una notevole dose di drammaticità e intensità espressiva, dovute dall’esplicita richiesta da parte del committente, un nobile strampalato e a dir poco originale, come ce ne furono a bizzeffe nel Settecento, ossia il conte Joseph Nepomuk Franz de Paula von Deym von Strítež, e destinate per essere eseguite mediante un organo meccanico collegato a un orologio. Infine, grazie anche al recente completamento da parte del compositore e musicologo americano Robert D. Levin, pubblicato nel 2005 dalla Wiener Urtext Edition, l’integrale si conclude con la Sonata in sol maggiore KV 357 in due tempi, Allegro e Andante, la cui prima pubblicazione risale postuma al 1796, con la quale veniamo magicamente trasportati nel mondo ironico e farsesco dell’opera buffa, il che ci fa comprendere che questa pagina, così affastellata, fosse destinata a cultori dell’opera in chiave pianistica, oltre che dotati di una tecnica più che ragguardevole.
Ora, non è il caso di parlare di tecnica ragguardevole per ciò che riguarda il duo Marco Schiavo & Sergio Marchegiani, per il semplice fatto che, a integrale conclusa, si può e si deve considerarla a tutti gli effetti una registrazione di assoluto riferimento. Se il primo dei due dischi era stato il dessert ideale per dare inizio al tutto, questo secondo, detto in termini da Masterchef, rappresenta il perfetto vino passito con il quale accompagnarlo, dando così vita a un unicum strepitoso. Il mondo del pianoforte a quattro mani mozartiano è un universo che racchiude prerogative, immagini, sensazioni, proiezioni che fanno parte di un caleidoscopio tale da richiedere una completezza interpretativa che esonda dalla pura tecnica per doversi allineare quantomeno alla portata psicologica e temporale dell’epoca in cui il salisburghese visse. Quindi, ironia, drammaticità, melanconia, gioia, dolore, senso di rivalsa e appagamento per l’ascoltatore e/o esecutore; insomma, un vero e proprio diario sonoro che dev’essere restituito con una filigrana di lettura capace di cogliere, attimo dopo attimo, tutte queste sfumature così cangianti e trasmutanti, penetrando nel tessuto intimo di un genio con pieno rispetto e dimestichezza.
Ecco, se si deve riassumere, in termini di portata e di caratura, la lettura fatta dai due interpreti in questione, il quadro critico da incorniciare in una valutazione globale ha queste peculiarità, così ideali e straripanti nella dinamica espressiva, da far sì che da oggi quando si penserà al pianoforte a quattro mani di Mozart, ci si dovrà riferire anche alle mani di Marco Schiavo e di Sergio Marchegiani.
Spero di essere stato chiaro (va da sé, disco del mese di MusicVoice).
Andrea Lambertucci come ingegnere del suono e Corrado Ruzza per l’editing digitale, sono stati gli artefici dell’aspetto tecnico della registrazione. Così, l’impeccabilità artistica si è unita a quella realizzativa (il che aumenta il tasso relativo alla preziosità di tale progetto): la dinamica è precisa, velocissima, dotata di una naturalezza che può stupire, visto che stiamo parlando di un compact disc, il che avvantaggia il parametro del palcoscenico sonoro, poiché il pianoforte, un superbo Steinway modello D, risulta essere posizionato a debita profondità tra i due diffusori, con una ragguardevole altezza ed ampiezza del suono, senza che si avverta la minima sbavatura timbrica. Anche il delicatissimo equilibrio tonale ne esce alla grande, con una messa fuoco dei registri davvero esemplare, il che permette di cogliere ogni sfumatura enunciata sia da quello medio-grave, sia da quello acuto, con immenso beneficio all’ascolto. Infine, il dettaglio permette di avere direttamente, a livello di senso fisico e tattile, il pianoforte nella sala d’ascolto, con il rischio, alla fine, di sentirsi spinti ad offrire un bicchierino di quel passito di cui si è detto ai due interpreti, grazie al realismo tridimensionale che esce dai diffusori.
Andrea Bedetti
Wolfgang Amadeus Mozart – Mozart for Two. Four-hands Piano Sonatas KV 497 & 357 - Fantasia KV 594 & 608 - Variations KV 501
Marco Schiavo & Sergio Marchegiani (pianoforte)
CD Decca 4859418
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5