L’arpa al femminile nel Novecento
Nell’immaginario collettivo quando si pensa a uno strumento musicale come l’arpa si associa immediatamente l’immagine di una delicatezza fatta suono e, con essa, quella di un’interprete femminile, simbolo stesso della delicatezza evocata. In realtà, le cose stanno in un modo assai diverso, in quanto l’arpa, sebbene vanti un suono veramente aulico, è uno degli strumenti meno delicati che si possano immaginare a livello esecutivo (vi invito a guardare le mani di un’arpista o di un arpista, in particolar modo i suoi polpastrelli), poiché è uno dei più sfibranti a livello fisico (come si suol dire, ci vuole un fisico bestiale, oltre a due braccia e a due mani d’acciaio). Ma è indubbio che questo strumento a corde rappresenta un’icona dell’esecuzione femminile, anche se quasi sempre non consideriamo con altrettanta attenzione il fatto che vi sono state diverse compositrici che le hanno dedicato opere e pagine di grande valore.
Bene ha fatto, quindi, l’arpista parmense Alessandra Ziveri, la quale ha voluto dedicare la sua ultima fatica discografica, dal titolo La promenade des dames a cura della Da Vinci Classics, a un recital per sola arpa con opere scritte da tre compositrici francesi del Novecento (e questo è una altro tassello che dobbiamo tenere a mente, visto che spesso e volentieri associamo questo strumento ad epoche alquanto remote e non certo al nostro recentissimo passato storico), vale a dire Louise Charpentier (1902-1964), Renée Hansen-Jamet (1900-1985) e la più famosa del trio, ossia Germaine Tailleferre (1892-1983). Delle tre, invece, la più sconosciuta è Renée Hansen-Jamet proveniente da una famiglia di musicisti (il padre fu fondatore e primo direttore del conservatorio di Reims, sua sorella Thérèse fu un’interprete di arpa e insegnante nello stesso conservatorio, mentre il marito di Renée fu Pierre Jamet, uno dei maggiori arpisti del Novecento). La stessa Renée, oltre ad essere un’apprezzata compositrice (studiò con Nadia Boulanger a Parigi nei primissimi decenni del Novecento e in seguito fu un’insegnante di un giovane Pierre Boulez), fu anche una notevole violoncellista e nel suo catalogo spiccano le Variations sur un Thème Mineur, pubblicate nel 1946 per sola arpa e dedicate espressamente al marito.
Come buona parte delle composizioni che videro la luce durante o subito dopo i due conflitti mondiali della prima metà del Novecento, anche questa vede la presenza di due poli identificativi, uno incentrato sul dolore, sulla disperazione provocata dalla guerra, e l’altro riconducibile a un afflato di possibile speranza, con la quale chi sopravvive intende confidare su un nuovo inizio. Quindi, ombre e luci che si alternano attraverso la progressione timbrica di queste variazioni, in cui gli elementi consonantici e dissonantici si stratificano in un intreccio che non decade mai in una dimensione espressiva stereotipata.
Anche Louise Charpentier provenne da una famiglia di musicisti (lo furono il padre e il nonno), ma questo fatto non le permise di vedere rispettata all’inizio la sua volontà di seguire la stessa tradizione, visto che fu costretta a subire l’imposizione di non intraprendere studi musicali, che fortunatamente decise di non considerare, consacrandosi all’arte dei suoni, il che le permise non solo di diventare una compositrice, ma anche di essere in grado di suonare svariati strumenti, tra cui l’arpa che rimase sempre il suo strumento preferito. Di questa musicista Alessandra Ziveri ha voluto registrare la Rhapsodie per sola arpa, pagina che evidenzia raffinatezza formale e capacità espressiva, corroborate da una ricerca melodica che tiene conto delle possibilità tecniche dello strumento (non per nulla, a tale riguardo, si deve tenere presente come il percorso dell’arpa, nel corso del Novecento, nell’ambito dell’approfondimento tecnico e delle sue peculiarità espressive, segua parallelamente quello seguito dalla chitarra).
