Il volto concertistico e sinfonico di Giovanni Paisiello

Fortunatamente, nell’oceano montante di registrazioni discografiche che invadono il mercato musicale anche nel settore della cosiddetta classica, al di là di titoli artisticamente e tecnicamente validi, ce ne sono altri che vantano una peculiarità tutta loro che li fa evidenziare come se fossero degli isolotti affioranti, degli scogli imperituri fatti di quella roccia nella quale Bach identifica il suo Dio, quindi destinati a restare lì, quasi fossero orme d’antica pietra, delle pietre più o meno miliari ad uso e conforto dell’ascoltatore stanco o disorientato, in modo che possa non solo orientarsi, ma anche capire che di fronte a quel segno sonoro è consigliabile fermarsi e ascoltare.

La cover del CD Sony dedicato a concerti pianistici e sinfonie operistiche di Giovanni Paisiello.

Uno di questi isolotti affioranti è stato recentemente pubblicato dalla Sony e vede protagonista la giovanissima pianista milanese Ginevra Costantini Negri eseguire il secondo e il quarto concerto per pianoforte di Giovanni Paisiello, uno degli alfieri della leggendaria scuola napoletana, il cui naturale (purtroppo) pensiero rimanda invariabilmente, inesorabilmente, immancabilmente al mondo della musica teatrale, non tenendo conto che tale scuola se non propriamente un volto, almeno uno sguardo lo gettò anche sulla musica orchestrale e cameristica del tempo, come dimostrano gli altri brani presenti nella suddetta incisione, in cui il giovane direttore Enrico Saverio Pagano, alla testa della Orchestra da camera Canova, anch’essa composta da giovani e valenti interpreti, ha voluto presentare le sinfonie introduttive di tre opere del compositore tarantino, per la precisione La disfatta di Dario, La finta amante e L’orfana riconosciuta, oltre a due arie, tratte rispettivamente dal terzo e dal primo atto de La semplice fortunata, ossia “Quell’ardor quel dolce foco” e “La donna quando è in furia”, con la voce del mezzosoprano novarese Manuela Custer, come a rimarcare che la maledizione lirica, come una piantagione di prezzemolo, deve sempre starci, anche se solo di sbieco, come in tale occasione.

Il celebre dipinto di Elisabeth Vigée Le Brun, Paisiello al clavicordo, risalente al 1791.

Ma, al di là di quisquilie del genere, la validità di questa registrazione e dei suoi intenti, risiede a mio modo di vedere principalmente per tre ragioni: la prima è di mostrare, per l’appunto, il volto strumentale di uno degli autori più importanti del Classicismo nostrano, il quale, sia ben chiaro, non vale l’unghia del mellino del piede sinistro di quello viennese, ma che pur sempre rappresenta un passaggio obbligato per comprendere i meccanismi, a livello di storia musicale, di quanto avvenne nel nostro Paese e dei motivi che portarono il suo asse culturale e artistico a privilegiare ancora le corde vocali rispetto a quelle degli altri strumenti (al di là, reddite quae sunt Caesaris Caesari et quae sunt Dei Deo, di opere del teatro musicale che meritano di essere non solo ricordate, ma anche ascoltate, proprio a cominciare da La disfatta di Dario e La semplice fortunata del nostro autore e che già prefigurano nei loro stampi formativi la geniale dicotomia rossiniana); la seconda, invece, riguarda la lettura fatta dei due concerti pianistici da parte della giovanissima Ginevra Costantini Negri e la terza dai presupposti interpretativi scelti da Enrico Saverio Pagano nel proporre le pagine sinfoniche paisielliane.

Sia ben chiaro, gli otto concerti tastieristici del compositore tarantino non sono autorevoli e indiscutibili capolavori del genere, ma rappresentano una degna testimonianza di come Paisiello giunse a concepire opere e composizioni che andavano oltre il palcoscenico teatrale (Napoleone giunse a preferire quella del nostro alla produzione beethoveniana, ma riguardo le scelte estetiche e artistiche fatte da dittatori e uomini di potere è meglio glissare, se consideriamo che Hitler mise sullo stesso piano la musica di Wagner e di Lehár, mentre Stalin sputò sdegnosamente, dalle pagine della Pravda, su quel capolavoro assoluto che è Lady Macbeth del Distretto di Mcensk di Šostakovič, dandolo in pasto al suo zerbino ideologico Ždanov), facendo sì che la germinazione operistica andasse a insinuarsi perfino in esse, come avviene anche nei due concerti qui registrati, nei quali si “respira” l’aria del palcoscenico anche se le voci sono assenti, ma idealmente presenti nell’afflato, nella sottile costruzione melodica, nella dimensione “spiritosa” che emanano, dalla loro capacità, nonostante tutto, di raccontare una storia, una vicenda, un canovaccio, un filo al quale lo strumento solista e l’orchestra si aggrappano (l’incipit dell’Allegro iniziale del Concerto n. 4 crea dapprima attesa e poi l’appagamento con l’irruzione del pianoforte, così come nel teatro operistico dell’epoca la voce strumentale doveva predisporre e preparare all’intervento delle voci).

