Erik Satie, il maestro irriverente dell’impalpabilità
Affrontare oggi l’ascolto di una qualsiasi delle composizioni di Erik Satie pone chiunque di fronte a un dilemma. Queste composizioni, infatti, fino a che punto furono concepite come genuino atto creativo e dove, invece, trascendono sé stesse per entrare all’interno del mondo ora del sublime, ora della provocazione, ora nella sperimentazione? Il cofanetto di tre dischi di Alessandro Simonetto pare suggerire una chiave di lettura piuttosto interessante che invece di proporre più opere da differenti periodi, porta l’ascoltatore a misurarsi con la cronologia compositiva e quindi con l’evoluzione e l’involuzione che continuamente il compositore portava nella sua musica.
Al primo periodo, che va dal 1887, appena dopo essersi fatto riformare dall’esercito per una congestione polmonare autoinflitta, fino al 1890, che coincide con l’adesione all’ordine dei Rosacroce, fanno parte le composizioni più note al grande pubblico e che hanno permesso al loro autore di acquisire una fama diventata oggi immortale, ossia le tre Sarabande, di cui la seconda dedicata a Maurice Ravel, le famosissime tre Gymnopédies e le quattro Gnossiennes che delineano già in massima parte lo stile personalissimo dell’autore, nonché la propensione per un forte senso di intimismo, uso personale dell’oggetto melodico, un’armonia solo apparentemente semplice, tempi sempre lenti o estremamente lenti dove la musica sembra dipanarsi e allungarsi in modo vertiginoso, il tutto unito a quella vena mistica che sarebbe scoppiata di lì a poco e già preannunciata da un altro lavoro di rara bellezza e anch’esso ancora oggi ampiamente noto: Ogives.
Al secondo periodo appartengono lavori di gran lunga più rarefatti e di assai più complesso ascolto come la musica di scena per Le Fils des étoiles, scritta per il dramma dall’allora fondatore del “Salon de la Rose+Croix”, Joséphin Péladan o ancora Sonneries de la Rose+Croix e quel brano di cui ancora oggi si fatica a capirne il reale scopo che è Vexations, a metà tra l’autopunizione di un flagellante e il desiderio di trascendere l’umano per ascendere al divino attraverso il continuo ripetersi della medesima melodia.
Chiudono in modo interessante il progetto, nel terzo disco, i brani del periodo post rosacrociano che ci propongono un Satie che, oltre a raccogliere forse il meglio dell’esperienza passata, ritrova un equilibrio mentale, con le Danses gothiques e spirituale, con i Pièces froides, in cui dà prova di aver raggiunto finalmente una maturità compositiva e stilistica piena e in grado di imporre una propria visione della composizione che sarà di fatto inimitabile per l’epoca, mutuando un sistema compositivo proprio, capace di apparire talmente moderno da essere, ancora oggi, di difficile collocazione stilistica.
Tutti e tre i dischi sono completamente poggiati sulle spalle del pianista Alessandro Simonetto, artista in grado di far raggiungere al pianoforte, un ottimo Steinway D-274, momenti di pianissimo quasi inudibili che, giocando su un uso sapiente del pedale di risonanza riescono a creare un’atmosfera quasi impalpabile dando l’impressione di ascoltare un continuo flautato. Complice una presa del suono, curata da Simonetto stesso, che privilegia tanto questo timbro quanto la frontalità dello strumento, si percepiscono non solo le più piccole sfumature ma si riesce anche ad ammirare un fraseggio curato al dettaglio perfino nelle composizioni “minori”, tanto da lasciare in molti momenti letteralmente senza fiato e costringendoci ad abbassare anche noi il suono del nostro stesso respiro per non intaccare la purezza di alcuni suoni. Si consiglia caldamente l’ascolto in cuffia per riuscire ad apprezzare appieno lo studio e il lavoro di ricerca sul suono effettuato; come non mai il media del disco si rivela qui fondamentale per arrivare a provare emozioni che raramente con Satie ci si sarebbe aspettati. Davvero ottime, infine, le note di Elisabetta Righini che per l’occasione scrive un breve saggio dal titolo “The music of Erik Satie: a dazzling intellect at play” in cui va ad analizzare in modo preciso ogni singola composizione facendone apprezzare ancora di più la singolarità e l’unicità.
Edmondo Filippini
Erik Satie – Early & Esoteric Works
Alessandro Simonetto (pianoforte)
Etichetta: Aevea Classics AE16019
Giudizio artistico: 5/5
Giudizio tecnico: 5/5