Un mistero chiamato Andrea Luchesi
Per chi lo ha conosciuto attraverso gli scritti critici di insigni musicologi quali Luigi Della Croce e, soprattutto, Giorgio Taboga, il nome di Andrea Luchesi, il compositore di Motta di Livenza che visse tra Venezia e Bonn nella seconda metà del XVIII secolo, provoca sempre un malcelato imbarazzo. Questo perché negli ultimi anni Luchesi è al centro di un dibattito musicologico e critico che scaturisce da ipotesi decisamente affascinanti e, allo stesso tempo, inquietanti, secondo le quali il compositore veneto sarebbe il reale creatore di alcuni capolavori mozartiani, tra cui la sublime sinfonia Jupiter, e haydniani (secondo le tesi avanzate da Taboga), oltre ad essere stato a Bonn maestro del giovanissimo Beethoven (secondo Luigi Della Croce). Non è questa, ovviamente, la sede ideale per affrontare tali problematiche di ordine musicologico, ma resta il fatto che, ogni volta che un’etichetta discografica pubblica un disco con delle opere di Luchesi, soprattutto quando sono una prima assoluta, come in questo caso, si ha la consapevolezza, e qui scatta l’imbarazzo di cui si è accennato sopra, di andare incontro a un campo minato addentrandoci nel quale, non si sa se il tutto si stempererà in un bluff oppure se andremo realmente a far deflagrare una mina, con tutte le conseguenze del caso.
Eppure, cerchiamo di mettere da parte il possibile bluff da un lato e la fatidica mina dall’altro e concentriamoci su questa registrazione che presenta, in prima assoluta mondiale, con la collaborazione alla revisione della partitura da parte di Agostino Granzotto), il Salve Regina, lo Stabat Mater, il Kyrie di Dresda, il Miserere e il Te Deum del compositore veneto, nell’esecuzione della Nuova Orchestra da Camera Ferruccio Busoni, diretta da Massimo Belli (che sta dedicando un grande interesse verso le partiture luchesiane), con la partecipazione del Coro della Cappella Civica di Trieste e con le voci soliste di Laura Antonaz, Elena Biscuola, Luca Dordolo e Matteo Bellotto. Composizioni che risalgono tutte in un periodo che va dal 1768 al 1773 e che sono pienamente attribuibili a Luchesi. Da qui una grande eleganza compositiva, ottenuta grazie a una ferrea conoscenza delle partiture vivaldiane e pergolesiane, dalle quali il compositore veneto attinge per poter plasmare una tessitura che non è esente da arditi connubi e profetiche dissonanze. La direzione di Massimo Belli non solo ha il pregio di coinvolgere l’ascoltatore in un cammino sonoro di indubbia bellezza (il che ci fa comprendere come poi sia del tutto inutile avventurarsi in quel campo minato quando già al di fuori di esso si possono assaporare pagine di assoluta grandezza), ma permette di cogliere meglio quel sottile gioco di pesi e contrappesi di cui è ricca la scrittura del nostro. All’altezza della situazione anche la compagine orchestrale, le voci del coro e quelle soliste.
Anche la presa del suono è di rilievo, con una ricostruzione ideale dello spazio sonoro e con una macro e micro dinamica capace di far cogliere le sfumature stilistiche e timbriche della musica del musicista di Motta di Livenza.
Andrea Bedetti
Giudizio artistico: 4/5
Giudizio tecnico: 4/5
Andrea Luchesi – “Sacred Music”
Laura Antonaz (soprano) – Elena Biscuola (mezzosoprano) – Luca Dordolo (tenore) – Matteo Bellotto (baritono) – Nuova Orchestra da Camera Ferruccio Busoni – Coro della Cappella Civica di Trieste – Roberto Brisotto (maestro del coro) – Massimo Belli
CD Concerto Classics 2098