Maria Gabriella Mariani, un’umanista del terzo millennio

L’eclettica artista napoletana, oltre a essere una compositrice e una raffinata pianista, amante della scuola francese del primo Novecento, è anche una scrittrice e un’appassionata studiosa e ricercatrice della fisica. Musica, letteratura e scienza formano per lei un triangolo dal quale prende vita una visione del mondo in cui i suoni, le parole e le idee si compenetrano. Ne abbiamo parlato con lei in questa intervista

Maestro Mariani, lei è un’artista a dir poco atipica, nel senso che oltre ad essere una sensibile pianista e un’apprezzata compositrice, è anche scrittrice, saggista e studiosa di scienza, soprattutto di fisica. Una visione artistica e culturale poliedrica la sua, che rimanda alle figure degli umanisti e degli artisti rinascimentali. Come nasce in lei questa necessità di manifestare la sua spinta creativa in più ambiti?

Effettivamente si tratta di una necessità: di comunicare, di esprimermi. Sarà che non provenendo da una famiglia di musicisti ho sempre dovuto “spiegare” il significato della musica. Sarà anche che il rapporto con gli altri diventa un bisogno quanto più si è costretti a condurre una vita da… solista.

L’ultimo disco di Maria Gabriella Mariani, con proprie composizioni per pianoforte.

A ben vedere, quindi, la sua Weltanschauung artistica e culturale può essere rappresentata da un triangolo equilatero (o isoscele) i cui angoli sono formati dalla musica, il regno dei suoni, dalla letteratura, il regno delle parole, e la scienza, il regno delle idee. In questo ipotetico triangolo quale di questi tre “regni” assume il ruolo di vertice?

Ovviamente il regno delle idee, e non per una questione di priorità della scienza. Penso che il mondo sia fatto di idee. Le parole, i suoni, la scienza credo che siano i modi attraverso cui queste idee si manifestano. La musica, la matematica inducono a riflettere, la musica è anche un modo per provare sensazioni, emozioni. La parola è secondo me il modo più giusto di comunicare tutto questo. In fin dei conti è così che ha avuto inizio il cammino del genere umano.

Uno dei libri scritti da Maria Gabriella Mariani.

Entrando nello specifico, lei crea delle opere narrative alle quali poi a volte fa seguire delle opere musicali che hanno lo stesso titolo o viceversa, come accade nel suo romanzo Ologramma (in fase di pubblicazione), seguito dall’omonima pagina pianistica. Come se le parole dovessero poi lasciare inevitabilmente spazio ai suoni per rendere meglio le idee, le emozioni e le sensazioni espresse dalle prime. In ciò si trova quindi d’accordo con Heinrich Heine quando affermava che “laddove finiscono le parole, iniziano le note”, per evidenziare la concezione cara al Romanticismo secondo la quale l’Arte assoluta è la musica?

Sì. Nel mio caso si tratta di un processo bidirezionale. A posteriori posso dedurre che le musiche più rappresentative sono state una conseguenza delle rispettive opere narrative, mentre quelle dall’estetica più esclusivamente musicale sono state l’incipit. Nel caso di Ologramma, è nata prima la musica, perché è stato difficile per me accettare il contenuto del romanzo. Il tema dell’ansia ha dato luogo a un romanzo corale, in cui ogni personaggio, me compresa, crea un alter ego per metabolizzare questo male. I vari personaggi, diversi, ma accomunati da questo problema, finiscono con l’avere una propria vita, addirittura si incontrano, si scontrano, soccombono. Questa stesura narrativa è la trasposizione del brano musicale Tema, 17 Variazioni, Finale e Improvvisazione. La conclusione del romanzo corrisponde al Finale. L’Improvvisazione, che nel CD dura ventiquattro minuti ed è effettivamente estemporanea, senza un copione di riferimento, è volutamente lasciata al caso. Anche questo è un linguaggio, anzi forse il linguaggio più naturale, indistinto, viscerale. Prima di imparare a suonare, prima di saper leggere la musica, io giocavo con la musica, abbozzavo composizioni estemporanee, le registravo e quando non avevo nuove musicassette, incollavo nastri adesivi alle cassette d’autore e accumulavo esecuzioni estemporanee. In questo caso, l’improvvisazione funziona come un orologio rotto: una sorta di assoluto e, nel caso specifico, non replicabile. Questa scelta ha un significato simbolico: la consapevolezza di quanto la vita non sia sempre un teorema o anche solo un problema con la sua soluzione. Gli eventi si succedono sempre nuovi, proprio come un’esecuzione estemporanea. E all’autore non resta altro che dire: «E sia».

