Un progetto discografico della Da Vinci Classics suddiviso in due CD presenta dieci composizioni del musicista Ciro Ferrigno, il quale è anche pianista e musicoterapeuta. Questi dieci brani vanno a coprire un lasso di tempo compositivo che va dal 2015 fino al 2022 e si distinguono per delle peculiarità stilistiche ben precise, che vantano dei denominatori comuni, i quali sono fondamentalmente due e che, a mio avviso, sono il frutto della “deformazione professionale”, se così si può affermare del musicista napoletano, data dalla sua specializzazione nella sfera musicoterapica. Questo perché in quasi tutti i brani qui presentati Ferrigno dimostra di avere una visione quantomeno “salvifica” della musica più che una sua concezione rappresentativa, mediante un processo di elaborazione “visiva” che, nel corso dei brani, prima o poi affiora compiutamente. Ciò comporta, e questa è la seconda peculiarità, una struttura che è principalmente “narrativa”, come d’altronde ha efficacemente messo in risalto Renzo Cresti, che ha curato le succinte note introduttive al doppio CD.

La cover del doppio CD Da Vinci Classics dedicati a dieci composizioni del musicista contemporaneo Ciro Ferrigno.

Questa volontà di narrare, di elaborare un intreccio in cui la dimensione visiva è sempre costantemente sollecitata, si materializza più in certe composizioni rispetto ad altre, come nel caso di un pezzo oltremodo ambizioso, Tre personaggi alla ricerca di un oboe, scritto nel 2021, il cui richiamo al capolavoro teatrale pirandelliano ha la funzione di promuovere assiomi identificativi tra lo strumento a fiato in questione, presente nel primo e nel terzo tempo del pezzo, e il corno inglese che è invece protagonista in quello centrale, ribadendo, attraverso l’inevitabile fattore di differenziazione timbrica, la proiezione che ne consegue, il tutto sul solco di una sottilissima linea di demarcazione tra l’elemento umoristico e l’allegoria ritmica che incalza, dando modo di visualizzare l’atto della ricerca stessa.

La visualizzazione può avvenire, altresì, attraverso un’esperienza di coinvolgimento immaginifico, come avviene in una pagina per organo del 2020, un tema e variazioni che già dal titolo, Due variazioni su un tema dell’aldilà, impone da parte dell’ascoltatore una reazione inevitabilmente “effettistica”, in quanto la tessitura sonora, partendo da un tema solenne e regale, conduce a una progressiva operazione di rarefazione timbrica, quasi un’evocazione del passaggio fisico dalla materia fisica a quella gassosa.

L'organista Olga Laudonia.

A questo punto, può apparire a dir poco scontato che il procedimento compositivo di Ciro Ferrigno a volte possa convogliare la reazione d’ascolto su piani eminentemente “cinematografici”, con confluenti sovrapposizioni tra immagine sonora e immagine visiva. È un presupposto, questo, che si realizza, per esempio, nella Sonata per tromba e pianoforte risalente al 2021, in cui il dialogo tra lo strumento a fiato e quello a tastiera si nutre di un rapporto continuo portato avanti tra una fase di contrazione ed una di rilascio, fornendo di conseguenza quel tipico ritmo di respiro che regola ogni produzione filmica, in cui vi è sempre un alternarsi tra “inspirazione” ed “espirazione”. Tale azione di sovrapposizione tematico-espressiva si evidenzia con ancor maggiore virulenza nelle Quattro miniature per quartetto di sax, sempre del 2021, la cui suddivisione “programmatica” sembra a dir poco pleonastica (I. The Departure; II. Cum Tarantula; III. Do You Have a Good Fuga Theme?; IV. Seguidille), nella quale l’oggettività data dalle linee dei quattro strumenti tende ovviamente a soggettivizzarsi nella personale proiezione d’ascolto, in cui ognuno può imbastire la propria storia divisa in quattro capitoli esistenziali.

Naturalmente, cosa che non è stata puntualizzata finora da parte mia, ma che può risultare naturalmente ovvia per ogni lettore intelligente, questi procedimenti compositivi vengono realizzati mediante una debita manifestazione dell’atto melodico, il che permette di ottenere più facilmente la realizzazione del “procedere a scorrimento” della musica di Ferrigno. A tale proposito, si ascoltino i Tre vocalizzi per trombone e pianoforte (2021), in cui lo sfruttamento timbrico e tecnico dell’ottone diviene un mare placido di lirismo in cui la liquidità sonora che ne deriva tende a sfiorare il campanello d’allarme di una tranquillizzante stucchevolezza.

