L’arcipelago tastiera di Baldassarre Galuppi
Siamo soliti discettare, più o meno amabilmente, sul lascito delle (finora) cinquecento cinquantacinque Sonate scarlattiane, la cui integrale è stata proposta negli ultimi decenni in varie salse, coinvolgendo il clavicembalo, l’organo e il pianoforte, ma inspiegabilmente lo stesso processo musicologico e interpretativo nella sua (altrettanta finora) totalità non si è mai avuto modo di realizzarlo per ciò che riguarda un altro corpus sonatistico, quello che riguarda il serenissimo, di nascita, Baldassarre Galuppi, la cui figura ancora sbiaditamente troneggia nelle storie e negli almanacchi musicali, quasi sempre solo per la sua produzione melodrammatica (tanto per rimanere in tema, il marcelliano Teatro alla moda continua a volteggiare sagacemente come il monito baudelairiano dell’ala), come a dire che il tesoro multimilionario di Paperon de’ Paperoni viene ridotto e ricordato solo con il famoso primo cent con il quale fece la sua fortuna.
In realtà, Galuppi e la sua produzione rappresentano molto, molto di più. A cominciare, proprio, da quella che riguarda la tastiera. E se il Galuppi tastierista non ha conosciuto, in tutto questo tempo, la stessa fama di quella di Scarlatti, reputo che la causa non risieda tanto nella dispersività delle partiture, disseminate nelle biblioteche di tutto il mondo, al punto da rappresentarne una sorta di arcipelago come quello che riguardava i gulag dislocati nell’immensità della Siberia sovietica narrato da Solženicyn, quanto da una distorsione di merito, nel senso che le Sonate del compositore veneto sono state considerate erroneamente troppo facili, ergo troppo semplici, soprattutto in fase di ascolto. Insomma, al nostro autore è stato imputato un approccio alla materia tastieristica scevro da una profondità di intenti che andassero oltre alla piacevolezza, a un’immediata (?) fruibilità da parte dell’ascoltatore.
Attuando, però, un debito parallelismo con l’opera pittorica del coevo Canaletto, ci rendiamo conto che quanto vale per il grande pittore, vale a dire la sua capacità di delineare compiutamente nei dettagli ogni minimo particolare inglobato e ritratto nelle sue celeberrime vedute, il che comporta da parte dell’osservatore un’attenzione percettiva in grado di andare oltre a una semplice assimilazione generale dei suoi dipinti, lo stesso si deve dire del musicista di Burano, la cui musica per tastiera è capace di presentare non solo un “grazioso” esercizio di piacevolezza, ma anche una debita raffigurazione sociale del proprio tempo, attraverso la quale far affiorare, al di là di una rassicurante solarità, anche ombre e penombre, sottili inquietudini e mal sopite irrequietezze.
Alla luce di ciò, il progetto discografico intrapreso recentemente dall’etichetta discografica Fluente Records, che ha dato avvio alla registrazione integrale delle oltre cento Sonate del compositore lagunare, intitolata Galuppi Keyboard Project e che prevede il coinvolgimento di diversi musicisti al pianoforte, al clavicembalo e all’organo, rappresenta una novità da seguire con interesse. Il primo titolo di questo progetto è un doppio CD che vede al pianoforte lo stesso deus ex machina della casa discografica, ossia Michele Fontana, affrontare dodici sonate del nostro autore, a cominciare dalla Sonata in do maggiore, ossia quella immortalata ai tempi da un giovanissimo Arturo Benedetti Michelangeli. Premetto che l’unica pecca che trovo in questi primi due CD, e che confido non venga ribadita anche nei prossimi dischi, è che non vengano specificati da quali manoscritti o copie siano state desunte le interpretazioni stesse, limitando l’elenco delle opere presentate solo attraverso la generica tonalità, il che può essere soddisfacente per un ascoltatore distratto o tutt’al più curioso, ma non certo per l’appassionato, il quale avrebbe voluto avere magari maggiori informazioni, anche nelle note di accompagnamento, che sono invece del tutto generiche, visto che un progetto discografico di tale portata avrebbe dovuto tener conto di ciò (cosa che, invece, un corpus del tutto parziale, come quello registrato da Matteo Napoli per la Naxos, ha fatto a suo tempo).
