La musica secondo Leonardo da Vinci
Nel capoluogo lombardo prende il via la Stagione 2019 dell’Accademia di Musica Antica di Milano, con una serie di sei concerti a ingresso libero tutti dedicati, nell’anno celebrativo del quinto centenario della sua morte, al grande genio rinascimentale, al suo pensiero, al suo immaginario e alla sua “viola organista”, uno strumento che ideò quale sintesi di archi e tastiera
A partire dal 21 marzo fino al 12 giugno è in programma la Stagione 2019 organizzata dall’Accademia di Musica Antica di Milano, che prevede sei concerti a ingresso libero (cinque nella Sala del Cenacolo del Museo della Scienza e della Tecnologia, mentre l’ultimo si svolgerà a Villa Gallerani Melzi d’Eril di Carugate, dimora di famiglia di una delle donne leonardesche più belle e famose, la leggendaria “Dama con l’ermellino”). I sei appuntamenti musicali prendono in esame la Milano dei Visconti, attraversata da idee e personalità non da granducato secondario, ma da centro di arte e cultura fra i più rispettati in Europa, negli anni d’oro del Rinascimento.
Non per nulla, attorno a Leonardo – morto in Francia il 2 maggio di cinquecento anni fa – a Milano ci furono fermenti insoliti, con musicisti come Franchino Gaffurio (1451-1522), coetaneo illustre e creatore di una scuola importante, e Michel Angelo Grancini (1605-1669), anch’egli guida della Cappella musicale del Duomo di Milano.
Tra i concerti in programma, non bisogna dimenticare due “deviazioni”, entrambe collegate a Milano, che avranno spazio nel secondo e nel terzo appuntamento: il 28 marzo per il viaggio in Italia di Guillaume Du Fay, maestro della cultura polifonica fiamminga, che lasciò una forte impronta su tutta la cultura musicale italiana, e il 16 maggio per un racconto in musica di Lucrezia Borgia nei suoi transiti culturali e politici, intrisi dalla sua proverbiale carica erotica, nelle più belle corti rinascimentali.
Il quarto concerto (23 maggio) riporterà gli spettatori a Milano con Matteo Da Perugia, il primo Maestro di cappella del Duomo di Milano; il quinto (30 maggio) si concentrerà sui temi del cibo, dell’erotismo e della trasgressione con esempi musicali di fine Quattrocento e inizio Cinquecento raccolti fuori dalle porte dell’accademia. Il concerto finale (12 giugno), che si svolgerà nella villa della “Dama con l’ermellino”, vedrà risuonare la cosiddetta “viola organista” di Leonardo da Vinci, scrupolosamente ricostruita a Cracovia sulla base dei molti disegni e diversi progetti del genio toscano.
Ma vediamo più in profondità i concerti in programma. Il 21 marzo, Giornata Europea della Musica Antica, il Collegium vocale et instrumentale Nova Ars Cantandi, diretto da Giovanni Acciai, propone in prima esecuzione moderna i Vesperae solemnes ecclesiae mediolanensis di Michel Angelo Grancini (1643). Convinto seguace della lezione di Monteverdi, Grancini è stato un compositore di stile sempre chiaro e incisivo, sostenuto da una sapienza contrappuntistica e armonica che lo ha fatto primeggiare fra tanti suoi colleghi, anche più celebri.
Con il secondo concerto (28 marzo), l’ensemble la Reverdie propone un Viaggio in Italia attraverso generi, stili, aree culturali della vita musicale nel primo Quattrocento. Filo conduttore è la quasi ventennale avventura italiana (1419-1437) del grande franco-borgognone Guillaume Du Fay (1397-1474), attraverso le tappe che lo videro coinvolto negli eventi più significativi della vita politica e culturale della penisola e che ne fecero un personaggio chiave di quella progressiva compenetrazione musicale che realizzerà una vera e propria koinè europea.
L’omaggio musicale (16 maggio) a Lucrezia Borgia (1480-1519), figlia di papa Alessandro VI, sposata tre volte, un marito assassinato e un figlio illegittimo, proposto dalla Capella de Ministrers diretta da Carles Magraner, è un’immersione nel primo Rinascimento. Seguendo la vita di Lucrezia (la nascita a Roma nel 1480, la caduta di Granada, i matrimoni con Giovanni Sforza, Alfonso d’Este e Alfonso d’Aragona, i rapporti con Pietro Bembo, Isabella d’Este e la corte di Ferrara, i musicisti Bartolomeo Tromboncino e Joan Ambrosi Dalça), il concerto sarà un viaggio nelle corti rinascimentali italiane dei primi lustri del Cinquecento.
