L’innovazione secondo Beethoven e Zimmermann e la tradizione secondo Brahms
Dopo aver dedicato il loro primo album alla Sonata per violino e pianoforte n. 2 di Schumann e alla Sonata n. 1 per viola e pianoforte di Brahms e il secondo alla Sonata n. 2 per violino e pianoforte di Bartók, alla Sonata per viola e pianoforte di Leistner-Mayer e alla Sonata per violino e pianoforte di Janáček per la casa discografica TYXart, il duo cameristico formato da Burkhard Maiss e Ji-Yeoun You propone in questa recentissima registrazione, effettuata sempre per la medesima etichetta tedesca, un altro affascinante programma, con la Sonata per violino e pianoforte n. 9 di Beethoven, la celeberrima Kreutzersonate, la Sonata per violino e pianoforte di Bernd Alois Zimmermann e la Sonata per viola e pianoforte n. 2 di Brahms.
Al di là dei capolavori del sommo artista di Bonn e del genio amburghese, la peculiarità di questo disco è data sicuramente dalla Sonata di Zimmermann, uno dei compositori più “filosofici” ed enigmatici del Novecento, la cui parabola creativa si chiuse tragicamente nel 1970, quando il musicista di Erftstadt si tolse la vita a cinquantadue anni, gettandosi da una finestra della sua abitazione, in preda alla depressione e provato da una grave patologia alla vista. In un certo senso, la sua Sonata, che compose nel 1950, a trentadue anni, ossia la stessa età di Beethoven al momento di concepire la Kreutzersonate, rappresenta idealmente uno spartiacque tra la Sonata beethoveniana e quella brahmsiana. La composizione cameristica di Zimmermann, infatti, è assai simile, per espressione e carattere, alla Sonata n. 9 di Beethoven, tenuto conto che il compositore di Erftstadt, oltre ad essere stato il grande anticonformista della musica classica tedesca del dopoguerra, vanta un profondo legame con lo stile compositivo del genio di Bonn. Un legame che spinse Zimmermann a porsi continuamente una domanda, una riflessione che lo ossessionò per buona parte della sua breve vita, ossia: «Quali componenti della nuova musica potrebbero essere concepite senza Beethoven?».
Questa domanda non solo ci fa comprendere come Zimmermann rispettasse e ammirasse l’uomo e musicista Beethoven, ma anche come si identificasse in lui, nel senso che riconosceva il suo anticonformismo alla stregua del grande genio, un anticonformismo basato sulla medesima certezza di non appartenere a una scuola o a un’acquisita modalità compositiva (entrambi furono infatti nemici dischiarati delle cosiddette “forme prefabbricate”). Come Beethoven, anche Zimmermann fece della vivacità e dell’indipendenza la cifra del suo “fare” musica, unitamente a una curiosità di interessi che andavano da Webern fino ai Beatles, facendo sì che il materiale sonoro da lui utilizzato fosse così straordinariamente composito e multiforme, oltre al fatto che i mezzi musicali da lui scelti furono sempre legati alle necessità generate dal contenuto del particolare pezzo sul quale stava lavorando.
Un esempio lampante di tali necessità che si articolano a seconda del tipo di lavoro affrontato è dato proprio dalla Sonata per violino, la quale non solo è esemplare del suo modo di comporre “pluralistico” (un termine, questo, coniato dallo stesso Zimmermann), capace di unire stili diversi appartenenti sia al passato che al presente, ma è altresì un impressionante esempio di sonata moderno-classica che non solo non rinnega la tradizione, ma mostra anche un’originale, se non unica nel proscenio di metà Novecento, espressività del particolare linguaggio generato dal compositore tedesco. Inoltre, non si deve dimenticare un altro fattore altrettanto importante, quello che Zimmermann si concentrò in modo particolarmente intenso sul repertorio della sonata strumentale solo quando si rese conto di aver ormai raggiunto una certa padronanza della gestione compositiva (non per nulla, la Sonata per violino è fondamentalmente il suo primo lavoro affrontato nel campo della musica cameristica), in quanto da lui considerata un genere particolarmente problematico, dato che considerava lo strumento ad arco e quello a tastiera del tutto antitetici. Questo modo di considerare tecnicamente, di volta in volta, gli strumenti musicali ai quali dedicare e affidare le sue opere, va di pari passo, come in Beethoven, con la sua avversione nei confronti di una concezione “borghese”, acquisita, standardizzata non solo del fare musica, ma anche nell’affrontare la vita e i suoi problemi, cosa che Zimmermann portò avanti con esemplare coerenza fino alla fine, quando decise di porre termine alla sua vita. E non è un caso che questo grande e sfortunato musicista lo abbia fatto solo cinque giorni dopo aver terminato la stesura della sua Ekklesiastische Aktion per due voci recitanti, basso e orchestra, che ha un titolo a dir poco evocativo, visto che riprende il passaggio 4,1 del Qoelet, vale a dire Mi voltai e guardai tutta l’oppressione che stava avvenendo sotto il sole (Ich wandte mich um und sah an alles Unrecht, das geschah unter der Sonne).
Sulla Kreutzersonate e sulla Sonata per viola e pianoforte sono stati versate tonnellate di inchiostro e il numero delle registrazioni a loro dedicate riempierebbe interi scaffali di una discoteca, ma è altrettanto indubbio che la lettura fatta dal duo Maiss&You rappresenta un punto fermo, ineludibile, se restringiamo al campo delle incisioni fatte negli ultimi due-tre decenni. Entrambe le opere sono restituite dal violinista e violista tedesco e dalla pianista sudcoreana in modo più che convincente, passando dalla passione e contemplazione della sonata beethoveniana alla mesta tenerezza di quella brahmsiana, grazie a un nitore del timbro e a un’espressività che a tratti lascia senza respiro. Coinvolgimento, precisione degli attacchi, fraseggio che lascia intendere sempre un ritmo sotterraneo, impalpabile, chiarezza delle proporzioni volumetriche, tutto concorre per poter definire la loro lettura davvero entusiasmante. Un vertice al quale si allinea degnamente la loro interpretazione della sonata di Zimmermann resa con glaciale fulgore, un diamante restituito nella sua luce introversa, trasudante un dolore che lascia commossi, un abisso nel quale si ha paura ad affacciarsi. Esaltante.
Nel booklet di accompagnamento si fa presente che questa è una registrazione audiofila e non si può fare a meno di concordare con tale affermazione, visto che la presa del suono effettuata da Andreas Ziegler ha le carte in regola per rendere felici coloro che posseggono un impianto audio all’altezza della situazione. La dinamica è a dir poco esplosiva, con una velocità che è supersonica e con una pulizia timbrica che rende a dir poco presenti i due artisti nella sala d’ascolto (e qui siamo già al dettaglio, arricchito da dosi illimitate di nero che esaltano la messa a fuoco degli strumenti). Il palcoscenico sonoro è straordinariamente granitico nella ricostruzione dei due interpreti, con Maiss leggermente avanzato a sinistra rispetto a Ji-Yeoun-You, con una loro ricostruzione alquanto ravvicinata, ma che non pregiudica la perfezione di questo parametro. Infine, l’equilibrio tonale è una delizia di sfumature dei registri, sempre perfettamente resi senza che si perda una sola oncia della loro emissione. Impeccabile.
Andrea Bedetti
Beethoven-Zimmermann-Brahms – Sonate für Klavier und Violin Nr. 9-Sonate für Violin und Klavier-Sonate für Viola und Klavier op.120/2
Burkhard Maiss (violino & viola) – Ji-Yeoun-You (pianoforte)
CD TYXart TXA21165
Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 5/5