Il raffinato “conservatorismo” di Ermanno Wolf-Ferrari
Ancora un disco con musiche del veneziano Ermanno Wolf-Ferrari, autore della prima metà del Novecento, la cui riscoperta (ma sarebbe più giusto definirla una scoperta) va di pari passo con le composizioni di un altro autore italiano, Mario Castelnuovo-Tedesco, il cui catalogo è al centro di una serie interessante di registrazioni da alcuni anni a questa parte, come abbiamo testimoniato e raccontato su questa rivista. Così, dopo l’opera pianistica e i Trii con pianoforte, ecco questa interessante registrazione fatta dal direttore Massimo Belli con la Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” di Trieste e con la partecipazione dell’oboista Fabien Thouand e del fagottista Valentino Zucchiatti per l’etichetta Brilliant Classics.
Si tratta di un brano orchestrale per archi, la Serenata (risalente al 1893), e di due concertini per strumenti a fiato, archi e due corni (composti entrambi nel 1933), il primo, intitolato Idillio, vede protagonista quale strumento solista l’oboe, il secondo, Suite, presenta uno strumento solistico più particolare, il fagotto. Si presti, ancora una volta, attenzione alle date di queste composizioni, poiché la peculiarità di Wolf-Ferrari risiede nel fatto che la parte iniziale e quella finale del suo catalogo è riservata alle composizioni strumentali, orchestrali e cameristiche che siano, mentre quella più corposa e centrale vede la presenza del corpus operistico, grazie al quale il compositore veneziano vanta tutt’oggi ancora una certa notorietà.
Certo, soprattutto dopo averla ascoltata, desta stupore la nitidezza, l’equilibrio formale (che forse viene leggermente a mancare nel tempo finale, il Presto), la sagacia della scrittura nella Serenata per archi, composta da Wolf-Ferrari quando era ancora studente all’Akademie der Tonkunst di Monaco di Baviera a soli diciassette anni, il cui impianto “classico”, che affiora soprattutto nei primi due tempi, l’Allegro e l’Andante, va in controtendenza rispetto alle libertà formali e armonicamente più avviluppanti della scuola tardoromantica dell’epoca, frutto anche dell’insegnamento di un compositore quale Josef Rheinberger, che fu maestro del Wolf-Ferrari giovinetto, e di un austero direttore d’orchestra come fu Ludwig Abel, protégé di Hans von Bülow, che la diresse alla prima assoluta monacense nel 1894.
In un certo senso, questa composizione, sebbene frutto dell’entusiasmo e della passione da parte di un più che promettente musicista, può essere giustamente considerata come un modello dal quale Ermanno Wolf-Ferrari non si discostò più di tanto nel corso della sua carriera artistica, un modello che fa da archetipo non soltanto rispetto alla sua produzione musicale ma anche al testo scritto nel 1943 (ossia cinque anni prima della morte), Considerazioni attuali sulla musica, nel quale il compositore veneziano delinea la sua concezione estetica, chiaramente antitetica ai linguaggi delle avanguardie e della dodecafonia espressa dalla Seconda Scuola di Vienna.
Ma se si ascolta con ancor più attenzione questa composizione giovanile, non si può fare a meno di notare un altro aspetto, quello che andrà a riguardare in seguito il genere maggiormente indagato e sfruttato da Wolf-Ferrari, ossia il teatro musicale, poiché fin da questo brano si possono cogliere quelle peculiarità che renderanno celebre l’autore e le sue opere liriche grazie a una leggerezza dell’eloquio musicale, a una tessitura minuziosa ma anche trasparente, che troveranno piena espressione grazie all’illuminata scelta, da parte del compositore veneziano, di far aderire questo suo linguaggio leggero e minuto alla brillantezza e alla profondità del teatro goldoniano (si pensi a titoli come Le donne curiose, I quatro rusteghi, Gli amanti sposi, La vedova scaltra, Il campiello).
