Lo scorcio organistico delle Sonate di Baldassare Galuppi e i suoi Vespri natalizi
Disco del mese di Dicembre 2023
Il secondo disco che esce per l’etichetta Fluente Records all’interno del Keyboard Project dedicato a Baldassare Galuppi, vede protagonista il pianista, clavicembalista e organista aretino Andrea Trovato che ha registrato sette Sonate del Buranello con lo straordinario organo di Giovanni Battista De Lorenzi, risalente al 1875, presente nella Chiesa di S. Zeno in Santa Maria Assunta di Cerea, in provincia di Verona. Così, dopo il primo disco del progetto che Michele Fontana ha dedicato ad alcune Sonate con il pianoforte, ora altre pagine di questo stesso genere sono proposte attraverso l’impegnativa presenza organistica. Lo spostamento strumentale dal pianoforte all’organo permette anche all’ascoltatore meno avveduto ed esperto di comprendere come l’impianto compositivo delle Sonate in Galuppi possieda una portata espressiva per così dire “universale”, nel senso che le sue proprietà possono eccellere e spiccare indifferentemente a seconda dello strumento tastieristico utilizzato.
Anche in questo caso è assai difficile stabilire il periodo di composizione di queste sette Sonate, poiché sono poche, pochissime, le opere del Buranello ad essere state stampate, fornendo così un possibile termine di paragone tra lo stile e il dato cronologico. Ad ogni modo, non si deve dimenticare che l’organo fu lo strumento prediletto da parte di Galuppi, così come l’opera teatrale, soprattutto quella buffa, il genere che gli garantì il successo e il benessere economico. Ecco, allora, che le Sonate trovano nella tastiera organistica un approdo ideale, sia per quanto riguarda l’adeguatezza in termini di costrutto, sia per ciò che concerne la concretizzazione espressiva che le racchiude e le impreziosisce.
Se osserviamo la tonalità scelta dall’autore, ci accorgiamo che sei di queste sette Sonate sono in chiave maggiore, permettendo così al Buranello di escogitare dei ritratti, delle visioni, dei veri e propri schizzi attraverso i quali raffigurare un côté squisitamente disimpegnato e arguto allo stesso tempo, la cui presa diretta, in termini di ascolto e assimilazione, è pari a quella che abbiamo quando affrontiamo i titoli della sua produzione operistica. Ergo, freschezza, immediatezza, solarità che solo a tratti diviene parzialmente nuvolosa (la tenue solennità che s’irradia dalla Sonata in sol maggiore trattenuta dal tempo moderato), senso vitalistico di chi sfida la vita con il sorriso perennemente stampato in volto. Insomma, un uso “profano” dell’organo, sganciato e sgravato da problematiche metafisiche, per essere catapultato nelle calli e nei campielli, familiarizzando con quella quotidianità che è il pane altamente digeribile nelle trame che avviluppano i lavori teatrali del Buranello, musicalmente scintillanti e sorretti efficacemente dai testi goldoniani.
Questo raffronto può rappresentare, quindi, un ottimo viatico per ascoltare queste Sonate come se fossero delle minimaliste opere teatrali goldoniane, ossia lasciandosi coinvolgere da un senso ritmico che rappresenta in fondo il canovaccio di una trama sonora per via di quell’innegabile e pleonastica “cantabilità” che le impregna, restituendo così spicchi di una teatralità racchiusa nelle spire della tastiera, la quale si trasforma in un vero palcoscenico nel quale i vari timbri dell’organo del De Lorenzi assurgono al ruolo di veri e propri personaggi che restituiscono, di volta in volta, un canovaccio sonoro. Dunque, non meravigliatevi, al di là delle particolari sonorità escogitate da Galuppi (nelle note di accompagnamento è riportata la ricca disposizione fonica che questo strumento riesce a esprimere), se nel corso dell’ascolto avvertirete anche alcuni strumenti percussivi, suonati dallo stesso Andrea Trovato, che irrompono sulla scena; si tratta della cosiddetta Banda Turca, formata dalla Grancassa e piatti, dal Tremolante e dai Campanini, dai Timballoni, Timballi e Rollanti, che furono così di moda all’epoca del Buranello (e di Mozart, ben inteso), chiamati in causa per evocare immagini a forti tinte esotiste, a lontani mondi immaginati e mai visitati, conosciuti con il termine di “turcherie”, e il cui utilizzo serviva per fornire connotazioni ironiche o paradigmatiche.
