Quadri e un capolavoro letterario per due chitarre
Se esiste nel mondo della musica colta occidentale un compositore la cui genialità ha dovuto fare costantemente i conti con la ricezione e l’accettazione delle sue composizioni, a volte ardua, a volte malintesa, e ancora a volte del tutto incompresa, questo è proprio il grande Modest Musorgskij, il quale, come sempre accade quando si è troppo in anticipo rispetto ai propri tempi, paga ancora il fio legato alla trita e ritrita notorietà riservata ad annose opere come Quadri di un’esposizione o Una notte sul Monte Calvo, alla fama di un capolavoro straordinario e rivoluzionario come il Boris Godunov (che rientra nel novero di ciò che viene costantemente citato, ma poco ascoltato) e alla quasi totale indifferenza, soprattutto dalle nostre parti, riservata a quello scrigno meraviglioso rappresentato dai cicli delle canzoni per voce e pianoforte, il formidabile trittico La stanza dei bambini, Senza sole e Canti e danze della morte (complice, ahimè, l’ostilità rappresentata dalla lingua russa che non sprona di certo i pigri o coloro che sono affetti da oblomovismo, tanto per restare nell’ambito culturale di quel Paese).
Oltre a ciò, paradossalmente, la musica di Musorgskij soffre in un certo senso di colpe non sue, ma scaturite, certo involontariamente, a causa di altri, a cominciare dalle varie manomissioni e modifiche arbitrarie operate sulle sue partiture da un Rimskij-Korsakov, o dalla botta ipervitaminica data, a livello di trascrizione orchestrale, da Ravel ai sempre onnipresenti Quadri di un’esposizione che, se da una parte ha permesso di scoprire quest’opera, diffondendola Urbis et Orbis a favore della moltitudine, dall’altra ne ha travisato e distorto la portata originaria, capace di proiettare musicalmente una visionarietà come poche ce ne sono nel campo dell’arte dei suoni. Lo so, farò gridare allo scandalo plotoni di aficionados e di signorine per bene, ma quella del compositore francese è, come dire, una trascrizione sonora in technicolor su schermo panoramico, adatta per chi ama gli effetti speciali così cari alla Marvel Cinematic Universe, insomma per gente che guarda al cinema come un semplice divertissement, così come per chi ascolta la musica per apprezzare, ma non per capire. Per nostra fortuna, ossia per coloro che ascoltano per comprendere e non solo per apprezzare (in tale contesto mi azzardo a inserire, tanto per farmi qualche nemico in più, anche la celebre trascrizione fatta nel 1971 dagli Emerson, Lake & Palmer), ci sono altre versioni, al di là di esperimenti particolari, come quello fatto da Noriko Ishikawa per due pianoforti, dodici mani e ensemble di percussioni (sic), che hanno avuto il merito di non dilatare, stravolgere, gonfiare, ipervitaminizzare, camuffare, svilire, mortificare questo capolavoro pianistico, ma solo facendo quello che si dovrebbe fare, ossia evidenziare attraverso altri strumenti, meglio se pochi o pochissimi, la genialità della scrittura del compositore russo non in chiave melodica, ma in quella armonica. Affermo ciò perché è proprio attraverso lo studio, l’approfondimento e lo sfruttamento dell’armonia (il Preludio del Boris Godunov, sotto questo aspetto, è quantomeno esemplare) che si manifesta il vero Modest Musorgskij e un’azzeccata trascrizione dei suoi Quadri di un’esposizione, come quella per esempio effettuata per solo organo, permette di far affiorare tutta la complessità armonica celata in essi.
Ora, alla categoria delle trascrizioni mirate e intelligenti di quest’opera può essere ascritta anche quella che un duo chitarristico, formato dal croato Dejan Ivanovich & dal greco Michalis Kontaxakis, ha registrato recentemente per la Da Vinci Classics, unitamente a un’altra composizione, il ciclo di bagatelle Don Chisciotte & Sancho Panza, opera del compositore scozzese contemporaneo Ronald Stevenson. L’importanza di questa trascrizione del capolavoro del compositore russo si basa essenzialmente su un fatto, al di là della perizia interpretativa del duo in questione, vale a dire su come Musorgskij sia riuscito a imbastire un meraviglioso edificio sonoro basato sul principio di un complesso minimalismo che si estrinseca in una dimensione musicale ricca di sfumature e di bilanciati contrasti. Per rendersene conto non c’è bisogno di un’orchestra mastodontica, di sezioni poderose capaci di sprigionare tonnellate di peso timbrico ma, come in questo caso, solo di due chitarre, con la prima che si occupa della linea melodica e della seconda di rafforzamento del basso.