La ventenne pianista milanese Ginevra Costantini Negri.

E qui, almeno per i due concerti in questione, subentra il discorso relativo alla lettura fatta da Ginevra Costantini Negri; fermo restando che non si tratta di una lettura filologica (come poi vedremo affrontando il discorso relativo all’interpretazione di Enrico Saverio Pagano), ciò che convince è come la giovanissima pianista milanese sia stata in grado di restituire, pur con tutte le liceità del caso, una dimensione esecutiva attraverso la quale i due concerti di Paisiello mostrano una brillantezza, una luce che non viene mai meno, una capacità di intrigare l’ascolto. Ciò Ginevra Costantini Negri lo ottiene sprigionando un suono in cui senso ritmico, fascino del fraseggio, timbro risoluto e sfumato convivono felicemente. Questa espressività, poi, non fa venire meno le sottigliezze psicologiche che si celano in questi concerti, sfumature che provengono, per DNA compositivo, dalla capacità del compositore tarantino di fare teatro musicale con intelligenza, il ridendo castigat mores è sempre in agguato nelle sue opere buffe (tale testimone, poi, sarà raccolto proprio da Rossini), insufflandolo anche tra i tasti dello strumento, trasformando la tastiera in una serie di personaggi presi dal palcoscenico e resi dal timbro pianistico. La giovane interprete milanese, proprio a tale proposito, è oltremodo convincente nel far “cantare” il pianoforte, evitando, come si ascolta purtroppo in altre sedi, di restituire un suono statico, “sedentario”, incapace di rendere la brillantezza, la sottile ironia, la briosità che queste pagine esigono nei tempi veloci e la suadente tenuta melodica, già “belcantistica”, in un certo senso, che s’asconde in quelli lenti.

Il giovane direttore romano Enrico Saverio Pagano.

Ciò che riesce a fare Ginevra Costantini Negri, riescono a farlo anche il giovane direttore romano e la compagine orchestrale da lui fondata; la loro lettura delle sinfonie operistiche, così come l’accompagnamento nei concerti pianistici è un ampliarsi da quanto reso dallo strumento solista, capace di manifestare prima di tutto (cosa che non sempre si riesce a far avvertire) la gioia di fare musica insieme (e la musica di Paisiello, se ben eseguita, in tal senso invita a nozze), giocando sulla dimensione agogica, cosa che un’interpretazione filologica non avrebbe reso possibile con i medesimi risultati. Certo, c’è poca “storicità” in questo modo di dirigere e di far suonare, ma è altrettanto vero che il coinvolgimento cresce a livelli esponenziali e sinceramente trovo un po’ pleonastico il fatto che Enrico Saverio Pagano ha voluto rimarcarlo nelle note di accompagnamento, come se fosse una più o meno velata scusante, affrontando pagine che in quest’epoca, ormai dominata da un nauseante e ributtante politically correct, devono essere arbitrariamente, proditoriamente considerate ad usum esclusivo della pratica filologica.

I componenti dell'Orchestra da Camera Canova.

Al contrario, se i risultati sono come quelli che gli interpreti di questa registrazione hanno saputo ottenere (e in ciò includo anche il mezzosoprano Manuela Custer, la quale si è adattata benissimo alle finalità del lavoro, con un’emissione vocale giocata non sul connotato puramente virtuosistico, ma sul sottile gioco psicologico che le due arie imponevano), ben vengano letture come questa, soprattutto se a offrirla sono rappresentanti delle nuove e nuovissime generazioni, ancora immuni, beati loro, da contaminazioni esecutive che spesso e volentieri vanno a deturpare l’idea, il concetto della musica in sé. Coinvolgente.

La presa del suono, effettuata da Carlo Assalini ed effettuata nella Sala Piatti di Bergamo e nelle Officine Meccaniche di Milano, ha il merito di restituire al meglio la brillantezza, la lucentezza del suono pianistico e orchestrale. Merito di una dinamica energica, rocciosa e delicata allo stesso tempo e di un palcoscenico sonoro che ha ricostruito con debita profondità e ampiezza una corretta riproposizione fisica del pianoforte, della voce e dell’accompagnamento orchestrale. E se l’equilibrio tonale non mostra un’oncia di sbavatura tra i registri acuto e grave, il dettaglio vanta un’ottima messa a fuoco.

Andrea Bedetti

Giovanni Paisiello – The Paisiello Academy

Ginevra Costantini Negri (pianoforte) - Manuela Custer (mezzosoprano) - Enrico Saverio Pagano (direttore) - Orchestra da Camera Canova

CD Sony 19439885662

Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5