Attenzione, però, perché le Sonate di Galuppi in tal senso non vogliono essere semplicemente “buffonesche”, ma solo dilettevoli in un senso alto del termine, poiché dietro la cortina del loro immediato approccio d’ascolto non solo si cela un saper comporre con i fiocchi e controfiocchi (l’ascolto della Sonata in fa maggiore vi chiarirà le idee), ma anche evocare sensazioni che definire per l’appunto “goldoniane” non lo considero esagerato o forzato. Galuppi compose principalmente per allietare, ma questo non significa che la sua musica sia senza un costrutto che si annulla sotto l’incalzare delle intemperie del tempo cronologico; la sua sapienza armonica, l’efficace proiezione melodica, la seducente tenuta ritmica (il maestro di Galuppi, Antonio Lotti, ebbe l’orecchio lungo quando si rese conto che tra i suoi tanti allievi il Buranello dava una pista a tutti gli altri) fanno in modo di lasciare sempre qualcosa finita l’esperienza dell’ascolto; è raro trovare un autore che nella sua linearità espressiva risulti essere così descrittivo, capace di donare sfumature che vanno a sondare il mondo dei sentimenti e delle emozioni. Ascoltando soprattutto le Sonate distribuite in due e in tre tempi, ossia le due in si bemolle maggiore e le altrettante in sol maggiore, ci si rende conto di come Galuppi, grazie alle possibilità timbriche fornite dall’organo, abbia imbastito delle pagine che rappresentano delle minimalistiche opere teatrali in chiave puramente strumentale, fatte di vaporosa leggerezza, nella quale confluiscono di volta in volta temi che sono personaggi, ritmi che rappresentano scorci di vita quotidiana, tali da richiamare per l’appunto le dinamiche caratteristiche delle commedie goldoniane.
Affermare che Andrea Trovato si sia trovato a suo agio nell’affrontare e rendere queste Sonate all’organo, significa essere semplicemente riduttivi. La quintessenza di queste pagine sta nell’evidenziare la loro intrinseca espressività, la quale non va a sondare profondità metafisiche, ma la materia umana, una quotidianità fatta di gesti abituali, una rotondità nei suoi affetti e nei suoi vizi, nello scorrere placido del tempo con le sue gioie e i suoi dolori, fatti di sfumature, emozioni e immagini fuggevoli; un campionario sociale che Galuppi riesce a rendere nei minimi particolari, come nella pittura veneziana di quel tempo, in cui i molteplici particolari miravano a restituire la magnificenza del tutto, dell’insieme, così come il Buranello con il côté organistico riesce ad esaltare insiemi e tutti straordinariamente freschi ed efficaci.
Andrea Trovato mira proprio a ciò: evidenziare ogni particolare, sfruttando al meglio la tastiera e la pedaliera dell’organo di Giovanni Battista De Lorenzi, andando a scovare ogni particolare, ogni sfumatura offerti dalla materia sonora galuppiana e facendo in modo di restituire la dimensione totale di ciò che andremo a “vedere” con le nostre orecchie, restituendo con stupefacente naturalezza l’eloquio dell’espressività, così come la luminosità del fraseggio.
Disco del mese di dicembre per MusicVoice.
La presa del suono, effettuata da Michele Fontana, ha il fondamentale merito di ricostruire al meglio le affascinanti sonorità dell’organo in questione. Ciò avviene, prima di tutto, grazie a una dinamica che è un mix di energia, velocità e naturalezza. Ne consegue un grande vantaggio a favore del parametro del palcoscenico sonoro, in quanto troviamo lo strumento restituito al centro dei diffusori e dotato di un’ottima profondità, tale da focalizzarlo perfettamente all’interno dello spazio sonoro, senza che vi siano perniciosi riverberi, con un’evidente migrazione del suono sia in altezza, sia in ampiezza. Anche l’equilibrio tonale è di primissimo ordine, in quanto i registri medio-grave e acuto risultano essere sempre distinguibili, con una notevolissima cristallinità data dagli accessori originali, che spiccano in modo deciso e piacevolissimo. Infine, il dettaglio è oltremodo materico, con dosi ragguardevoli di nero che vanno a fissare e a scontornare ottimamente l’organo.
Un’altra produzione discografica della stessa Fluente Records riguarda un’opera sacra sempre di Baldassare Galuppi, un CD che ovviamente non fa parte del Keyboard Project. Si tratta dei Vespri del Natale per coro e orchestra, registrati dal vivo nel dicembre del 2021 nella Basilica di San Marco dai componenti della Cappella Marciana diretta dall’attuale maestro di cappella, Marco Gemmani. Anche se nell’inlay del disco vi è l’indicazione First world recording, in realtà si tratta della medesima incisione già stampata e allegata nel numero di dicembre del 2022 di Classic Voice e che adesso viene pubblicata una seconda volta per il mercato discografico.
