La rivincita del trombone in ambito cameristico
La storia della musica è anche, naturalmente, la storia degli strumenti musicali e di come e quanto siano stati utilizzati nel corso del tempo. Analizzando i dati del loro impiego sovente capita di osservare come si venga a creare quasi un andamento ondivago, una vera e propria onda sinusoidale, che si alza e si abbassa a seconda dell’intensità di tale utilizzo. Entrando nel merito della registrazione discografica di cui mi occupo adesso, se consideriamo la storia del trombone, dal suo inizio, storicamente fissato dalle prime testimonianze che lo vedono utilizzato nella musica cerimoniale eseguita nel Ducato di Borgogna intorno al XV secolo (ossia quando era ancora chiamato con il termine di sacqueboute (dal francese sacquer e bouter, cioè tirare e spingere) fino al suo uso nelle grandi compagini orchestrali nella musica orchestrale e sinfonica del secondo Ottocento, vediamo che il punto dell’onda corrispondente ai picchi più alti corrispondono al tramonto del Rinascimento e del primo Barocco e al cuore del Romanticismo, ossia quando il trombone dapprima è considerato elemento pregnante della musica sacra e poi, dopo un breve periodo di oblio, torna prepotentemente nel corso dell’Ottocento, grazie al suo utilizzo nell’ambito della musica operistica (soprattutto in Francia), anche per via della sua capacità di produrre scale complete di suoni.
Il Paese transalpino entra così prepotentemente in campo proprio nel nostro disco in questione, dal titolo Le trombone romantique dans la France du XIXe siècle, pubblicato da Da Vinci Classics, e che vede il trombonista Francesco Verzillo, accompagnato dal pianista Danilo Dellepiane, presentare nove brani del repertorio cameristico per questo specifico duo nell’ambito della musica francese dell’Ottocento, unitamente al Poème, composto dallo stesso Verzillo. Gli autori e i brani francesi presi in esame sono per la precisione, Hedwige Chrétien con il Grand Solo: andante et Allegro pour trombone et piano, Jules Cohen con l’Andantino, Samuel Rousseau con il Pièce concertante pour trombone avec accompagnement de piano, Hector Berlioz con l’Oraison Funèbre: solo from Grande Symphonie Funèbre et Triomphale op. 15, Adrien Barthe con il Solo de concours, Ambroise Thomas con Solo from Hamlet, Jules Demersseman con l’Introduction et polonaise Op. 30 e Georges Bizet con Habanera from Carmen e la Danse des gitans from Carmen. Così abbiamo compositori decisamente conosciuti come Berlioz, Thomas e Bizet, ad altri che invece appartengono alla sfera di competenza degli addetti ai lavori.
Non è un mistero che Berlioz tenesse in grandissima considerazione il trombone (basta ascoltare le sue composizioni per grande orchestra per capirlo), anche grazie all’aumentata versatilità di questo strumento grazie all’apporto delle valvole, con i meccanismi costituiti da cilindri rotanti o pistoni, che consentirono un cambiamento istantaneo degli armonici naturali, trasformando così il trombone in uno strumento cromatico. Ma non bisogna dimenticare il “culto” che tale strumento ebbe a livello di studio e di esplorazione timbrica che furono effettuati nel corso dell’Ottocento presso il conservatorio di Parigi (la classe di trombone fu proposta da Luigi Cherubini nel 1833, con il trombonista solista Felix Vobaron che divenne il primo docente, seguito poi dal leggendario Antoine Dieppo, che la occupò fino al 1871). L’attività didattica di Dieppo permise l’avvento di una schiera di compositori ed interpreti che vollero scrivere brani solisti per trombone con accompagnamento di fortepiano, pianoforte o organo, al fine di dimostrare le virtù tecniche ed espressive di questo strumento della famiglia degli ottoni. La maggior parte dei pezzi presenti in questa registrazione è concepita per trombone tenore con coulisse, ad eccezione del brano di Demersseman, ideato per uno strumento a valvole. Quindi, un approccio debitamente “filologico”, tenuto conto che sono stati utilizzati un trombone a coulisse Joseph Gras (mentre per il brano di Demersseman è stato utilizzato un trombone Karl Mönnich-Erlbach) e per l’accompagnamento un fortepiano Grand Piano Ignace Pleyel del 1842.
Diciamolo chiaramente, questo album farà la felicità di tutti i patiti di questo strumento e rappresenterà una curiosità invece per coloro che sono abituati a sentire la sua timbrica all’interno di una compagine orchestrale, anche se non tutti i brani possono restare avvinti nella memoria di chi li ascolta. Al di là delle due pagine di Bizet che vedono la trascrizione, effettuata dallo stesso Francesco Verzillo, di altrettanti passaggi melodici del capolavoro operistico e che si adattano alle sonorità del trombone, il brano di Hector Berlioz è tratto dall’opera monumentale Grande Symphonie Funèbre et Triomphale op. 15, con l’assolo dell’Oraison Funèbre, che è una sorta di recitativo e di preghiera in stile vocale, un estratto dalla parte cantata del terzo atto dell’opera incompiuta Les franc-juges. In questo caso, la parte vocale fu volutamente sostituita dal trombone per mano dello stesso Berlioz e nell’esecuzione di questa registrazione la parte orchestrale è stata sostituita dal Pleyel.