Il quarto appuntamento (23 maggio) è dedicato appunto a Matteo da Perugia (seconda metà sec. XIV-prima del 1418), il primo Maestro di cappella del Duomo di Milano, una delle principali figure dell’epoca di transizione fra l’ars nova francese del Trecento e il movimento artistico quattrocentesco della cosiddetta «polifonia franco- borgognona». Il programma dell’ensemble La Fonte Musica, diretto da Michele Pasotti, dà voce a quasi tutta la produzione sacra del compositore umbro: non destinata all’esecuzione in una cattedrale dalle dimensioni e dalle caratteristiche acustiche del Duomo di Milano, ma con molta probabilità pensata per cappelle musicali principesche o cortigiane nelle quali un uditorio litterato poteva apprezzarne l’ars subtilior, ossia quello stile musicale ai limiti dell’esoterismo, che nelle mani di Matteo da Perugia seppe diventare estrema espressione di una civiltà medievale e cavalleresca ormai al tramonto.
Al cibo, all’erotismo e alla trasgressione in testimonianze musicali tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento (richiami dei venditori, ricette, canti carnascialeschi, frottole), è dedicato l’ultimo concerto della Stagione (30 maggio), intitolato Che mangerà la sposa?, con l’ensemble Micrologus diretto da Patrizia Bovi. Un programma dedicato al cibo e al suo significato simbolico nel pensiero prerinascimentale, ma anche un eccitante viaggio alla riscoperta di usanze e di costumi, di canti e di danze della tradizione popolare italiana.
Non poté mancare la musica fra le attenzioni di un genio inquieto come Leonardo da Vinci, che le dedicò una parte non dominante del suo lavoro, ma articolata in riflessioni teoriche, composizione e invenzione organaria. Infatti, nel Trattato della pittura è contenuta la definizione della musica come «figurazione delle cose invisibili», bellissima e profonda. Della musica scritta da Leonardo rimane poco e non notevole. Lo strumento che inventò è invece di enorme interesse, anche se avvolto di mistero. A Leonardo da Vinci risale infatti l’idea di costruire uno strumento musicale che avrebbe dovuto possedere l’aspetto di un pianoforte e il suono di un violoncello. Ne racconta la storia Slawomir Zubrzycki, paziente ricostruttore della viola e interprete di brani «dedicati» nell’ultimo appuntamento del festival, nella dimora di famiglia di Cecilia Gallerani, alias la “Dama con l’ermellino”, a Carugate.
«La descrizione e gli schizzi della viola organista furono trovati in diverse sue opere», ha spiegato Zubrzycki. «Una parte nelle pagine del suo Codice Atlantico, monumentale raccolta di disegni e scritti realizzati tra il 1489 e il 1492, conservati nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, e l’altra parte nel Manoscritto H, custodito nella Biblioteca dell’Institut de France. L’idea di Leonardo si riferisce alle ben note ghironde diffuse nel XII e XIII secolo. Gli schizzi autografi non mostrano solo uno strumento ma, come sostiene Emanuel Winternitz (studioso e ricercatore dei progetti musicali del genio toscano), fino a otto costruzioni diverse. Nei disegni si nota come il progetto dello strumento abbia cambiato forma dal suo modello originale, la ghironda, mutando più volte sembianze fino all’ultima versione, probabilmente simile a quella di un clavicembalo. Nello strumento, le corde sono disposte intorno a dischi rivestiti con crini di cavallo. Quando si preme un tasto, le corde vengono spinte contro il disco in costante rotazione grazie al movimento dei pedali. Lo sfregamento fa vibrare la corda». Il risultato è la produzione di un suono variabilmente “lungo”, articolato, ricco di vibrato e di colori.
Da dove nacque l’idea? Probabilmente osservando lo sviluppo della musica strumentale del suo tempo. Leonardo da Vinci, nell’occuparsi di musica, fu attratto dall’idea di creare uno strumento universale, forse perfetto, che combinasse la qualità del suono di una viola da gamba o da braccio, con le “risorse polifoniche” di uno strumento a tastiera. L’intento fu quello di ottenere un suono continuo come l’organo, ma con la possibilità di modulare tono, dinamiche e vibrazioni, come negli strumenti ad arco. Uno strumento come questo, con la scala allargata, potrebbe essere usato per sostituire un gruppo di strumenti ad arco. Insomma, quasi un sintetizzatore pre-elettricità o mellotron, ossia uno strumento che appartiene alla nostra contemporaneità.
Andrea Bedetti
Per maggiori informazioni:
Accademia Musica Antica Milano 2019
La musica secondo Leonardo: «la figurazione delle cose invisibili»
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