Il maggiore spazio è andato però a una delle maggiori musiciste del Novecento, Germaine Tailleferre, scelta quanto mai necessaria, visto che ci troviamo di fronte a una compositrice la cui grandezza, a dire il vero, dev’essere ancora scoperta e valorizzata con la dovuta attenzione. Questo perché ciò che vale per il resto del Gruppo dei Sei (ossia Georges Auric, Louis Durey, Arthur Honegger, Darius Milhaud, Francis Poulenc), vale anche per Germaine Tailleferre, che di questo gruppo ne fece parte, in quanto i suoi appartenenti, tranne Poulenc e in parte Honegger e Milhaud, nel nostro Paese tutt’oggi sono sicuramente più citati e nominati che realmente ascoltati. Ma basta prestare ascolto ai tre brani della compositrice francese scelti da Alessandra Ziveri per capire di che pasta sia fatta la sua musica, vale a dire Le petit livre de harpe de Madame Tardieu (1912-17) la Sonate pour harpe (1957) e la Sonata alla Scarlatti (1977), che rappresentano idealmente altrettanti momenti cardine della sua concezione e del suo sviluppo musicale.
Le petit livre de harpe de Madame Tardieu, composto da diciotto Studi per sola arpa, fu scritto dalla musicista francese durante gli anni di studio al Conservatorio a Parigi (anch’ella dovette subire l’ostracismo da parte del padre, che non contribuì minimamente ad aiutarla economicamente nei suoi studi musicali) e dedicato a Caroline Tardieu, assistente alla cattedra di arpa, grazie alla quale Germaine Tailleferre amò e approfondì la conoscenza dell’arpa e delle sue possibilità tecnico-timbriche. Possibilità che la musicista francese estrapola sistematicamente da questi Studi che non devono essere intesi sulla falsariga di un semplice tributo alla stessa insegnante o come un approccio sistematico e didattico allo strumento come se fossero una sorta di Mikrokosmos di bartókiana memoria in ambito arpistico, ma nella misura di un approccio attraverso il quale Germaine Tailleferre elaborò un principio di sistematizzazione armonica-espressiva basato su quanto lei, Milhaud, Auric e Honegger ebbero modo di progettare nelle lunghe conversazioni e dei confronti nel corso dei loro studi al conservatorio parigino in quell’epoca. In effetti, questi diciotto Studi devono essere ascoltati come un progetto, un work in progress, in cui l’(apparente) semplicità formale (ma non tecnica!), già proiezione di quelle che saranno le principali tematiche estetico-musicali del Gruppo dei Sei, si coniuga con una ricerca timbrica in cui l’esplorazione dello strumento si trasforma in una felicissima esposizione espressiva, proponendo un nuovo confronto tra l’arpa e la sua resa musicale.
Questa ricerca approderà poi a distanza di decenni, quaranta per la Sonate pour harpe, sessanta per la Sonata alla Scarlatti, in un’acquisizione in cui l’equilibrio tra la conquista tecnico-virtuosistica (e questo vale soprattutto per la prima delle due pagine, composta espressamente per Nicalor Zabaleta) e quella di una forma di cui le radici tradiscono un’ideale impronta “neoclassica” (concentrata nella seconda pagina) permettono a Germaine Tailleferre di raggiungere apici compositivo-espressivi per ciò che riguarda l’arpa.
Da queste poche indicazioni si può quindi ben comprendere come le opere scelte dall’arpista parmense rappresentino tecnicamente ed espressivamente un preciso e ineludibile paletto per tutti coloro che desiderano affrontarle; un paletto che viene agevolmente superato da Alessandra Ziveri, la quale è protagonista di una lettura più che convincente, capace non solo di eludere le trappole tecniche e virtuosistiche (certi passaggi delle Variations della Hansen-Jamet, così come della Sonate pour harpe della Tailleferre, fanno sì che l’arpa sia da considerarsi un’estensione fisica di coloro che le eseguono), ma anche di confezionare una raffigurazione della loro espressività che è sinonimo di fluidità e profondità. Indubbiamente, una delle migliori registrazioni per sola arpa degli ultimi anni.
Altrettanto efficace la presa del suono effettuata da Massimo Marchese presso il Castello di Morsasco, in provincia di Alessandria; sia la dinamica, velocissima ed esente da evidenti enfasi coloristiche, sia il palcoscenico sonoro sono in grado di restituire lo strumento al centro dello spazio sonoro in modo corretto. E se il dettaglio ripropone la fisicità dello strumento, contraddistinto da un’efficace quantità di nero che lo scolpisce, l’equilibrio tonale denota un sostanziale rispetto dei registri e delle rispettive zone timbriche.
Andrea Bedetti
Louise Charpentier – Germaine Tailleferre – Renée Hansen-Jamet – La promenade des dames
Alessandra Ziveri (arpa)
CD Da Vinci Classics C00186
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5
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