Il Grand Solo: andante et Allegro pour trombone et piano, risalente al 1886, della compositrice Hedwige Chrétien (1859-1944), allieva di César Franck, è contraddistinta dal dispiegarsi di un ampio stile lirico, che non manca di una certa magniloquenza. Jules Cohen (1835-1901), invece, fu allievo di Halévy. Il suo Andantino può essere eseguito anche con accompagnamento d’organo. Nel manoscritto, come ricorda Verzillo nelle note di accompagnamento, fu proposto per la rappresentazione in chiesa durante l’Offertorio ed evidenzia una qualità poco conosciuta del trombone, quella della capacità di fornire una dolcezza espressiva. Samuel Rousseau (1853-1904) nelle sue opere si ispirò allo stile di Franck e Fauré. Vinse il Prix de Rome nel 1878 e, di conseguenza, ebbe prestigiosi incarichi in campo musicale. Il suo Pièce concertante è un tipico esempio di un’opera romantica, suddiviso da un allegro iniziale vivace, da una sezione centrale assai elegiaca e da un finale che riprende il tema iniziale e termina in modo aperto e spiritoso.
Anche Adrien Barthe (1828-1898) vinse un Prix de Rome e insegnò al Conservatorio, scrivendo soprattutto per il repertorio operistico e il suo Solo de concours qui presentato ne è una chiara testimonianza in chiave strumentale, per via di un indubbio lirismo e, allo stesso tempo, virtuosismo, con il trombone che sostituisce idealmente una tessitura vocale. Il pezzo di Ambroise Thomas è simile nella sua gestione e quello di Berlioz, nel senso questo assolo con il trombone occupa il Preludio al Tableau II nel primo atto dell’opera lirica Amleto, risalente al 1868. Anche in questo caso l’accompagnamento orchestrale è stato condensato per uno strumento a tastiera, e la sua struttura oscilla tra un’enunciazione lirica e cantabile del trombone e gli accenti drammatici dell’accompagnamento. Jules Demersseman (1833-1866) è stato un flautista e musicista della Francia settentrionale e il suo Introduction et polonaise è contraddistinto da un’indubbia vivacità compositiva, esaltata da recitativi (la proiezione operistica è sempre presente), temi cantati e una polacca che termina con un finale maestoso. Infine, il brano composto da Francesco Verzillo, il Poème, la cui stesura vuole essere una sorta di omaggio agli interpreti da concorso che operarono al Conservatorio di Parigi nel XIX secolo. Questo pezzo è suddiviso in due tempi, l’Elégie, la cui funzione è quella di rappresentare un elemento introduttivo, con un andamento cantabile dal carattere tenero e malinconico, mentre il tempo successivo, Petite chanson, è a dir poco opposto al primo, per via di una vivace brillantezza che mette in risalto le qualità virtuosistiche che lo strumento riesce a sprigionare.
Al di là della particolarità del genere e dei compositori presi in esame, a cominciare da quelli per molti del tutto sconosciuti, il merito principale di questa registrazione risiede nella sfida che ogni trombonista decide di affrontare quando diviene protagonista assoluto come interprete. E qui Francesco Verzillo lo dimostra pienamente vincendo la sfida che ha voluto lanciare: non bisogna essere degli esperti in materia per comprendere come affrontare un repertorio virtuosistico come questo e imbracciando uno strumento quale il trombone sia maledettamente difficile e a dir poco impervio. Il trombonista genovese non solo riesce a fornire sempre un’impeccabile intonazione, e qui siamo già a un livello superiore, tenuto conto che ha tra le mani uno strumento filologico, ma attraverso di esso fornisce un quadro esaustivo delle potenzialità espressive che il trombone riesce a donare. Da qui una pletora di sfumature, di colori, di immagini (ricordiamoci sempre la veicolazione operistica da cui germoglia il tutto), di costruzioni architettoniche in cui il suono riesce a primeggiare, nel ventaglio timbrico offerto, capaci di andare oltre la dimensione puramente creativa della scrittura (la quale, invece, interesserà coloro che già conoscono il trombone e il suo repertorio cameristico francese), permettendo di conseguenza un ascolto che non conosce i territori della noia. Anche Danilo Dellepiane ci mette del suo per impreziosire il tutto attraverso un accompagnamento che a livello timbrico non è mai invasivo (certo, un Pleyel in questo caso aiuta), oltre al fatto che uno strumento a tastiera come questo dev’essere necessariamente domato, prima ancora che interpretato, fornendo quel corollario di intenzioni emotive, di sostentamento, di raddoppio, di sganciamento lessicale, che ha il compito di arricchire il quadro finale. Un’interpretazione, insomma, che fa conoscere un angolo assia remoto della galassia cameristica ottocentesca e che alla fine dimostra di essere un’esemplare e doverosa pernacchia rivolta a coloro che considerano il trombone un agglomerato di spernacchiate che non meritano attenzione e rispetto.
Le note di accompagnamento non specificano chi ha curato la presa del suono (vi è solo la generica indicazione D & D Studio Recording di Genova), ma il risultato finale è più che buono, contraddistinto da una dinamica efficace sia nel versante della velocità, sia di un’adeguata potenza che non penalizza quella naturalezza così necessaria per rendere la timbrica del trombone e del Pleyel. La ricostruzione del palcoscenico sonoro presenta un posizionamento corretto dei due interpreti, con il trombone leggermente avanzato, rispetto all’ascoltatore, con una discreta profondità e un’apprezzabile ampiezza. L’equilibrio tonale non è da meno, in quanto il registro dell’ottone e quello del Pleyel sono sempre distinguibili, senza ingerenze o sovrapposizioni dannose, facilitando l’ascolto del dialogo tra i due strumenti. Infine, il dettaglio restituisce un’ottima matericità e palpabilità fisiche di entrambi.
Andrea Bedetti
AA.VV. - Le trombone romantique dans la France du XIXe siècle
Francesco Verzillo (trombone) – Danilo Dellepiane (fortepiano)
CD Da Vinci Classics C00630