Il violinismo anglosassone contemporaneo in sette mosse
La violinista inglese Madeleine Mitchell, oltre ad essere una valentissima interprete del repertorio classico, è anche una specialista di quello contemporaneo, visto che è un preciso punto di riferimento di diversi compositori viventi che le hanno dedicato numerose opere. E questo vale soprattutto per il panorama inglese e anglosassone in generale, nel quale la violinista si è fatta una grandissima fama. Lo testimonia questo disco in cui Madeleine Mitchell si presenta sotto le vesti di una Violin Muse, come recita il titolo del lavoro discografico, di una “musa violinistica”, capace dapprima di ispirare, stimolare e coinvolgere compositori nello scrivere opere cameristiche e concertistiche per il suo strumento per poi diventarne la cassa di risonanza, l’interprete principe alla quale affidarne l’esecuzione. E questo disco, quindi, ha anche il merito di vagliare il polso della situazione e lo stato di salute del mondo musicale anglosassone contemporaneo attraverso la proposizione di sette opere di altrettanti autori che collaborano attivamente con l’artista di Havering in ambito violinistico.
Sette autori capeggiati, in quanto conosciuto benissimo anche nel nostro Paese, da uno dei padri del minimalismo angloamericano, Michael Nyman (di cui Madeleine Mitchell ha fatto parte della sua band negli anni Novanta). Madeleine esegue due suoi brevi pezzi, “Taking it as Read” Nos 1 & 2, con accompagnamento pianistico, brani che ci mostrano un Nyman più intimista e meno istrionico. Molto interessante il concerto violinistico “Soft Stillness” del compositore gallese Guto Pryderi Puw, in due tempi e che prende spunto dalla commedia shakespeariana Il mercante di Venezia, in cui lirismo, espressività e ricerca dissonantica plasmano un’opera indubbiamente coinvolgente per come il violino e l’orchestra cercano di dialogare.
Non mancano neppure gli apporti dalla musica femminile con l’australiana Sadie Harrison e l’inglese Judith Weir; la prima, riprendendo lo stile rarefatto e eminentemente spirituale del compositore estone Arvo Pärt, con “Aurea Luce” riprende musicalmente un passaggio di un inno scritto dalla prima moglie del filosofo romano Severino Boezio, la poetessa Elpis. La seconda, con “Atlantic Drift”, tre pezzi per due violini, esprime in chiave del tutto personale la tradizione della musica popolare delle isole inglesi e dell’America del Nord, con un eloquio in cui il rigore colto si unisce a temi folkloristici dall’indubbio sapore melodico e ritmico. E poi Geoffrey Poole, la cui “Rhapsody”, qui presentata nella versione per violino e pianoforte, vuole essere un tributo al violinismo di Madeleine Mitchell attraverso la rivisitazione e riflessione contemporanea di un caposaldo della musica cameristica dell’Ottocento, la celeberrima Sonata op. 96 di Beethoven. Segue David Matthews, con la sua “Romanza” Op. 119a, commissionata dalla stessa Mitchell, in cui un tema di valzer in 3/4 (tempo assai raro da trovare nelle opere contemporanee) viene plasmato e ampliato attraverso il violino dell’artista inglese. E, per finire, Michael Berkeley, figlio di Lennox Berkeley, del quale Madeleine Mitchell esegue la Veilleuse, brano in bilico tra una struttura tonale e i rigurgiti di un modernismo che cerca di spezzare la linea melodica e struggentemente riflessiva che richiama velate e stagnanti atmosfere notturne.
Ciò che colpisce nel violinismo di Madeleine Mitchell è la sua capacità di far cantare il violino, in cui l’espressività non è mai disgiunta a un eloquio che è retaggio di un suono che è appartenuto ai grandi interpreti della prima metà del Novecento. Certo, i brani che esegue sono confezionati su misura per lei, ma l’artista inglese riesce in modo camaleontico a plasmare con il suo strumento l’attitudine interpretativa ideale, calandosi idealmente, di volta in volta, negli spartiti di questi autori. Anche gli altri interpreti che la accompagnano, a cominciare da Nigel Clayton al pianoforte, l’ottima Cerys Jones al violino e la BBC National Orchestra of Wales, diretta da Edwin Outwater, contribuiscono alla riuscita di questo disco, che rappresenta una piacevolissima sorpresa in chiave contemporanea.
Anche la presa del suono, effettuata in diverse location, è ragguardevole ed eccelle nell’equilibrio tonale (si prenda come esempio il perfetto bilanciamento tra violino e pianoforte), così come nella dinamica che primeggia nel concerto di Puw.
Andrea Bedetti
AA.VV. – Violin Muse
Madeleine Mitchell (violino) – Nigel Clayton (pianoforte) – Cerys Jones (violino) – BBC National Orchestra of Wales – Edwin Outwater
CD Divine Art dda 25160
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 4/5