Il disco “Riflessi” che la compositrice e scrittrice napoletana ha fatto seguire all’omonimo testo letterario, esempio della sua concezione sinergica tra suono e parola.

La sua passione per la fisica, soprattutto per quella quantistica, l’ha portata anche a scrivere dei saggi e delle ricerche in questo campo. Che cosa l’affascina della scienza fisica e quali attinenze ci sono tra la fisica dei quanti e l’arte dei suoni?

Il suono, lo stesso concetto di armonia sono parti integranti della natura. Mi affascina il mondo delle geodetiche, l’orizzonte degli eventi, ossia quei fenomeni in cui non esiste una curva univoca temporale e lo spazio diventa tempo e viceversa. Anche nella musica il tempo e lo spazio non seguono la logica della consequenzialità. Un concetto ripetuto in narrativa può costituire una ridondanza, nella migliore delle ipotesi. In musica può essere una variazione. In fisica la variazione può addirittura diventare l’origine di un’espansione.

Maestro Mariani, come compositrice predilige esprimere la sua musica attraverso il linguaggio tonale, rifacendosi alla ricchezza armonica dei grandi musicisti francesi del primo Novecento, Debussy e Ravel su tutti. Quindi, in barba a quanto affermarono a loro tempo prima Anton Webern e poi la Scuola di Darmstadt, la “lingua musicale di Bach” non è morta…

Il linguaggio tonale ha il vantaggio di usufruire di una… grammatica assai comprensibile. Questo non significa che, laddove lo si voglia o lo si ritenga congeniale alla composizione, non si possa ricorrere ad altri linguaggi, tutti ormai abbastanza conosciuti, quindi tutti ormai inflazionati. Credo che ogni linguaggio possa essere valido ed efficace, finché non strizza l’occhio alle mode. Abbiamo delle composizioni strepitose rese attraverso linguaggi e fonti sonore innovativi. Noto invece che spesso gli autori hanno come paura di non essere abbastanza provocatori, ritenendo che la creatività debba sempre accompagnarsi alla stravaganza. Idea invero assai romantica, questa, più che squisitamente contemporanea. Le varie correnti artistiche, diciamo pure culturali in senso lato, sono spesso balzate agli onori della cronaca quando hanno generato stupore, sgomento, finanche irritazione. E sì che l’arte si è fatta carico di testimoniare il cambiamento dei tempi, di anticiparlo, o ancora di incoraggiarlo. Grosso merito, questo, ma altrettanto grossa responsabilità. Dunque, qual è il modo di procedere oggi in questo panorama asfittico, in cui in molti sostengono che si è fatto già tutto e di tutto? La conclusione più coerente rispetto a questo ragionamento datato e forse un tantino di comodo, sarebbe allora quella di non fare più niente. Oppure mettersi insieme a un branco, una sorta di cordata, all’ombra delle istituzioni, delle voci blasonate che contano; scrivere tre o quattro righi, non troppo, vincere qualche premio conferito da una giuria di “addetti ai lavori” e poi ritagliarsi delle rendite di posizione. Viviamo nel millennio dei luoghi comuni, non è difficile convincere quando si riesce a trovare il filone giusto. Ultima alternativa, poi, è quella di chi non si pone il problema di cosa fare, di come fare, con chi, per chi. Scrive perché è il suo Weltanschauung, perché lo desidera, e si espone in prima persona, con l’unica certezza dell’onestà di intendimenti, direi autenticità di intendimenti. Non è un merito, è un bisogno, una necessità come lei ha detto. Vede, se suonassi il mio repertorio pianistico sarebbe per me più semplice: io nasco come pianista, amo approfondire, interpretare gli autori classici. Il tempo che “perdo” a scrivere e poi imparare quel che scrivo potrei impiegarlo per suonare i miei “cavalli di battaglia” e poi altri pezzi nuovi. Sarei al riparo da certe speculazioni circa il modus operandi. Noto che ci sono tanti miei colleghi coetanei che continuano a suonare il secondo concerto di Rachmaninov, la Sonata di Liszt e quant’altro. È tutto pregevole, purché lo si faccia con integrità di intenti. A me piacciono i percorsi: ogni lavoro ha un suo messaggio e mi piace abbinare delle mie composizioni a quelle di autori classici nei quali riscontro un’affinità o semplicemente trovo uno spunto di riflessione. Questo è quel che intendo fare, anche a costo di rinunciare al mio adorato Gaspard de la nuit, al mio Liszt, a Chopin, alla pletora dei compositori che strappano gli applausi. L’importante è per me studiare invece il pezzo giusto da abbinare al progetto giusto, quale che sia l’autore o il linguaggio. Quanto poi alla lingua musicale di Bach secondo me è stato proprio Bach a enfatizzare la dissonanza attraverso il contrappunto e sempre laddove il procedimento compositivo lo richiedesse.