Ciò trasmette non soltanto la brillantezza della materia compositiva, ma anche un presupposto di “classicità” dal sapore quasi barocco che riesce a evidenziare come Musorgskij sia riuscito a costruire questo edificio sonoro con le giuste misure e le corrette proporzioni, presupposto a dir poco necessario, questo, per permettere all’ascoltatore di “visualizzare” l’effetto acustico dei quadri rappresentati, con il ritmo, il timbro, l’apporto melodico capaci di fornire di volta in volta il punto di fuga attraverso il quale ammirare la rappresentazione che scorre sotto gli occhi dell’udito (prendo a prestito, a livello di suggerimento, l’ascolto di Bydlo e, soprattutto, del Balletto dei pulcini nei gusci d’uovo, quest’ultimo brano di una difficoltà tecnica non indifferente se eseguito con uno strumento a corde, anche se reputo che il risultato più efficace sia stato raggiunto nel dialogo che si viene a instaurare in un pezzo quale Samuel Goldenberg & Schmuÿle).
Attraverso più ascolti, non ho potuto fare a meno di concordare con quanto afferma Fabio Zanon, che ha curato le note di accompagnamento al disco, ossia che gli interpreti di questa registrazione hanno impiegato diversi anni per confezionare questa trascrizione per le due chitarre, in quanto hanno dovuto sperimentare varie accordature di bassi per preservare la profondità del registro originale basso e i suoi effetti. D’altronde, è chiaro come questo tipo di lavoro e di progressiva “limatura” sia stato fatto per ottenere il timbro più appropriato per ogni brano in base alle capacità espressive della chitarra, cercando, per l’appunto, di non seguire il sentiero, a questo punto inopportuno, dato dal tipo di orchestrazione fatta da Ravel.
Anche la composizione del musicista scozzese Stevenson, scomparso nel 2015 all’età di ottantasette anni, ha un suo perché e una sua prerogativa, anche se si comprende fin dal primo ascolto che qui il lavoro per i due chitarristi è stato assai più semplice, per il semplice fatto che si tratta di una composizione “su misura” per i loro due strumenti. Si tratta di diciassette movimenti descrittivi interconnessi che tramutano in sonorità i passi più rappresentativi del capolavoro letterario di Cervantes, creati tra il 1982 e il 1985, facendo in modo che la dimensione compositiva non sia succube dell’immagine narrativa. Un lavoro interessante, indubbiamente, anche se non può vantare la genialità di quello di Musorgskij, ma che il duo Ivanovich & Kontaxakis riesce a rendere in modo coinvolgente e convincente (da rimarcare la pura linea melodica espressa dalla Serenata di Don Chisciotte).
Di buona fattura anche la presa del suono effettuata dallo stesso Michalis Kontaxakis nella chiesa ortodossa di San Giovanni ad Atene, che è contrassegnata da una dinamica energica, veloce e naturale, capace di evidenziare, quindi, anche la microdinamica, fondamentale per poter apprezzare le tante sfumature timbriche enunciate dalle due chitarre, create da Alkis Efthymiadis. Anche la ricostruzione del palcoscenico sonoro è notevole, con i due strumenti ricostruiti in modo ravvicinato, senza denotare fastidiosi riverberi e con un suono che si irradia piacevolmente in altezza e in ampiezza. Il parametro dell’equilibrio tonale è il più delicato e, allo stesso tempo, più convincente, in quanto il registro delle due chitarre è sempre perfettamente percepibile e debitamente scontornato nella gamma medio-grave e in quella acuta. Infine, anche il dettaglio mostra una matericità più che sufficiente, in grado di trasmettere un sentore tattile dei due strumenti.
Andrea Bedetti
Modest Mussorgsky-Ronald Stevenson – Pictures. Music for two guitars
Duo Kontaxakis-Ivanovich
CD Da Vinci Classics C01041
Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4/5