Ad essere sinceri, però, ci sono due momenti che scuotono l’ascoltatore, destandolo dalle tentazioni di una narcolessia (la visione musicoterapica, in sede di analisi, continua a perseguitarmi), la quale però, sia ben chiaro, non è indice di negatività fine a se stessa (ricordo, e lo faccio senza alcuno scopo sarcastico, che Morton Feldman auspicava che coloro che ascoltavano le sue composizioni, potessero placidamente assopirsi tra le braccia di Morfeo), ossia quelli dati dal brano finale, Don Domingo Scarlati in signo per undici ottoni, scritta nel 2015, e da quello iniziale, l’inquietante Quatuor a corde pour la fin de l’humanité - Dedicato a Julian Assange (2021). Il Don Domingo Scarlati in signo, suddiviso nei tempi Molto vivo - Quasi ricercare - Molto vivo, ergo sotto la tipica forma A-B-A, sinceramente più che al compositore napoletano mi ha fatto tornare in mente, per via dei piani sonori in cui si articolano gli ottoni, alle affascinanti composizioni di Giovanni Gabrieli, mentre il quartetto per archi va a rompere il consueto impianto “salvifico/musicoterapico” di Ferrigno, anche per via della costruzione armonica in cui si sviluppa la pagina, il cui pessimismo viene istillato, retoricamente, dalla figura dell’attivista politico e mediatico australiano, e il cui titolo vuole riprendere e andare oltre quello del celeberrimo capolavoro di Messiaen. La capacità del musicista napoletano è di aver distillato e diluito il progressivo instaurarsi oppressivo e oscuro che si materializza compiutamente e ineluttabilmente proprio nell’ultimo dei tre tempi, in cui l’emblema luttuoso impone il mettere da parte ogni velleità di ottimistica speranza.

Il Neapolis Brass Ensemble.

Completano il programma altri tre brani, A Legend (2021), elegia per contrabasso e pianoforte, la Suite per pianoforte (2016), suddivisa nei tempi Étude pour un étoile-Espace-Pharaprase sobre libertango, e Quetzalcoatl(2022), una fantasia per flauto e pianoforte, che si riaccostano all’impianto generale delle tematiche compositive generali di Ciro Ferrigno.

Alla luce di tutto ciò, si possono fare due considerazioni finali: la prima è che indubbiamente Ciro Ferrigno dimostra di essere un compositore che conosce bene le tecniche del mestiere, poiché la sua tipologia compositiva, ancorata saldamente alle leggi del linguaggio tonale e lontana da tentazioni sperimentali o estreme (anche se nel suo catalogo vi è il brano Sonus. Cinque sequenze per nastro magnetico, che risale al 1992, all’inizio della sua avventura musicale), è il frutto di una sapiente miscela di costruzione armonica ed espressività melodica, ma allo stesso tempo, e questa è la seconda considerazione, tende ad essere, proprio a causa della “necessità” narrativa che la contraddistingue, ad essere ammantata da tentazioni reiterative, che tendono inevitabilmente a consacrarne una certa prevedibilità creativa. Lo stesso Ferrigno si presenta in chiave di interprete, sia al pianoforte, accompagnando rispettivamente Carlo Termini al contrabbasso e Mario Tammaro al trombone, oltre ad apparire nelle vesti di direttore nel brano Don Domingo Scarlati in signo, eseguito dal Neapolis Brass Ensemble. Degli altri artisti coinvolti in questo progetto, degna di nota la lettura che Olga Laudonia ha fatto all’organo nel brano Due variazioni su un tema dell’aldilà, sapientemente reso con la giusta tensione emotiva.

Il compositore, pianista e musicoterapeuta Ciro Ferrigno (© Gianluca Pirro).

Corrado Taglialatela ha effettuato un onesto lavoro di presa del suono, in cui tutti i brani catturati risultano complessivamente corretti nella loro riproposizione timbrica e ricostruzione spaziale, tranne che in A Legend, in quanto il vibrato del contrabbasso, quando sollecitato nel registro grave, porta a dei picchi di saturazione tali da coprire la presenza del pianoforte (probabilmente a causa di una microfonatura alquanto ravvicinata). Ma, a parte tale pecca, non si notano altri difetti di sorta, oltre ad avere, in sede di dettaglio, una più che sufficiente resa materica di tutti gli strumenti presenti nella registrazione.

Andrea Bedetti

Ciro Ferrigno – Re-Esistenze [Chamber Music]

Interpreti vari

2CDs Da Vinci Classics C00635

Giudizio artistico 3,5/5
Giudizio tecnico 3,5/5

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