A parte ciò, queste prime dodici Sonate permettono di entrare direttamente nel cuore dell’universo musicale di Galuppi, nel senso che la cernita qui presentata mostra il modo di comporre per la tastiera, con i debiti rimandi all’immancabile comunicabilità presente nel genere melodrammatico, quindi un’estrema cantabilità resa soprattutto dai tempi lenti, una cantabilità che coinvolge interamente il pensiero musicale del compositore di Burano. Però, oltre a ciò, dalle Sonate affrontate dall’interprete di Legnago si possono evincere anche quella complessità, quella ricchezza di sfumature, date dalle indubbie influenze che Galuppi ebbe modo di assimilare nel corso della sua avventurosa esperienza esistenziale e artistica (in assoluto il nostro autore fu uno degli artisti che nella sua epoca viaggiò in lungo e in largo nel vecchio continente, da Vienna a Berlino, da Milano a Londra, fino a Mosca e San Pietroburgo). Galuppi fu dunque un grande assimilatore, ma non un semplice “replicatore”, di ciò che imparò, capace di trasmutare con uno stile appassionatamente personale, semmai all’insegna del grande e variopinto quadro musicale impartito dalla Scuola veneziana, quanto seppe maturare a livello compositivo nel corso del tempo.
Reputo che sia proprio questo dato ad aver influenzato maggiormente Michele Fontana nella lettura di queste prime dodici Sonate, vale a dire che emergono nella sua interpretazione due punti salienti: il primo è che seguendo una falsariga “melodrammatica”, l’interprete di Legnago adotta un fraseggio capace di far primeggiare la cantabilità delle linee melodiche, senza però allo stesso tempo reprimere quelle pulsioni sotterranee, quelle nervature di natura psicologica che si diramano all’interno delle Sonate (e ciò permette di avvertire sempre, anche nei momenti più sereni, una debita “elettricità” nella resa timbrica), mentre il secondo è di fornire una precisa connotazione stilistica, ossia temporale, di ogni Sonata presa in oggetto (non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo e che, nel corso del progetto in questione, avremo a che fare con un ventaglio compositivo che arriva al mezzo secolo di durata), facendo calare la temperie della pagina in una dimensione “storica”, fissata, ma non stereotipata, in quanto Fontana si tiene alla larga da tale possibile trappola grazie a una pletora di sfumature timbriche, giocando sottilmente sull’agogica, arricchendo, ma non stravolgendo, corroborando, ma non sfalsando (prendo come esempio il Larghetto che apre la Sonata in do minore). Ed è qui che l’esecuzione si fa affresco, un affresco che, come nel caso delle vedute del Canaletto, non mira solo a rappresentare il quadro generale preso in esame, ma riesce a descrivere minutamente anche i particolari presenti in esso.
La presa del suono, curata ovviamente dallo stesso interprete, ha il merito di mettere in risalto l’indubbia musicalità fornita dal grancoda Shigeru Kawai modello EX (uno strumento che permette di esaltare la lucidità di una lettura, cosa che avviene puntualmente in questa registrazione); così, la dinamica, oltre a denotare una grande pulizia timbrica, vanta una velocità nei transienti e una naturalezza tali da offrire all’ascoltatore la possibilità di cogliere, timbricamente, la cristallinità con la quale Galuppi arricchisce le sue composizioni tastieristiche. Il palcoscenico sonoro scolpisce poi a una discreta distanza il pianoforte, permettendo di restituire anche lo spazio fisico nel quale è avvenuta la registrazione, permettendo in tal modo di cogliere l’ampiezza e l’altezza attraverso le quali il suono si propaga. Decisamente ottimo, quasi cesellato, il parametro dell’equilibrio tonale, poiché, tornando al dono cristallino di queste pagine, la resa e la differenziazione tra il registro medio-acuto e quello grave dev’essere non solo pulito, ma di più, molto di più, con uno scontorno focalizzato al massimo, cosa che qui avviene piacevolmente. Infine, il dettaglio chiude il cerchio con una matericità non indifferente, in quanto la messa a fuoco dello strumento è decisamente valida, tale da non portare il prolungato ascolto a una fase di affaticamento, ma sempre carezzevole e rotondo.
Andrea Bedetti
Baldassare Galuppi – Keyboard Sonatas
Michele Fontana (pianoforte)
2CD Fluente Records FL28226.02
Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4,5/5