Un’ultima domanda, quali saranno i suoi prossimi impegni negli svariati campi artistici e culturali in cui è impegnata?

Sono impegnata in due progetti: quello che il mio editore musicale ha definito “fairy tales” e quello che io ho definito “nugae”. Non è un caso che il mio editore viva a Osaka e io nella terra della tradizione classica. Il primo è quasi completato: in primavera dovrebbe uscire il CD con una carrellata di brani musicali che si rifanno al mondo dell’infanzia, tra cui la mia ultima composizione Kinderliana. Questo progetto musicale è abbinato a un manoscritto dal titolo I racconti di Dora e Lucia, otto racconti a cui corrispondono gli otto brani della Kinderliana. Favole per grandi e piccini, che saranno anche illustrate da mio marito e saranno sceneggiate in Germania. Credo che inaugurerò questo progetto in aprile a Dresda. Quanto al secondo, sono “nugae” piccole cose, quadretti di un tempo passato, forse un po’ malinconici. Ci sarà Schumann, lo Schumann dei piccoli brani, degli interni domestici, in cui ogni cosa evocata diventa poesia. Ci sarà Brahms, l’allievo Brahms, l’erede di un mondo che sta cadendo come… foglie in autunno. E ci sarà Mariani con il suo brano Solo. Sto studiando Six épigraphes antiques di Debussy; qualcuno mi ha ricordato che l’anniversario della sua morte sta volgendo al termine. «Meglio così», ho risposto. Poi è la volta di un trittico di Beethoven, devo completare un’antologia di racconti dal titolo L’egoismo dei deboli e un tango che mi è stato richiesto, da abbinare all’altro mio Fun… Tango. Uscirà a breve il romanzo Ologramma. Avrebbe dovuto uscire in contemporanea con il CD Virtuoso Piano Works, ma c’è stato qualche intoppo che ora, finalmente, sembra superato. Ho recentemente pubblicato Pour jouer spartito, dopo quelli di Fun… Tango e Ologramma. Suonerò a breve in Lombardia, tornerò a Berlino, dove ho presentato in concerto il mio ultimo CD che è stato accolto con molto calore e porterò per la prima volta i miei brani a Monaco. Tutte le volte che suonerò mi rammaricherò di non dedicarmi esclusivamente alla scrittura e quando scriverò penserò a come sarebbe stato più semplice fare la pianista a tempo pieno.

Andrea Bedetti

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