Una registrazione che si dimostra utilissima per conoscere un lato ancora poco conosciuto del Galuppi compositore, quello che riguarda la musica sacra, un genere che il Buranello curò soprattutto quando nel 1762 divenne maestro di cappella a San Marco, un incarico che oltre a onorarlo, aumentò anche il suo benessere e quello della sua famiglia (le autorità veneziane nel 1780, pienamente soddisfatte del suo lavoro svolto, portarono il suo compenso da quattrocento a seicento ducati l’anno, precisando che tale aumento era dovuto «non alla carica, ma unicamente alla sua persona»). Un apprezzamento che si basava anche sulla solida tradizione del passato con la quale il Buranello consacrò la sua tecnica compositiva, che si rifà, come nei suoi oratori, a pratiche legate ai doppi cori e alla polifonia vocale classica.
Lo stesso Gemmani, nelle note di accompagnamento al disco, spiega che i Vespri di Natale a San Marco si basavano sui Salmi Laudate, più precisamente il 112, 116, 145, 146 e 147, che avevano tutti in comune la parola iniziale di giubilo, ossia Laudate o Lauda, andando così a formare una caratteristica presente esclusivamente della liturgia cosiddetta “Patriarchina” usata solo in San Marco. A partire dal XVI secolo, però, i compositori che si succedettero nella cappella marciana andarono progressivamente a sostituire il canto delle antifone che precedevano i salmi con mottetti che vantavano lo stesso tema o i tempi delle sonate da chiesa. Ora, Galuppi probabilmente utilizzò nei suoi Vespri natalizi non solo mottetti di sua produzione, ma anche dei tempi strumentali tratti dai suoi concerti a quattro. Partendo da tale tesi, Gemmani ha voluto quindi proporre i Vespri di questa registrazione che si basano su alcuni Salmi conservati negli archivi della Cappella Marciana, composti dal Buranello in tempi diversi, e che una volta assemblati possono dare vita a un’opera appartenente a questo genere sacro, salmi che sono tutti a “otto voci in due cori”, proseguendo così la ferrea tradizione di San Marco, che si protrasse fino al 1797, ossia fino alla caduta della Serenissima.
È indubbio, però, che ascoltando questi Vespri oltre alla presenza “formale” della tradizione ci sia anche una ventata di freschezza, di vivacità, di originalità della materia canora data dalla consuetudine operistica di Galuppi, così come dall’apporto strumentale (sono cinque i contributi forniti da due violini, una viola, una viola da gamba, un contrabbasso e dall’organo) che fornisce quella gioiosa drammaticità su cui si calano le parti cantate. Sia la componente musicale, sia la capacità di rendere concatenamente “operistica” l’alternarsi delle Laudi, permette di ottenere in questo Vespro un incessante incalzamento, mantenendo salda l’attenzione nell’ascolto, come se si trattasse di un oratorio, altro genere nel quale spicca il genio di Galuppi.
Questa capacità di “raccontare”, di srotolare un filo conduttore con il quale avvolgere lo spettatore/ascoltatore, è resa molto bene dai coristi e strumentisti della Cappella Marciana e dal suo maestro Marco Gemmani grazie a una lettura vivida, partecipe, coinvolgente, densa di commozione e di profondità mistica. A ciò si unisce la magia data dall’evento dal vivo all’interno di uno dei più straordinari luoghi sacri esistenti al mondo, la Basilica di San Marco, che riesce a infondere con la sua acustica un’esperienza unica nel suo genere.
La presa del suono è stata fatta da una garanzia in materia, Matteo Costa, la cui esperienza e la cui sensibilità nel saper catturare la materia sonora era a dir poco indispensabile proprio a causa della particolarissima acustica presente nella basilica marciana, nella quale le registrazioni possono sortire due effetti opposti, ossia dare vita a prese tecniche ottimali oppure a schifezze inascoltabili. Qui ci troviamo di fronte a un risultato eccelso, in quanto Matteo Costa è riuscito a far coesistere il suono strumentale con la presenza di due cori distinti, ossia tre diverse fonti, armonizzandole nello spazio e nella corretta riproposizione della loro origine sonora. Merito di una dinamica assai naturale, veloce ed energica attraverso la quale poter ricostruire il parametro del palcoscenico sonoro con la precisa individuazione dei due cori saldati dagli strumenti musicali, unitamente a una notevole profondità con la quale fornire la sensazione del “magico” spazio fisico della basilica marciana. Anche l’equilibrio tonale è di ottima fattura, capace di separare ed esaltare i registri delle voci e degli strumenti, evitando esiziali impasti tra quello acuto e quello medio-grave. Infine, il dettaglio è sufficientemente materico, tale da scontornare coro e compagine orchestrale, permettendo così un ascolto piacevole e mai stancante.
Andrea Bedetti
Baldassare Galuppi – Keyboard Sonatas Vol. 2
Andrea Trovato (organo)
CD Fluente Records FL28271
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5
Giudizio artistico 5/5 Baldassare Galuppi – First Vespers of Christmas for Choir and Orchestra Cappella Marciana – Marco Gemmani (direzione) CD Fluente Records FL 28288 Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 5/5
Giudizio tecnico 4,5/5