Il lungo sentiero “aprogrammatico” del Romanticismo da Bach a Brahms

Il programma di questa registrazione, come ricorda giustamente e con indubbia onestà intellettuale lo stesso interprete, il pianista e direttore russo Aleksej Kornienko, è del tutto “aprogrammatico”, vale a dire è il frutto di una visione personale, squisitamente individualistica del “sentire” e del “rendere” a livello esecutivo il concetto di musica. Del resto, lo stesso Kornienko, prima di spiegare le ragioni di questo disco e le sue finalità, ha posto come epigrafe una frase di Goethe che è già un proclama, una concezione musicale tout court, Es hört doch jeder nur, was er versteht, ossia “Ognuno ascolta solo ciò che comprende”, un’affermazione che va ben oltre il solo ambito artistico, investendo di fatto dimensioni e visioni che rimandano a quanto poi filosoficamente Schopenhauer ebbe modo di discettare, alcuni anni dopo la stessa frase goethiana, in quell’opera cardine che è Il mondo come volontà e rappresentazione.

Quindi, alla luce di tale epigrafe, Kornienko già afferma che il suo modo di interpretare parte da un presupposto ben preciso che è quello che non esiste, a suo modo di vedere, un’autenticità dell’atto interpretativo e che in fondo “ogni esecutore esegue solo ciò che comprende”. Da ciò un programma “aprogrammatico” che vede la Partita n. 6 in mi minore BWV 830 di Bach, quattro Intermezzi di Brahms (per la precisione quelli in si minore Op. 119 n. 1, in mi maggiore Op. 116 n. 4, in la minore Op. 76 n. 7 e in la maggiore Op. 118 n. 2) e la Sonata n 8 in do minore Patetica di Beethoven, autori che danno il titolo del CD stesso, B3, una B alla terza potenza, per dirla in termini matematici, che simbolicamente fa capire come le tre B della musica tedesca, Bach, Beethoven e Brahms, rappresentino l’inizio, il proseguimento e infine l’approdo a una concezione romantica, anche se definire tout court Brahms “l’unico vero romantico della triade”, come scrive Kornienko nelle note di accompagnamento, rappresenta un’affermazione forte, in quanto il genio di Amburgo se da una parte fu l’ultimo vessillifero di una dimensione artistica e culturale che si era riconosciuta in un Romanticismo nella sua versione ultima, “tarda”, dall’altra è anche vero che non aveva saputo opporre un netto rifiuto alle sirene di un Classicismo nel quale era rimasto inevitabilmente invischiato e attratto.

E proprio Brahms e i suoi quattro Intermezzi rappresentano il cuore pulsante, il nucleo cardine di questa registrazione, espressi, esaltati, proiettati con una rappresentazione interpretativa attraverso la quale Kornienko esprime la sua idea del Romanticismo brahmsiano, un atto di riflessione, di abbandono, di dimensione metamusicale nella quale trovare un rifugio, un’oasi di comprensione e di accettazione. Intermezzi come meditazione, con tempi spianati, resi cristallini con un fraseggio in cui il rubato lascia la scena a incarnazioni sonore rarefatte, a timbri che l’uso del pedale rende cerchi concentrici che si irradiano nello spazio circostante.

Un Romanticismo “aromantico”, un ossimoro necessario per dare poi corso alla resa esecutiva delle altre opere qui presenti, vale a dire la Partita di Bach e la Patetica di Beethoven. Cominciamo da quest’ultima, in cui l’incipit del Grave – Allegro di molto e con brio assume i contorni dolenti di un’immaginaria marcia funebre dalla quale, squarciandosi, viene partorito un tempo allegro che non vanta una magniloquenza di matrice tipicamente teutonica (Backhaus scuoterebbe la testa ascoltando Kornienko), ma che si libra leggero perfino nei ribattuti gravi della mano sinistra, trasformandosi in una sorta di danza che vuole tenere alla larga ogni pomposità, ogni forzatura, ogni tentazione “martellistica”. L’Adagio cantabile, al contrario, è reso dall’artista russo in una maniera che va oltre il cantabile stesso e che rimanda al “bel canto” di italica memoria, con una linea che è intrisa di una delicatezza “belliniana”, un’aria operistica che fissa una scena, un momento, una dimensione eterea, circoscritta in un’aura che è già Romanticismo, ancor prima del suo avvento storico e temporale. Un Romanticismo che si manifesta anche nel Rondò finale con un soffuso ardore che è fonte di un’ansia, di un precipitarsi timbrico che trova una sua brevissima pausa nella microscopica sezione centrale, con la quale Kornienko sembra quasi prendere un’ariosa rincorsa, sempre sulle ali di una pura cascata cristallina, così poco beethoveniana (nell’accezione a cui siamo abituati), ma così squisitamente figlia di un Romanticismo che è espressione, per l’appunto, del proprio modo di “comprendere ciò che si vuole eseguire e di ciò che si vuole ascoltare”.

Ascoltando l’esecuzione della Partita n. 6 di Bach, mi è tornato alla mente come Weissenberg interpretava uno dei suoi cavalli di battaglia, ossia la Partita n. 4, forse la più bella, la più accorata, la più teatrale, esasperando tale teatralità con un eloquio che era la quintessenza di un Romanticismo che nel Kantor si può soltanto intuire, ma non rendere manifesto, un palpito che non si avverte epidermicamente, ma nelle pieghe dell’animo. E lo stesso, in un certo modo, fa Kornienko con una trasfigurazione esecutiva di questa pagina in cui la Toccata iniziale diviene un manifesto preromantico, nello stesso modo in cui un Novalis e un Jean Paul anticipano Goethe e Schiller, ossia un qualcosa che viene prima ma che è già dopo. Quello del pianista e del direttore russo è un Bach che si esprime e fa musica dopo il 1750, vale a dire dopo la sua morte, un Bach che è già immerso in una visione del tutto personale, pianisticamente oltre, frutto di un pensiero, di una riflessione, di una concezione interpretativa in cui Goethe e la sua affermazione trovano compiutamente la loro ragion d’essere. Perché ogni artista, volente o nolente, come ci ricorda Kornienko, sente ed esprime la musica per come la può comprendere.

Stephan Graßl ha restituito molto bene il magico suono del pianoforte Fazioli, grazie a una presa del suono accorta e oculata per ciò che riguarda la microfonatura. Ne risulta una dinamica di ottima fattura e con un palcoscenico sonoro che ricostruisce lo strumento a debita profondità, esaltando l’equilibrio tonale e il dettaglio.

Andrea Bedetti

 

AA.VV. – B3

Aleksej Kornienko (pianoforte)

CD TYXart TXA18118

Giudizio artistico 4/5

Giudizio tecnico 5/5