Quindi, non c’è da stupirsi se nei decenni successivi Wolf-Ferrari decise di concentrare la propria attenzione creativa nei confronti della musica teatrale, nella quale la sua dimensione classica, ancor più che romantica, appose l’ideale contrappeso a un repertorio operistico che non poteva certo ammiccare alle istanze veriste dell’epoca, in quanto sempre votato a un’intrinseca eleganza, sofficità, delicatezza. E queste sono le medesime istanze che si ritrovano, a quarant’anni di distanza, nelle altre due composizioni che sono state registrate in questo disco, l’Idillio per oboe, archi e due corni e la Suite per fagotto, archi e due corni. Certo, il lessico espressivo, la rotondità e la fluidità armoniche, il saper plasmare evocazioni melodiche sono mutati per via della pratica e dell’acquisita affinità compositiva, ma lo slancio, seppure riflessivo e ponderato, la sottile arguzia, una sofisticata ironia (che traspare soprattutto nella pagina per fagotto) non fanno altro che chiudere il cerchio (anche se l’ultima nota spetterà al Piccolo Concerto per corno inglese, archi e due corni del 1947) rispetto alla dimensione totale, globalizzante della visione musicale del musicista veneziano.
Sono due pagine, queste, nelle quali sembra quasi che Wolf-Ferrari voglia dimostrare, in un’epoca ormai votata alla rincorsa modernista, che se si vuole si può ancora creare con quel linguaggio tonale bersagliato e preso di mira dalla sempre più nutrita brigata delle avanguardie e del serialismo. Pare quasi che ci sia un pizzico di civetteria, di autocompiacimento, come se il compositore volesse dire: «Avete visto che cosa sono stato capace di fare con un sistema musicale che molti danno già per morto?». E su questo punto non c’è da dargli torto, in quanto l’Idillio e la Suite rappresentano due pagine deliziose, stilisticamente capaci di rasentare una perfezione formale che non risente più dell’ingenuità giovanile, ma nelle quali non viene a mancare quella soavità esistenziale così evocata, bramata e riversata da Wolf-Ferrari nel suo teatro musicale.
La lettura fatta da Massimo Belli e dalla Nuova Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” aiuta indubbiamente l’ascoltatore a cogliere questi segni distintivi, presenti nella musica non solo orchestrale, ma globale, di Ermanno Wolf-Ferrari. Se la Serenata giovanile viene proposta con uno slancio gagliardo, che esonda dalla linea esecutiva, è perché si deve fare necessariamente i conti con la dimensione entusiastica di un giovane già destinato a una rimarchevole carriera artistica. Così gli archi non suonano, ma disegnano rapidi schizzi che formano una prima impressione destinata a mutare incessantemente, come chi vive la gioventù è portato a bruciare ciò che la vita gli offre. C’è gioia, c’è ardore, c’è il senso di dimostrare di “saper scrivere”, ma c’è anche la capacità di saper già distribuire il suono, come avviene nell’Adagio. Allo stesso modo, il direttore triestino e la compagine cameristica sanno restituire le due pagine concertistiche con la consapevolezza di affrontare un banco di prova attraverso il quale restituire un continuo gioco di pesi e contrappesi timbrici, qui non disegnano, ma descrivono, basati su un soffuso dialogo con gli strumenti solisti (in fatto di bravura, di espressività, di gioco virtuosistico e di resa dinamica Fabien Thouand e Valentino Zucchiatti non sono da meno), trasformando, di fatto, queste due opere in altrettanti cammei luminosi, eterei, dotandoli musicalmente di un’irresistibile raffinatezza, come d’altronde lo è tutta la musica di Ermanno Wolf-Ferrari.
La presa del suono effettuata da Raffaele Cacciola è assai valida; la dinamica (e la microdinamica) è ottimamente resa in termini di velocità e di adeguata naturalezza. Allo stesso modo, il dettaglio permette di avere molto nero intorno agli strumenti, restituendone la dovuta matericità. Semmai, un gradino leggermente sotto si pongono il palcoscenico sonoro e l’equilibrio tonale, in quanto se il primo vede i due strumenti solisti troppo avanzati rispetto all’accompagnamento orchestrale, il secondo vede il registro acuto dell’oboe e del fagotto sovrastare a volte il timbro degli archi e dei due corni.
Andrea Bedetti
Ermanno Wolf-Ferrari – Idillio Concertino – Serenata – Suite Concertino
Fabien Thouand (oboe) – Valentino Zucchiatti (fagotto) – Orchestra da Camera “Ferruccio Busoni” – Massimo Belli (direzione)
CD Brilliant Classics 95875
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5